Noi nella normalità solo apparente

23 Nov 2011

In pochissimi giorni ci stiamo riabituando a vecchi paesaggi e a riti dimenticati, alla politica che non è spettacolo ma discussione. Stiamo ritrovando una sorta di “normalità” proprio mentre la crisi diventa più profonda e così difficile da bloccare. Ma la “normalità” in cui ci stiamo cullando è solo apparente e nuove durissime prove ci attendono nei giorni e nei mesi a venire. Non c’è nulla di scontato. La buona politica è tutta da costruire

In pochissimi giorni ci stiamo riabituando a vecchi paesaggi e a riti dimenticati, alla politica che non è spettacolo ma discussione, ci stiamo abituando all’assenza delle urla e dell’ignoranza sventolata come caratteristica della democrazia.
Davanti a Palazzo Chigi si fermano frotte di cittadini normali che come un tempo aspettano di vedere se per caso passa qualcuno di un governo di gente normale.
Stiamo ritrovando una sorta di “normalità” proprio mentre la crisi diventa più profonda e così difficile da bloccare, normalità mentre l’emergenza coinvolge tutta l’Europa. Normalità e semplicità.
L’anomalia berlusconiana è solo dietro l’angolo ma a tutti appare vecchia, logora, aliena.
Ci sono molti ritorni che preoccupano, come una eccessiva dose di cattolici che in politica vogliono fare una politica cattolica. E cose che ancora si capiscono poco, come possibili conflitti di interesse o interessi non del tutto trasparenti.
Però questo sentimento di normalità ritrovata ci permette di guardare alla politica come a qualcosa che si può condividere o, se non si è d’accordo, combattere con mezzi costituzionalmente corretti.
A dieci giorni dalla nascita del governo Monti e in piena bufera finanziaria ed economica possiamo consolarci di questa normalità?
La tentazione è forte e la soddisfazione per chi in questi anni ha contribuito a combattere Berlusconi denunciando i rischi di quella bramosia di potere che ha invaso le istituzioni e mortificato Camera e Senato, è più che giustificata.
Ma poi, purtroppo, è davvero tutto da costruire. E’ un ritornello, lo dicono tutti: ora dobbiamo ricominciare, dobbiamo ricostruire dalle macerie… Lo dice anche chi in questi anni non vedeva gli abissi verso cui eravamo sospinti.
Si riparte, si ricuce, si ricostruisce. Eppure credo che non sarà così facile. Credo che  la “normalità” in cui ci stiamo cullando sia solo apparente e che nuove durissime prove ci attendano nei giorni e nei mesi a venire.
Non c’è nulla di scontato. La buona politica è tutta da costruire.
Il problema è che nessuno che abbia fatto politica in questi anni, maggioranza (ma come avrebbe potuto succube del cavaliere?) e opposizione si è preoccupato di preparare il dopo: non è solo questione di forze politiche o di schieramenti, voglio invece dire che non è stato preparato il ricambio, il rinnovamento di quegli stessi partiti coinvolti nella traversata del deserto. Non ci sono stati, insomma né i Parri né i La Malfa che mentre facevano i partigiani creavano il Partito d’Azione per i giorni a venire. E preparavano la nascita della Repubblica.
Tutto è da fare o da rifare. Però io vedo almeno due problemi molto seri che possono intralciare la strada della rinascita della politica.
1) Se non si è capito fino in fondo il guaio in cui eravamo finiti, se non si sono riconosciuti i vizi e i rischi degli anni di Berlusconi, se non si conosce l’anomalia, allora essa potrebbe ripresentarsi di nuovo, non in un futuro molto lontano, ma presto. Se non si è vigilato nel passato, sapranno vigilare oggi e domani?
2) Se il sistema della corruzione è ancora così diffuso, se come sembra, le mazzette continuano a rappresentare normale nutrimento di apparati bisognosi di fondi, come si pensa di costruire una fiducia dei cittadini in forze politiche che impongono sacrifici e sopravvivono di illegalità, economia sommersa, corruzione, evasione fiscale? Quale questione morale, quale impegno contro la criminalità che non siano soltanto belle parole ci aspettano in questa fase apparentemente “normale”?
3) Servirebbe un grande impegno civile e politico per discutere prima e inventare poi le forme e le strutture di partiti nuovi, che non mortifichino i cittadini elettori, ma li coinvolgano in uno sforzo comune. Servirebbe una sede aperta e dialogante, nella quale i contributi non venissero giudicati come atti di accusa e i più giovani non venissero demonizzati per le loro ansie di partecipazione. Servirebbe non definire “riserve” le studiose e gli studiosi che in questi anni difficili ci hanno illuminato con la loro saggezza e competenza.
Servirebbero coraggio e generosità.
Ma questi sì che non sono sentimenti tanto normali. Forse potrebbero bastare intelligenza politica e conoscenza della storia.

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