La democrazia senza i partiti

Ma, quando tutto questo sarà finito, che cosa sarà della politica e delle sue istituzioni? Diremo che è stata una parentesi oppure una rivelazione? Parentesi che, come si è aperta, così si chiude ridando voce al discorso di prima; oppure rivelazione di qualcosa di nuovo, sorto dalle macerie del vecchio?
Queste domande devono apparire insensate a coloro che pensano o sostengono che nulla di rilevante sia accaduto e che tutto, in fondo, sarà come prima, così forse credendo di meglio contrastare la tesi estremistica di coloro che, per loro irresponsabili intenti, hanno gridato allo scandalo costituzionale, al colpo o colpetto di stato. In effetti, chi potrebbe dire che la Costituzione è stata violata?
La scelta del presidente del Consiglio è stata fatta dal presidente della Repubblica; il presidente del Consiglio ha proposto al presidente della Repubblica la lista dei ministri e questi li ha nominati; il governo si è presentato alle Camere e ha ottenuto la fiducia; leggi e decreti del governo dovranno passare all´approvazione del Parlamento. Non c´è che dire: tutto in regola. Dovrebbero essere soddisfatti perfino coloro i quali pensano che la legge elettorale abbia sterilizzando poteri e possibilità del presidente della Repubblica. Come il potere di ricercare in Parlamento eventuali maggioranze diverse da quella venuta dalle elezioni. Per costoro, in caso di crisi, si dovrebbe necessariamente, sempre e comunque, ritornare a votare. Quella che si è formata per sostenere il nuovo governo, infatti, non è una maggioranza alternativa alla precedente; è – di fatto – la stessa, soltanto allargata a forze di opposizione chiamate a condividerne le responsabilità. Abbiamo girato pagina quanto alle persone al governo – il che non è poco – ma non abbiamo affatto rotto la continuità politica, come del resto il presidente del Consiglio, con atti e parole, continuamente, tiene a precisare. Onde potrebbe dirsi: prosecuzione della vecchia politica con altra competenza e rispettabilità. Nelle presenti condizioni politiche parlamentari, del resto, non potrebbe essere altrimenti.
Per quanto riguarda la legalità costituzionale di quanto accaduto, nulla dunque da eccepire. Semplicemente, il presidente della Repubblica ha fatto un uso delle sue prerogative che è valso a colmare il deficit d´iniziativa e di responsabilità di forze politiche palesemente paralizzate dalle loro contraddizioni, di fronte all´incombere di un rischio-fallimento, al tempo stesso, economico e finanziario, sociale e politico, unanimemente riconosciuto nella sua gravità e impellenza. Fine, su questo punto.
È invece sulla sostanza costituzionale, sotto il profilo della democrazia, che occorre aprire una discussione. È qui che ci si deve chiedere che cosa troveremo alla fine (perché, prima o poi, tutto è destinato a finire e qualcos´altro incomincia).
Di fronte alla pressione della questione finanziaria e alle misure necessarie per fronteggiarla, i partiti politici hanno semplicemente alzato bandiera bianca, riconoscendo la propria impotenza, e si sono messi da parte. Nessun partito, nessuno schieramento di partiti, nessun leader politico, è stato nelle condizioni di parlare ai cittadini così: questo è il programma, queste le misure e questi i costi da pagare per il risanamento o, addirittura, per la salvezza, e siamo disposti ad assumere le responsabilità conseguenti. Né la maggioranza precedente, che proprio di fronte alle difficoltà, si andava sfaldando; né l´opposizione, che era sfaldata da prima. Niente di niente e, in questo niente, il ricorso al salvagente offerto dal presidente della Repubblica con la sua iniziativa per un governo fuori dai partiti è evidentemente apparsa l´unica via d´uscita. Insomma, comunque la si rigiri, è evidente la bancarotta, anzi l´autodichiarazione di bancarotta.
Di fronte a grandi problemi, ci si aspetterebbe una grande “classe dirigente”, che cogliesse l´occasione propizia per mostrarsi capace d´iniziativa politica. Sennò: dirigente di che cosa?
