Amantea e i veleni della politica

22 Ott 2009

Sabato Libertà e Giustizia va ad Amantea. Partecipiamo alla manifestazione “Basta veleni” con convinzione anche per proporre spunti di riflessione per quel che accadrà dopo la protesta. Ci sembra infatti che meriti attenzione la straordinaria contemporaneità di eventi nazionali dalle caratteristiche del tutto nuove. Ad esempio: nel PDL le posizioni di Fini sulle responsabilità del premier, sulla indipendenza dei PM dal potere politico, sulle politiche di integrazione, sui rapporti con la Lega, più che diverse appaiono opposte alle posizioni di Berlusconi. In vista poi dell’elezione del leader, nel Partito Democratico si è aperta una gara vera per la segreteria, alla fine potrebbero esserci dei vincitori e dei vinti. Infine, alla convention di Italia Futura c’era la Comunità di Sant’Egidio, non Casini. Apparentemente tutto nella norma: sembra di essere alla vigilia dell’ennesimo riequilibrio del quadro politico generale. In realtà si percepisce invece una sensazione nuova: che stavolta la partita non la vinceranno tutti, qualcuno perderà, e forse per sempre. Sensazione che ci appare fondata anche per il fatto, per nulla secondario, che in questo particolare frangente gli eventi accennati pare abbiano trovato proprio nel Mezzogiorno il luogo dove se ne deciderà l’epilogo. In effetti, il quadro appena descritto, in controtendenza rispetto alla prassi compromissoria della politica italiana, “improvvisamente” si è complicato.

Sono venuti alla luce, proprio adesso, due casi di malapolitica di eccezionale pesantezza, che, pur localizzati in Calabria (le scorie) e in Sicilia (il papello), coinvolgono gravemente pezzi dello Stato, cioè la politica nazionale ai livelli più alti. Delle scorie e del “papello” si sapeva, eppure solo adesso si sono “spontaneamente” attivate le circostanze non casuali, si badi bene, (pentiti già ascoltati e politici che avevano perso la memoria, non gente qualunque, né giudici militanti) che hanno permesso alle autorità preposte di avviare le indagini e portare le due vicende agli onori della cronaca. Dunque ci piace sperare che in Italia sia in corso una battaglia tra chi è determinato a chiudere i conti con una certa classe politica compromessa, come è emerso, e chi invece non vuole rinunciare alle “antiche pratiche”. Dentro la cornice appena descritta ci stanno pure le news, ancora “non ordinarie”, che ci riguardano direttamente. Da destra e da sinistra, al Nord come al Sud, la prima di queste notizie è quella di un coro che si ode sempre più frequente: se non decolla il Mezzogiorno il declino dell’Italia diventa irreversibile e la prospettiva unitaria è destinata a sciogliersi in un federalismo che abbandonerà per sempre il Meridione al suo destino. Chi è oggi l’ostacolo primo al decollo del Sud? Cioè, chi impedisce l’impiego virtuoso e utile al Paese delle risorse finanziarie europee ancora notevoli? La risposta la conoscono pure i bambini: le classi dirigenti meridionali, inadeguate quando non complici.

Roma molla i suoi proconsoli? E ancora: mai come in questi ultimi due o tre anni lo Stato al Sud ha dato segni di sorprendente efficienza nella lotta alla criminalità organizzata, pur senza avere toccato il livello politico in modo efficace, definitivo.Veniamo al punto. Tutto questa “realtà in movimento”, assai rilevante se considerata in un quadro che potrebbe essere unitario e non frammentato, è conosciuta da studiosi, politici e giornalisti, ma non è di dominio pubblico. La Calabria rischia così di partecipare alla manifestazione di Amantea giocando la sua parte in uno spartito che non ha scritto, e di cui non conosce gli autori. Il rischio vero, lo insegnano la storia e l’esperienza, è che si giochi inconsapevolmente per conto di altri, che non si arrivi al risultato desiderato. Ebbene il rischio deve essere evitato. E si può evitarlo, ma a tre condizioni. La prima: che se ne abbia consapevolezza, che se ne parli senza infingimenti e ipocrisie. La seconda: che dopo Amantea gli organizzatori della manifestazione e i partecipanti facciamo la nostra parte a prescindere: andiamo fino in fondo, senza guardare in faccia a nessuno. La terza: che si rompano le gabbie anguste degli schieramenti, che si lavori ad unire la Calabria per bene. Perché coi nostri politici, anche quelli amici e non collusi, (oppure: collusi ma tatticamente amici) il rischio del compromesso “politico” si corre sempre, agevolato proprio dalla logica degli schieramenti. Date le dimensioni e le caratteristiche degli eventi in corso, e della posta in gioco (il futuro dei nostri figli) un nuovo compromesso sarebbe davvero la fine per l’Italia e per il Mezzogiorno.

A quel punto pure l’ultimo baluardo dell’unità nazionale, la Costituzione, finirebbe col valere meno della carta su cui è scritta. Di fatto, senza la necessità di alcuna riforma.
* coordinatore LeG Calabria – ha pubblicato “L’ARROGANZA E L’ATTESA. La Calabria che non si arrende. Editrice ZONA, 2008

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