Il calcolo delle debolezze altrui

27 Dic 2010

Evitare le urne, questa è l’unica certezza. Per il resto, in attesa della pronuncia della Consulta sul legittimo impedimento, Berlusconi è pronto a tuffarsi nel mercatino di gennaio: deve ancora raggiungere quota 325. Il resto è vaniloquio contro i giudici, soprattutto.

Finite le vacanze di Natale, si aprono le vendite promozionali. E Berlusconi è pronto a tuffarsi nel mercatino di gennaio. Anche nella pausa festiva ha continuato a pensare alla campagna acquisti. Tre voti di scarto, la maggioranza di 314, non gli bastano. Deve continuare a “comprare”. Ma la fatidica quota 325 non è stata ancora raggiunta. Malgrado tutti i proclami, la trattativa sembra in salita. C’è una data verso la quale convergono gli affanni del governo: l’11 gennaio, quando la Corte costituzionale si pronuncerà sul “legittimo impedimento”. Non è un evento indifferente per la vita dell’esecutivo. Potrebbe costituire il vero snodo, intrecciandosi il destino politico del Cavaliere con il suo destino processuale. Conseguenza difficile da evitare dato che la fuga dalle responsabilità penali è sfociata per Berlusconi nel suo ingresso in politica. Chi frequenta la reggia di Arcore confida in una esito favorevole. Ma, nel frattempo, il premier ha ripreso ad attaccare i giudici con frasi roboanti e offensive. E minaccia di contestare la decisione della Consulta qualora gli venisse sottratto lo scudo del “legittimo impedimento”.

Abbiamo ascoltato, in questi giorni, il vaniloquio imbarazzante del presidente del Consiglio. Che alterna il vittimismo al delirio di onnipotenza. Si presenta come l’uomo “più perseguitato” dalla magistratura e, al tempo stesso, si proclama sicuro del suo futuro. “Abbiamo la certezza di poter continuare a governare per i prossimi due anni”, continua a ripetere con estenuante verbosità. Ma l’esecutivo ha un orizzonte corto, a meno che non sopraggiungano inattese novità. Passare da tre voti in più a otto o dieci non cambia le cose. Berlusconi avrebbe bisogno di rafforzare quantitativamente e politicamente la sua maggioranza attraverso un accordo con Casini. È impensabile, però, che il leader centrista si appiattisca sui desideri del Cavaliere. Malgrado il pressing delle gerarchie cattoliche che, con i loro interventi, stanno trasformando la Chiesa in un anomalo attore politico.

Quello che oggi appare chiaro è la gran voglia di Berlusconi di evitare le urne. Le elezioni anticipate sono considerate un rischio troppo grosso. Il risultato potrebbe essere lontano dai desideri: senza una vittoria in entrambi i rami del Parlamento, il portone di Palazzo Chigi resterebbe definitivamente sbarrato per il Cavaliere. Ma non è solo il Pdl a temere le urne. La prospettiva preoccupa anche l’opposizione. Casini ha bisogno di tempo perché il terzo polo è un’alleanza ancora incerta così come è incerta l’evoluzione dei suoi rapporti con Fini. E di tempo ha bisogno il Pd, ancora indeciso sulle alleanze, per non parlare di un’identità programmatica tutta da definire. Lo stesso Di Pietro non preme più sull’acceleratore, ora che l’Idv è nella bufera per il “tradimento” di due suoi deputati. Solo Bossi non teme le urne, e mette fretta a Berlusconi perché si arrivi a un “chiarimento”. Quanto più è incerta la la situazione politica tanto più si rafforza il Carroccio. Ma anche la Lega deve usare qualche prudenza se vuole ottenere prima l’approvazione degli ultimi decreti attuativi sul federalismo. E Calderoli, rivolto all’opposizione, soprattutto al Pd, fa questa mossa: dite “sì” al federalismo e noi apriremo sulla riforma della legge elettorale.

Questo è il panorama, in cui tutto stagna. Si fa il calcolo delle debolezze altrui più che delle proprie forze. In attesa di qualcosa di nuovo e diverso. Che non arriva.

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