Esecutori e mandanti

15 Set 2010

«Immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave che trasportava clandestini», ha detto Roberto Maroni nel tentativo di dare una spiegazione all’arrembaggio dei corsari libici contro l’imbarcazione italiana. Maroni è considerato la testa più lucida della Lega Nord. Ed è ritenuto, anche in ampi settori del campo a lui avverso, un ottimo ministro dell’Interno. Insomma, è uno che non parla a vanvera. Ma quell’affermazione, se anche l’avesse fatta Giorgio Straquadanio, il teorico del meretricio come strumento di lotta politica, non sarebbe stata meno attendibile.

Perché descrive esattamente l’atteggiamento degli “amici libici” verso i migranti: un assoluto disprezzo per la vita umana. L’antologia delle efferatezze compiute dalla polizia di Gheddafi è fatta di centinaia di pagine. Le hanno scritte, e documentate in modo dettagliato, le principali organizzazioni umanitarie, a partire da Amnesty International. Violenze dirette, messe in atto con la pratica della tortura nei campi di detenzione. Violenze indirette che si sono concretizzate in innumerevoli casi di omissione di soccorso. Su questo giornale lo scorso anno abbiamo pubblicato il racconto di un ufficiale che lavorava alla manutenzione delle piattaforme che si trovano nel Golfo della Sirte, testimone oculare del naufragio di un boat people in difficoltà che i libici abbandonarono al suo destino.

Quelle donne, quegli uomini e quei bambini che chiedevano disperatamente aiuto, superarono la piattaforma a bordo d’un guscio di noce e il giorno dopo la corrente riportò indietro i loro corpi. Il ministro Maroni non ha detto niente di nuovo. Colpisce però la nonchalance con cui ha avanzato l’ipotesi dell’esecuzione sommaria e ha riconosciuto che il nostro governo, nell’affidare ai libici il servizio di polizia marittima, non solo non ha chiesto alcuna garanzia di rispetto delle leggi del mare e dei diritti umani, ma accettato pienamente i loro metodi. È una forma indiretta di introduzione della pena di morte. Dove un civile e democratico paese dell’occidente svolge il ruolo di mandante, una dittatura africana quello dell’esecutore.

Ma siccome non ci priviamo di nulla, è successo che la svagata ferocia dell’ipotesi ministeriale sia stata poi smentita dal comandante del nostro peschereccio. Il quale ha detto ciò che, a dire il vero, il buonsenso già suggeriva: che i libici sapevano benissimo di aver a che fare con un peschereccio italiano e non con un boat people. E che le raffiche di mitra, nelle loro intenzioni, non erano destinate a dei clandestini venuti dal Sahara ma a dei pescatori partiti dalla Sicilia. A bordo della motovedetta pirata c’erano, in qualità di osservatori, dei nostri militari. I quali si trovano oggi nella surreale condizione di testimoni oculari di un tentato omicidio plurimo compiuto da stranieri ai danni di loro connazionali.

Una storia che avrebbe fatto gola a Le Carré. Sarebbe invece piaciuta ad Achille Campanile quella suggerita da Franco Frattini. Il ministro-ombra degli Esteri – dopo aver chiarito che il nostro osservatore militare non ha partecipato alla sparatoria, e la notizia ci ha rallegrati – ha aggiunto che il comandante del peschereccio «sapeva di pescare illegalmente». Insomma, se l’è cercata. Attendiamo le scuse della Farnesina al governo di Tripoli.

leggi l’articolo su Unità.it

Supportaci

Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo

Promuoviamo le ragioni del buon governo, la laicità dello Stato e l’efficacia e la correttezza dell’agire pubblico

Newsletter

Eventi, link e articoli per una cittadinanza attiva e consapevole direttamente nella tua casella di posta.