Si dirà: e il governo, pur piovuto dal cielo, è tuttavia sostenuto dai partiti; anzi, il sostegno non è mai stato, nella storia della Repubblica, così largo; i partiti, quale più quale meno, per senso di responsabilità o per impossibilità di fare diversamente, alla fin fine, si mostrano in questo modo all´altezza della situazione. Sì e no. Sì, perché voteranno; no, perché il voto non è un sostegno e un coinvolgimento nelle scelte del governo ma è, piuttosto, una reciproca sopportazione in stato di necessità. Il governo, timoroso d´essere intralciato dai partiti; i partiti, timorosi di compromettersi col governo. Il presidente del Consiglio ha onestamente riconosciuto che i partiti, meno si fanno sentire, meglio è: votino le proposte del governo e basta. I partiti, a loro volta, sono in un´evidente contraddizione: devono ma non possono. Avvertono di dover votare ma, al tempo stesso, avvertono anche che non possono farlo impunemente. Gli stessi emendamenti di cui si discute in questi giorni sembrano più che altro dei conati: per usare il linguaggio corrente, non un “metterci la faccia”, ma un cercare di “salvarsi la faccia”.
In questa delicata situazione, i partiti devono esserci ma vorrebbero non esserci. Per questo, meno si fanno vedere, meglio è. I contatti, quando ci sono, avvengono dalla porta di servizio. Alla fine, si arriverà, con il sollievo di tutti, a un paradossale voto di fiducia che, strozzando il dibattito parlamentare, imporrà l´approvazione a scatola chiusa e permetterà di dire al proprio elettorato: non avrei voluto, ma sono stato costretto.
Ma c´è dell´altro. In un momento drammatico come questo, con il malessere sociale che cresce e dilaga, con la società che si divide tra chi può sempre di più, chi può ancora e chi non può più, con il bisogno di protezione dei deboli esposti a quella che avvertono come grande ingiustizia: proprio in questo momento i partiti sono come evaporati. Corrono il rischio che si finisca, per la loro stessa ammissione, per considerarli cose superflue, d´altri tempi. In qualunque democrazia, i partiti hanno il compito di raccogliere le istanze sociali e trasformarle in proposte politiche, per “concorrere con metodo democratico alla politica nazionale”, come dice l´articolo 49 della Costituzione: sono dunque dei trasformatori di bisogni in politiche. Una volta svolto questo compito di unificazione secondo disegni generali, ne hanno un secondo, altrettanto importante: di tenere insieme la società, per la parte che ciascuno rappresenta, nel sostegno alla realizzazione dell´indirizzo politico, se fanno parte della maggioranza, e nell´opporsi, se non ne fanno parte. Un duplice compito di strutturazione democratica, in assenza del quale si genera un vuoto, una pericolosa situazione di anomia, cioè di disordine politico, nel quale il governo si trova a dover fare i conti direttamente col disfacimento particolaristico, corporativo ed egoistico dei gruppi sociali, inevitabilmente privilegiando i più forti a danno dei più deboli. La dialettica tra governo e società non trova oggi in Italia la necessaria mediazione dei partiti. Di questa, invece, la democrazia, in qualsiasi sua forma, ha necessità vitale.
Gli storici avrebbero molto da dirci sulla miscela perversa di crisi sociale e alienazione politica, cioè sulla rottura del nesso che i partiti devono creare tra società e Stato. Non che la storia sia il prodotto di leggi ineluttabili, ma certo fornisce numerosi esempi, nemmeno tanto lontani nel tempo: nel nostro caso, esempi – che sono ammonimenti – del disastro che si produce quando le forze della rappresentanza politica e sociale si ritirano a favore di soluzioni tecnocratiche, apparentemente neutrali, né di destra né di sinistra, al di sopra delle parti. Può essere che in queste considerazioni ci sia una piega di pessimismo, ma vale l´ammonimento: non tutti gli ottimisti sono sciocchi, ma tutti gli sciocchi sono ottimisti.
E allora? Allora, il rischio è che, “quando tutto questo sarà finito” ci si ritrovi nel vuoto di rappresentanza. Una certa destra nel vuoto si muove molto bene, per mezzo di qualche facilissima trovata demagogica. Il vuoto, invece, a sinistra ha bisogno di ben altro, cioè di partecipazione e di fiducia da riallacciare tra cittadini, e tra cittadini e quelle istituzioni che esistono per organizzare politicamente i loro ideali e interessi. Questo – altro che sparire, arrendendosi alle difficoltà – è il compito che attende i partiti che stanno da quella parte, un compito che ha bisogno di idee e programmi, strutture politiche rinnovate e trasparenti, uomini e donne di cui ci si possa fidare. Non di salvatori che “scendono in campo”, ma di seri lavoratori della politica, degni del rispetto dei cittadini di cui si propongono come rappresentanti.

