Sussidiarietà, la nuova democrazia dei beni comuni

20 Feb 2012

Massimo Marnetto

Rivoluzione? No, sussidiarietà, il tema affrontato da Libertà e Giustizia di Roma nell’incontro “Sussidiarietà: la partecipazione dei governati” con Giuseppe Cotturri e Andrea Ambrogetti studiosi della materia

Il prato tra le case è una discarica, i cittadini si organizzano, lo puliscono e ne fanno il loro parco pubblico.

Rivoluzione? No, sussidiarietà, il tema affrontato da Libertà e Giustizia di Roma nell’incontro del 17  febbraio “Sussidiarietà: la partecipazione dei governati”  con  il Prof. Giuseppe Cotturri e Andrea Ambrogetti studiosi del tema.
Un concetto introdotto nel 2001 nell’art. 118 della Costituzione, ma che solo con l’affermazione  del valore di “bene comune” si sta espandendo in  nuove forme di partecipazione attiva dei “volontari” della politica.
Cioè di cittadini che vogliono prendersi cura di un “bene comune”, perché pensano che la sua tutela attiva e la sua fruizione siano strettamente connesse e che questa partecipazione sia il modo migliore di interagire con le istituzioni che dovrebbero occuparsene.
Ecco che allora si chiarisce  la differenza tra il freddo concetto di “interesse generale” e quello più coinvolgente di  “bene comune”:Il primo non è interiorizzato, il secondo sì. E genera la responsabilità della partecipazione.
“L’art. 118 della Carta  –  afferma Cotturri – chiede alle istituzioni di favorire le autonome iniziative dei cittadini, ma spesso queste reagiscono con chiusure difensive o, nel migliore dei casi, con indifferenza”.
Ma la sussidiarietà si sta facendo strada.
In molti casi compiendo il miracolo di riavvicinare  amministratori pubblici e cittadini, dopo un periodo in cui questa distanza sembrava irreversibile.
Dalla urlata rivendicazione verso le istituzioni considerate carenti, si diffonde la proposta di “alleanze di progetto” tra governati e governanti per unire le forze verso una soluzione vantaggiosa per tutti.
Insomma, per creare una nuova  democrazia dei “beni comuni” i governati hanno un compito nuovo: rinegoziare con i proprio governanti spazi di partecipazione attiva, proponendo progetti e concordando i rispettivi ruoli.
E mai come ora, servono politici che sappiano valorizzare le grandi  energie del “volontariato politico”.

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