DUNQUE “se il Paese non è pronto” il governo potrebbe anche lasciare. Non è una frase felice quella pronunciata a Seul dal Presidente del Consiglio riguardo all’articolo 18. Chi certifica infatti quando il Paese è “pronto” e in base a quale canone? E soprattutto non siamo a scuola e non tocca ancora ai governi dare il voto ai cittadini: semmai l’opposto.
Non c’è alcun dubbio che se fino ad oggi il voto dei sondaggi per Monti è stato così alto, questo è dovuto in gran parte a due caratteristiche del Premier: il disinteresse personale e la capacità di decidere. C’è dunque un timbro di sincerità quando il Capo del governo spiega che non tirerà a campare pur di durare e non lascerà snaturare dalle Camere quello che considera “un buon lavoro”.
Tuttavia la terza caratteristica di Monti è sempre stata, finora, il buonsenso governante. E qui nascono due questioni, una formale ed una sostanziale. La prima è che quando si sostiene che il Parlamento sovrano è il principale interlocutore del governo, bisogna poi saper ascoltare la discussione che si svolge nelle sue aule, rispettando la decisione finale.
La seconda è il carico improprio di ideologismo con cui la destra sta avviluppando quella che chiama “la libertà di licenziare”, e che rischia di trasformare l’articolo 18 in un nuovo tabù, questa volta rovesciato. Per la “feroce gioia” di chi non guarda al lavoro ma intende solo regolare
per legge conti sospesi dal secolo scorso con la sinistra e con il sindacato.
Occorre tornare in fretta al merito del problema, de-ideologizzandolo. Il modello tedesco non penalizza certo la produttività e la competitività delle imprese, ma lascia al giudice la possibilità di decidere il reintegro per il licenziamento economico, se si rivela illegittimo. È la forza del buonsenso governante: il Paese è già “pronto”.
Caro Ezio, nel tuo scritto come nel fondo di domenica scorsa di Eugenio Scalfari, c’è una cosa molto importante: il Buon senso, oggi troppo spesso assente in troppi ambienti.
Che Monti abbia avuto buon senso nel fare pagare ai redditti più bassi i costi della crisi è discutibile.Come è discutibile che la proposte di riforma in tema di lavoro siano efficaci come risposte alle esigenze di imprese e lavoratori.Mi sembra che manchi propio ciò che più serva,mancano gli strumenti necessari a imprese e lavoratori per incontrarsi e decidere in comune accordo su come procedere nelle aziende i difficoltà e sui licenziamenti.Mancano gli strumenti del dialogo,manca un’adeguato sostegno ai lavoratori in stato di bisogno,manca una efficente rete di distribuzione del lavoro.C’è ,una volontà di estromettere il sindacato dalle aziende. E’ questo il punto .
monti si sta rivelando un arrogante, come la fornero. chiusi nella loro torre eburnea di competenti(?)’non sanno nemmeno che cosa sia la democrazia
dal regno di bunga bunga al regno di transilvania!
un primo ministro perbene e di buon senso a quando ?
Strano atteggiamento democratico quello del prof.Monti.
Come dire che Parlamento e partiti gli vanno bene quando sono costretti a votare la fiducia o subiscono i decreti legge,ma non quando pensano ed agiscono con la propria testa. Infatti Monti prima afferma che il Parlamento è SOVRANO,poi,forse per accreditarsi all’estero,dice che i partiti non hanno consenso popolare,che invece avrebbe il suo governo.
Fino a prova contraria in parlamento,siedono i partiti attraverso i rappresentanti che i cittadini,malgrado le aberrazioni del porcellum,hanno votato,mentre il prof.Monti e i suoi ministri sono stati scelti dal pres.della Repubblica Napolitano con un atto ECCEZIONALE,seppure legittimo,ma PRIVO del consenso popolare. Pertanto il prof. Monti RIENTRI nel ruolo di reggente provvisorio assegnatogli e NON dimentichi che la POLITICA Italiana NON è retta da un’OLIGARCHIA TECNOCRATICA ma da un DEMOCRAZIA parlamentare,non certo perfetta,ma comunque basata sulle decisioni dei cittadini.Altrimenti che differenza ci sarebbe tra il POLULISMO berlusconiano ed uno montiano,nei quali entrambi i protagonisti si autodefiniscono emanazione diretta del volere popolare?