17 commenti

  • zagrebelsky ci porta fuori dalle retoriche che ammantano il dibattito pubblico, ci aiuta a guardare più lontano e soprattutto ci stimola a non perdere tempo, a progettare fin d’ora il futuro del paese.
    davvero: una lucida interpretazione di questo strano tempo che stiamo vivendo.

  • articolo illuminante:le persone iscritte e i dirigenti dei partiti hanno responsabilità pesanti su quanto avviene e avverrà nei prossimi mesi e anni. Le motivazioni della loro scelta spesso poco o nulla hanno a che fare con il miglioramento della società. Questo deduco dai comportamenti e dalle parole ascoltate. Spero che l’accesso significativo delle donne nei luoghi delle decisioni possa avviare il processo di convalescenza, eliminando i mali ormai ampiamente diagnosticati, difficili da curare da parte di chi li ha prodotti e ne trae vantaggi consistenti nell’immediato e in prospettiva.

  • Il contratto sociale è oramai un residuo storico. I partiti hanno perso ogni credibilità e i cosiddetti tecnici portano chiaro il segno di una dipendenza da istituzioni finanziarie. Nessuno che abbia responsabilità istituzionali sembra comprendere la spinta dei popoli. Dopo la fine del comunismo e la primavera araba è probabilmente il momento della fine del capitalismo finanziario e l’unica risposta che ci viene spacciata per giusta è la crescita, totem di chi specula senza produrre. La rappresentanza e l’intermediazione politica è scomparsa. Si rendono conto i partiti che alle prossime elezioni i cittadini si chiederanno perché mai dovrebbero andare a votare? E davvero avranno il coraggio di presentarsi come se nulla fosse stato con le stesse facce?

  • Faciamus experimentum in corpore vili, in Belgio la prova è stata brillante, anche lì, i neutrini, sono stati più veloci della luce: panta rei.

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  • Perfettamente d’accordo con la sua analisi, professore! anche con quel filo di speranza che continua ad avere per una sinistra che deve comunque rinnovarsi e nelle idee e negli uomini e donne che la dovranno rappresentare dopo la parentesi del governo dei tecnici; è importante però precisare che in una legislatura conquistata dalla destra, non vi poteva essere spazio per un governo della sinistra e forse è qui la confusione che anche inconsciamente colpisce chi vorrebbe dalla sinistra un’atteggiamento più coraggioso e produttivo di speranza; la stagione berlusconiana ci ha resi talmente rassegnati e sconfortati che abbiamo creduto che destra e sinistra pari fossero; io continuo a credere che avesse ragione sofri a dire che vi è sempre una differenza tra chi vuol disporre anche della mia vita e della mia autodeterminazione di uomo e chi invece pensa che ciascuno di noi deve avere il diritto di poter decidere se la propria vità abbia ancora la dignità per poter essere vissuta (testamento biologico); per me, in questo caso, essere di sinistra ha ancora un suo significato, che non confonderei mai nell’unico calderone del son tutti uguali.

  • La sinistra non esiste più (e, nella sua eventuale passata esistenza, non è che abbia, almeno in Italia, mai contato molto). Al di là degli enormi limiti dei dirigenti del partito democratico discendenti del fu PCI, all’interno di quella organizzazione sono annidati accaniti nemici del progressismo politico e sociale, da renderla assolutamente impotente. Essi rappresentano i cani da guardia della solita destra camuffata da anime candide, che è ben più nefasta della destra “alla luce del sole”. Chi è causa dei suoi mali…

  • penso che sia successo questo; una classe politica pavida o peggio bizzantina ha abbandonato il potere a discapito di un “papa straniero”, sperando che questo ci metta la faccia per fare scelte impopolari. basta tutto qui.
    il guaio è che questi politici non si sono resi conto, o fanno finta, che sono stati commissariati e continuano a starnazzare nei vari talk promettendo alle loro rispettive parti che veglieranno per far si che non subiscano angherie di sorta.
    è uno scenario umiliante per tutti coloro che sono scappati, coloro che non hanno voluto prendergli il posto, e peggio di tutti coloro che fanno finta di non volerci stare
    il mio pensiero va al dopo con una classe così perchè comunque questi avranno il coraggio di presentarsi non sentendo minimamente la responsabilità del fallimento

  • Grazie Zagrebelsky, soprattutto per la lucidità e profondità della sua analisi. Finalmente una voce non dissonante rispetto al mio sentire!
    Prendo la sua analisi e la considero come una premessa per arrivare alla conclusione: quando il dissenso sociale non trova una voce politica dalla quale si senta rappresentato, allora è molto probabile che si manifestino fenomeni eversivi (è già accaduto ai tempi del “compromesso storico” con il PCI). L’unanimismo delle forze politiche sulla inevitabilità (il che è anche un falso clamoroso) delle misure prese da Monti costituisce le premesse di un disastro potenziale e non più solo economico. Sarebbe stato meglio andare a elezioni immediate, anche con questa legge elettorale, perché con il presente parlamento non si può fare nulla, se non subire l’insopportabile ricatto del berlusconismo (che ha prodotto danni più duraturi di quelli del fascismo).
    Avremmo assolutamente bisogno di una opposizione forte ma responsabile (e non ideologica o populista): ho l’impressione che l’opposizione sindacale non sia sufficiente.

