Zagrebelsky:”Così si difendela laicità”

30 Gen 2009

“La religione è essenziale per la nostra esistenza, ma per vivere in società, tra di noi, non ne abbiamo bisogno”. La sintesi di Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, chiude l’intervento al convegno dal titolo “La laicità dal punto di vista dei laici”. Organizzato da Politeia e Università degli studi di Milano. La tavola rotonda che dura un’intera giornata nei saloni di Palazzo Greppi, a Milano, ospita tra gli altri anche Stefano Rodotà, autore del recente Perché laico (Laterza), Gian Enrico Rusconi e lo studioso di bioetica Giovanni Foriero, offre spunti di riflessione sui problemi etici nelle democrazie pluraliste, nel solco dell’impegno di Politeia..Il tema di Zagrebelsky è spinoso: “Come è accaduto che la Chiesa, pur esistendo oggi come istituzione che si rivolge ai fedeli, ma non all’universo mondo, non sia decaduta al titolo di associazione, una delle tante che esistono?”. Per una difesa della laicità occorre, secondo Zagrebelsky, rispondere a questa domanda. Tappa dopo tappa, in una sintesi che racchiude duemila anni di storia, l’autore di Imparare democrazia affronta “il passaggio cruciale della modernità, quello in cui la dottrina sociale della chiesa non si rivolge più alle anime, ma alla società”. Dice Zagrebelsky: “La Chiesa ha potuto esercitare la propria piena potestas per uno scopo dichiarato: salvare le anime”. Non c’entra l’ascetismo, la Chiesa, “sola dispensatrice di salvezza”, poteva, anzi, doveva intervenire e con forza anche nei confronti di chi esercitava un ruolo politico”.

Con la Rivoluzione francese, la svolta: “a quel punto la Chiesa che aveva la pretesa di parlare un linguaggio universale scopre di avere davanti a sé una società che non è più fatta esclusivamente di credenti”. La reazione sarà di ripulsa e di presa di distanza dai “demoni” della democrazia e del liberismo.
Si dovrà aspettare il ‘900 per un cambio di prospettiva. “Una nuova dottrina che non trascura i temi teologici, ma è preminentemente sociologica. Lo spostamento di interesse dalle anime alla società muta la cerchia degli interlocutori che si allarga dalla popolazione dei fedeli a tutti quanti hanno a cuore le buone sorti della civitas. Così la Chiesa torna a rivolgersi a tutti, anche ai governanti, senza presupporne l’appartenenza alla chiesa cattolica”. Indipendentemente dal senso politico e dall’indicazione della “terza via”, questo cambio di rotta è epocale e andrà rinforzandosi enciclica dopo enciclica. “Con Giovanni XXIII e Paolo VI si arriverà a comprendere l’intera umanità. Così si spiega il fiorire di scienze con aggettivo cattolico, dalla bioetica al giornalismo, intendendo che la Chiesa deve essere maestra in tutti gli ambiti dell’umano sapere”. Negli ultimi anni, si affaccia anche il tema del pluralismo. “Questo riconoscimento porta alla conseguenza che la verità cristiana deve essere oggetto di confronto, anche nella politica”. Ci vorrà l’attuale pontefice, Benedetto XVI, “per prendere coscienza della funzione insostituibile della religione: un ritorno all’antico, secondo la formula riportata da Varrone, nelle sue Antichità e criticata da Sant’Agostino, quella religione civile come pratica dei sacerdoti per la salute dei popoli”.

Una formula che sottintende un pericoloso assioma: “Le società basate sulla libertà non sono in grado di garantire le proprie premesse”. La religione civile dunque si scontra con le Costituzioni. Come si difende allora la laicità di uno Stato? La risposta per Zagrebelsky è scritta nella nostra Costituzione: “Dobbiamo lavorare per ripristinare la base della disciplina costituzionale, quella prevista dall’articolo 7 che dice che la società civile è una società perfetta, che dispone di tutti gli strumenti necessari a raggiungere i propri fini. Non riusciremo a difendere la laicità senza dimostrare che tutti gli elementi denunciati come debolezze della società – la ricchezza multiculturale, il pluralismo eccetera – sono invece proprio i suoi punti di forza”.

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