I poteri illegali nell’Italia dei segreti

06 Dic 2011

La storia della nostra Repubblica è costellata di episodi tragici. Anche altre democrazie hanno conosciuto questi fenomeni, ma il caso italiano è veramente anomalo: Piazza Fontana, Piazza della Loggia, l’Italicus, terrorismo rosso e nero, Ustica, la stazione di Bologna, gli attentati del ’93, sono i più noti di una tragica catena di eventi che ha prodotto centinaia di vittime e ha condizionato la democrazia del Paese

La storia della nostra Repubblica è costellata di episodi tragici, omicidi di mafia, omicidi politici, attentati e vere e proprie stragi, dietro ai quali è emersa, con la conferma di sentenze passate in giudicato, la presenza di poteri che, se non autori diretti dei fatti criminosi, hanno certamente svolto opera di depistaggio e copertura. Anche altre democrazie hanno conosciuto questi fenomeni, ma il caso italiano è veramente anomalo: Piazza Fontana, Piazza della Loggia, il treno Italicus, il terrorismo rosso e nero, Ustica, la stazione di Bologna, gli attentati del ’93, sono i più noti di una tragica catena di eventi che ha prodotto centinaia di vittime ed ha condizionato la democrazia del Paese.
Se ne è discusso in un dibattito, organizzato dal Circolo di Perugia di Libertà e Giustizia il 5 dicembre nella sala consiliare della Provincia, che ha concesso il patrocinio. Sono intervenuti un giornalista e due magistrati, che in ruoli e situazioni differenti hanno avuto modo di occuparsi di queste vicende. Roberto Scardova ha avuto una lunga carriera di giornalista in RAI conducendo moltissime servizi di inchiesta per il TG3 e per la rubrica Primo Piano; ha anche curato il libro Carte False sul caso di Ilaria Alpi. Fausto Cardella e Sergio Materia sono due magistrati che hanno svolto una parte considerevole della loro attività a Perugia: Fausto Cardella è ora Procuratore della Repubblica a Terni mentre Sergio Materia ha da poco lasciato la magistratura ed è un attivo socio di Libertà e Giustizia a Firenze.
Tutti i relatori hanno convenuto come le cause remote di questa anomalia italiana dipendano da una guerra malamente persa e da un dopo guerra che portato il paese ad essere frontiera tra un Est e un Ovest che si sarebbero fronteggiati per più di quaranta anni in una guerra fredda, che in vari momenti ha rischiato di diventare calda. Dalla strage di Portella della Ginestra parte un filo rosso che vedrà un intreccio inestricabile tra servizi segreti e criminalità; fin dallo sbarco alleato in Sicilia i servizi americani strinsero accordi con la mafia in nome della lotta al nazi-fascismo. Agli accordi del Patto Atlantico andarono ad aggiungersi protocolli segreti che ponevano sotto tutela dei servizi americani quelli italiani, chiamati ora ad una azione antisovietica; l’azione, anche violenta, sarebbe stata necessaria non solo se ci fosse stato un colpo di stato comunista nel paese, ma anche se i comunisti avessero raggiunto democraticamente una vittoria elettorale. I servizi del nuovo stato nascevano così con la tara genetica di essere non tanto al servizio dello Stato, ma piuttosto di una sua parte politica, incorporando gli uomini che avevano lavorato nel passato regime attraverso un’amnistia che cancellò rapidamente il passato criminale di molti di questi. Il ricorso dei servizi a elementi della criminalità comune e mafiosa, alla massoneria deviata, a figure criminali del neofascismo e una scarsa etica della politica ha prodotto un intreccio perverso di forze che si ritrovano puntualmente dietro i tanti episodi tragici. Il termine sostanziale della guerra fredda non ha visto la fine di questa situazione perché la rete di complicità, di potenziali ricatti, ed anche di affari lucrosi, era troppo estesa. L’azione della magistratura ne ha portato alla luce molti aspetti, ma il più delle volte non è riuscita ad arrivare a una verità giudiziaria per l’incapacità oggettiva del processo penale di affrontare una rete immensa di complicità. Resta compito dei giornalisti e degli storici quello di non smettere di cercare la verità, che non potrà essere giudiziaria, ma resta fondamentale per la memoria delle vittime e per evitare che tali drammi si possano ripetere evidenziando tutti i condizionamenti che gravano ancora sulla trasparenza delle istituzioni del nostro Paese.
Giacomo Leonelli, Presidente del Consiglio Provinciale di Perugia, è intervenuto nel dibattito apprezzando l’iniziativa di un’associazione della società civile come Libertà e Giustizia e rivendicando nel contempo come dovere reale e profondo delle Istituzioni quello di mantenere viva la coscienza civile del Paese.
Il coordinatore del Circolo di Perugia, Alessandro Tancredi, nel ringraziare tutti gli intervenuti ha sottolineato l’impegno di Libertà e Giustizia ad operare attivamente per la coesione del Paese in un momento estremamente difficile, ma senza dimenticare gli insegnamenti del passato, in nome di una malintesa concordia nazionale, e mantenendo sempre vigile la difesa dei diritti civili sanciti nella nostra Costituzione.

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