Il gioco è finito

02 Nov 2011

Ferite le regole base della democrazia parlamentare (con un Parlamento asservito al governo e comprato a suon di corruzione) siamo scivolati verso quel regime che da anni Libertà e Giustizia e molti altri hanno denunciato.

A una certa ora della giornata, dal cuore della casa, partiva il richiamo: il gioco è finito, venite subito a fare i compiti. Poteva essere all’imbrunire, ma poteva anche essere pieno giorno, e il gioco lasciato a metà faceva male.

Tra ieri e oggi qualcuno ha deciso che giocare non è più possibile. Il richiamo riguarda molti, probabilmente tutti gli italiani.

Prima di tutto, ovviamente, riguarda la maggioranza che ci ha trascinati nel pantano: là dove ha tradito giorno dopo giorno i principi fondamentali della Costituzione, a cominciare dagli articoli che riguardano il bene collettivo rispetto agli interessi di uno o comunque di pochi.

Questo è stato il tradimento cardine. Ferite le regole base della democrazia parlamentare (con un Parlamento asservito al governo e comprato a suon di corruzione) siamo scivolati verso quel regime che da anni Libertà e Giustizia e molti altri hanno denunciato.

Dunque ha giocato la maggioranza, inventandosi un Paese che non esiste, un Paese che la crisi degli altri non avrebbe toccato e nemmeno sfiorato, il Paese delle belle fanciulle, delle legalità tradita, dei gangster di regime. Il Paese delle feste “eleganti”.

E l’opposizione? Anche là dentro si è giocato: il gioco della fune, a un capo il gruppo dei potere da conservare ad ogni costo, all’altro quello degli innovatori improvvisati come le loro soluzioni, buone in tempi normali, un nulla quando infuria la tempesta.

Non giocavano i cittadini che di giorno in giorno sentivano avvicinarsi il momento in cui il salario non bastava più né a far studiare i giovani né a dare ai vecchi una vecchiaia dignitosa. Non giocavano avvertendo che forse la prossima volta non sarebbero andati a votare.

Potremmo divertirci a elencare i giochi e i ritardi di tutta la classe dirigente italiana. Ma il gioco è finito per tutti, anche per noi della società civile che lo denunciavamo.

Ora non dobbiamo soltanto uscire dal pantano, smuovere le acque .

Ora dobbiamo uscire dal disastro, dalla povertà, dalla miseria, dalla disoccupazione dei figli.

Ricucire l’Italia oggi, a un mese dai 25.000 all’Arco della Pace, vuol dire far sì che il tessuto sociale, in questa emergenza di democrazia, non si strappi definitivamente. Vuol dire convincerci che la ricreazione è davvero alle nostre spalle.

Dobbiamo tutti fare qualcosa di più: con l’impegno, con la passione di sempre. Con la convinzione che possiamo essere un grande Paese e che dobbiamo un’altra volta ancora nella storia batterci per salvarlo.

Dobbiamo pretendere da tutti, maggioranza e opposizione, di mostrare la stoffa che che finora non hanno mostrato di avere.

I sacrifici, se chiesti da chi abbia competenza e credibilità, non devono spaventare nessuno. Non possono spaventare.

Nella nell’emergenza dobbiamo ritrovare la parte più profonda della nostra umanità, che dorme dal tempo in cui si misero tutti a giocare.

Dal cuore della casa che brucia il richiamo è arrivato: ascoltiamolo tutti, questa volta la campana suona per noi.

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