Non servono colpi di testa

12 Apr 2011

La frase di Roberto Maroni che si chiede «se ha senso rimanere nell’Unione europea. Meglio soli che male accompagnati» – è molto grave. Sproporzionata. In realtà rivela di colpo l’incultura europea di parte della nostra classe politica. Governo compreso.

Bastano 22 mila profughi indesiderati per rovinare nel giro di quarantotto ore il lavoro di decenni di costruzione europea?

La frase di Roberto Maroni che si chiede «se ha senso rimanere nell’Unione europea. Meglio soli che male accompagnati» – è molto grave. Sproporzionata. In realtà rivela di colpo l’incultura europea di parte della nostra classe politica. Governo compreso.

Aspettiamo adesso una chiara responsabile dichiarazione del presidente del Consiglio. Quella del ministro dell’Interno infatti non è la solita «battuta leghista» da non prendere troppo sul serio.

Ma intanto – comunque vada – da oggi l’Europa non sarà più quella di prima. E non solo per colpa degli italiani che erano attesi al varco della crisi finanziaria (con la litania sempre ripetuta che dopo l’Irlanda, la Grecia, il Portogallo sarebbe stata la volta dell’Italia). Gli italiani invece hanno turbato l’Europa con una decisione apparentemente meno drammatica, che di colpo però ha mostrato le nuove ansie profonde dell’Europa dei governi. Si ha l’impressione infatti che crei più preoccupazione la prospettiva di dover forzatamente accogliere profughi indesiderati che non accollarsi i costi supplementari del salvataggio finanziario greco o portoghese. Se è così l’Europa è davvero cambiata.

Non è chiaro se nella rigida reazione dei ministri europei che rivendicano la corretta interpretazione delle regole Schengen di contro all’iniziativa italiana, ci sia soltanto l’esigenza che «le regole vanno rispettate». O non ci sia anche il sospetto che il ministro italiano abbia tentato di forzare la mano creando un fatto compiuto. Confermando ancora una volta che gli italiani sono sempre un po’ disinvolti quando si tratta di interpretare le norme. Soprattutto in presenza di un governo che non brilla certo per entusiasmo europeo. Per tacere d’altro. È antipatico scrivere queste cose, ma sarebbe ipocrita tacerle.

Se è così, si rivela un altro tassello della mutazione dello spirito europeo. Questa volta imputabile anche alla situazione italiana. La straordinaria storia del ruolo determinante e insostituibile dell’Italia nella costruzione europea – non solo dai mitici inizi degli Anni Cinquanta ma per tutti i decenni successivi – sembra archeologia. Peggio, rischia di essere retorica – dopo le infrazioni continue, le inadempienze, le sciatterie italiane nei rapporti con Bruxelles. L’Europa si è ridotta ad un fastidioso controllore, ad un deposito di risorse da strappare con complicate pratiche burocratiche. In ogni caso un’istituzione da trattare in modo strumentale – do ut des. Maroni ha ricordato polemicamente che l’Italia ha mostrato la sua solidarietà verso la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo. «Ma a noi, in questa situazione di grave emergenza, è stato detto “cara Italia, sono affari tuoi e devi fare da sola”. L’Unione europea è un’istituzione che si attiva subito solo per salvare banche e per dichiarare guerre, ma quando si tratta di esprimere solidarietà a un Paese come l’Italia, si nasconde».

I concetti-chiave del ragionamento sono «emergenza e solidarietà». La controversia sta proprio nella loro interpretazione. Ciò che per il governo italiano è «emergenza e necessità di solidarietà» non lo è per i partner europei. Invece proprio da questi valori – riferiti ovviamente ad altri contenuti – è nata e si è sviluppata l’Europa. Questo ciclo si sta chiudendo? Mi chiedo che cosa pensa davvero la grande maggioranza della popolazione italiana, francese o tedesca. Al momento sembra silenziosamente schierata dietro i rispettivi governi. Mi chiedo ad esempio che cosa pensano i Verdi tedeschi che insieme ad un’Europa denuclearizzata ed ecologica, la vogliono più solidale anche nei confronti dei migranti. Si accontenteranno delle cifre che il governo di Berlino elenca per mostrare la sua generosità (in un sottinteso confronto polemico con l’Italia)? Sarà importante vedere come l’opinione pubblica europea reagirà nei prossimi giorni se il governo italiano decidesse qualche colpo di testa. O viceversa se l’Europa posta di fronte ad una situazione di grave disagio di un suo membro importante mutasse atteggiamento.

Per il momento dunque la parola e l’iniziativa rimangono ai governi. Innanzitutto al governo italiano, che si trova davanti ad una prova molto seria del suo europeismo. Se è convinto d’avere buone ragioni, si ricordi che le virtù delle vecchie classi politiche europee di fronte alle difficoltà che sembravano insormontabili, erano la ferma pazienza e la ricerca ostinata dell’accordo. Non la ricerca del consenso elettorale domestico ad ogni costo. Tanto meno i ricatti di rompere con i partner. Non ci sarebbe stata l’Europa.

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