  • Quando l’altro giorno ho visto le lacrime della Signora Fornero sarei entrato nel video l’ avrei estratta con le mie mani al fine di non consentirLe in questo momento così difficilmente sopportabile di dimostrare in modo ineluttabile e debole che l’assenza di “idee” è ciò che sta uccidendo il mondo.
    Quando guardi i politici negli occhi e come se stessi di fronte ad un acquario…..pesci rossi fluttuanti. Dentro quegli occhi non c’è più nulla, neppure i neutrini della Gelmini.
    I sorrisini che seguono il loro dire insensato stanno diventando oltremodo insopportabili, non sono più accettabili. Noi siamo qui con il cuore in sospeso aspettando il verdetto che confermerà la nostra povertà, che ci farà soffrire, che opprimerà ancora di più le nostre anime da tempo depresse e loro sogghignano.
    Questi danni psicologicamente devastanti chi li pagherà ? La piccola Fornero piagnucolante ?
    I partiti, come lei giustamente afferma, come dei “bushwackers” sparano dai cespugli per interposta persona, ma dai cespugli prima o poi dovranno uscire. E con che faccia? Quella di Snoopy che dice “quando questo natale sarà finito potremo finalmente smetterla di far finta di essere buoni!!!” ?

    Anche ed in particolare in questo periodo non dobbiamo più delegare , cerchiamo di capire da che parte stiamo, quale è la nostra riva del fiume. La divisione cipputi, borgese piccolo, medio piccolo , un po’ più grande non ha senso, forse non ne’ha mai avuto, ma oggi non ne’ha proprio più.
    Siamo tutti dalla stessa parte, non caschiamo nella trappola delle differenze. Cerchiamo di capire chi c’è dall’altra parte del fiume solo così potremo comprendere gli strumenti del cambiamento invece di riempirci di beccate come i polli di Renzo. Quel periodo descritto dal Manzoni si sta avvicinando a passi troppo veloci, il ritorno dei feudatari con bravi incorporati deve essere arrestato. E’ solo la partecipazione, la nostra partecipazione diretta, che invertirà la tendenza. Noi dobbiamo ridiventare solidali, ma non basta, dobbiamo ridare alle idee la loro fondamentale importanza rendendole politicamente alternative e forse sostitutive al denaro

  • Sacrosante,lungimiranti preoccupazioni sul destino della democrazia di un Paese socialmente e politicamente fragile,qual è il nostro,galleggiante in gran parte in quel millenario,tribolato specchio d’acqua medio terraneo compreso tra Africa ed Europa.
    Democrazia dal destino alquanto incerto oggi più che mai,essendo stata messa in crisi già ,tra l’indifferenza o la finta opposizione dei residui partiti e/o degli eredi dei disciolti partiti di ispirazione democratica, 1° – dall’assuefazione più o meno consapevolmente partecipe di essi e di gran parte della società, al governo in mano al proprietario dei mezzi virtuali di costruzione del consenso elettorale ; 2°- dalla promulgazione di una legge elettorale da parte del medesimo,che mina alle fondamenta uno dei cardini della vita democratica riguardante i rapporti politici diretti o tramite rappresentanti scelti da loro direttamente e non da lui in quanto capo del suo (taluni infatti gli attribuiscono la proprietà esclusiva) partito.
    Nel clima psicologico e politico nazionale così creato non v’è dubbio che qualche riflessione come quella del Prof. Zagrelbesky è bene cominciare a farla.

  • Pingback: Basta beccarci come i polli di Renzo - Nandocan

  • L’accoratezza di Ugo Arcaini mi fa pensare che, dietro a quella tanto decantata “sobrietà” ci stia in realtà molta mediocrità. Che non è una cosa cattiva, ma va gestita con molta molta umiltà (ma è dei mediocri ritenersi geni). Che non sono necessarie le lacrime, ma una consapevolezza chiara, appunto che siamo tutti in cordata.
    E questa è una cosa che ha messo in risalto la festa del 17 marzo: che c’è bisogno di sentirsi uniti. Ma uniti con chi? tra chi?
    Le disparità, i privilegi, tutto ciò che designa la categoria dei “furbi” sono cose non più accettabili.
    In un altro scritto, il prof. Zagrebelsky parlava del diritto alla felicità, e diceva che gli stati possono semmai portare avanti un diritto alla giustizia (che della felicità è forse un’anticamera, una premessa indispensabile) e impegnarsi a quello.
    E’ quello che si sta facendo? Non pare.
    Silvana

  • La nostra storia dovrebbe averci dimostrato che il Partito è stato in Italia l’unica istituzione che abbia funzionato, più dello Stato e più della Chiesa. Eppure, in nome di un’etica improvvisata in due anni sono stati spazzati via (il bambino insieme all’acqua sporca), abbandonando le Istituzioni dello Stato in balia di mani forse pulite, ma certamente più libere …
    Possiamo immaginare oggi, dopo la cura Monti del sistema Italia, un governo eletto nel 2013 composto da una combinazione di figure politiche, sia di maggioranza che di opposizione, quali quelle che oggi siedono al Parlamento?
    L’ imbarazzo delle sinistre di fronte alle misure economiche adottate e le rancorose esternazioni delle destre dopo l’inettitudine mostrata dal governo Berlusconi non fanno, per ora, presagire nulla di buono. Forse si dovrà sperare nel processo di “rottamazione” avviato da certe componenti della sinistra, forse nella costituzione del terzo polo come nuovo “centro” o forse in una riedizione del “berlusconismo senza Berlusconi” … ?
    Penso, invece, che si debba considerare con attenzione l’ opportunità che il nuovo governo ci mostra, fungendo da nuovo attrattore per l’avvio di una politica di caratura internazionale, europea e mondiale. In altre parole, si tratta di vedere il “governo tecnico di Mario Monti” come una sperimentazione (quindi di controllarlo) che permetta ai partiti di uscire dalle ideologie del “bipolarismo” e “centrismo” per individuare una nuova classe dirigente del Paese, che sia composta da figure prestigiose sul piano tecnico e istituzionale affiancate a nuove figure politiche che siano selezionate sui nuovi criteri e valori. Viva la III Repubblica!

  • E allora? Allora niente! La questione posta da Zagrebelsky non ha soluzioni con questi assetti politici-istituzionali. Come pensare di venire a capo di un deficit di partecipazione democratica tanto grave come quello in cui ci troviamo? Proprio la delega dei partiti ai cosidetti tecnici è la sconfitta definitiva della politica vera. Soprattutto per quanto riguarda la sinistra – tanto per darle un nome – che non è stata capace di offrire un’alternativa al paese quando c’era la possibilità. Eppure dalla società che viene detta civile – almeno una parte – sono venute poderose spinte nella direzione del cambiamento. Niente. Le ignobili soluzioni dei grandi, prestigiosi cervelloni dell’accademia della scienza economica che affiancano i più splendenti astri della dirigenza bancaria, vengono votate presto, supinamente, per ignavia . Questi tecnocrati li paragono ai teologi medievali che dettevano legge senza capire nulla di nulla, ma disquisendo sulla consustanziazione del sangue e del corpo di Cristo. L’incazzatura della gente per bene dovrebbe esplodere, invece al massimo ci scriviamo tra noi quattro scemenze, mentre i nuovi sacerdoti del dio mercato – cervelloni e soli splendenti – ci riducono a miseri straccioni.

  • Se crollano i partiti e se si svuota la “politica” è veramente la fine di ogni democrazia costituzionale. Occorre con impegno concreto per ridare “respiro” alla politica e ricostruire un tessuto anche “etico” per un nuovo rapporto con la società. A chi è rivolto questo invito? Ad ogni cittadino libero da pretese di potere!

  • Dal libro dei sè scritto in appendice aggiornata alla storia dei primi quarant’anni costituzionali repubblicani di questo nostro Paese.

    Chissà quale diverso sviluppo avrebbe avuto la nostra vita democratica se i limiti culturali e la pavidità politica generata dalle esigenze di raccolta del consenso da parte della classe dirigente emersa dopo la dissolvenza,il provvisorio occultamento o il cambio di bandiera dei residui artefici dell’ideologia e dell’economia asservita al regime fascista,non avessero impedito a quest’ultima di diffondere e istituzionalizzare stabilmente lo studio e la conoscenza della Costituzione repubblicana nell’ambito di un’Educazione Civica delle nuove generazioni frequentanti le scuole pubbliche di ogni ordine e grado,non limitata invece come è avvenuto all’emanazione di un decreto tirato con i denti,dopo un decennio altresì dalla codificazione del nuovo rapporto di cittadinanza,riguardante i soli allievi dell’ultimo triennio dei licei ed istituti tecnici.
    Destinato per altro a definitiva sepoltura negli anni della rivolta studentesca,della richiesta cioè di partecipazione dei giovani alle decisioni che li riguardano.

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