Se il futuro si mette in gioco con l’Expo

16 Dic 2008

Da un lato la necessità di uno strumento di governo del territorio, dall’altro le urgenze della politica. Tra queste due esigenze si muove e cresce la città del futuro. Nel terzo appuntamento del ciclo di incontri dal titolo “Quale Milano?”, il dibattito si concentra sul disegno di città in programma per i prossimi anni. “Destiny is density”, sintetizza Giovanni Oggioni, direttore del settore pianificazione urbanistica generale di Palazzo Marino che dopo un excursus storico tra i numerosi documenti che hanno tentato di far ordine nella pianta della città, cita l’esempio dell’ultimo “piano regolatore, firmato nel ’76, oggetto di 400 varianti”, per tentare di descrivere “il caos normativo che in realtà soprassiede al futuro di Milano e detta le regole di una metropoli che secondo l’Ocse conta già 7 milioni di abitanti”. Tra i relatori, Enrico Arosio, giornalista de L’espresso, Daniela Gasparini di MilanoMetropoli e Federico Oliva del Politecnico di Milano. Modera il dibattito, incalzando gli ospiti con domande, Simona Peverelli del Consiglio di Presidenza di LeG. Oggioni sciorina cifre: “Milano sopporta un traffico di 650 mila i veicoli in entrata e uscita ogni giorno, conta un milione e 300 mila abitanti residenti effettivi della city, il cuore cittadino, più 300 mila cosiddetti stabili, perché vivono di fatto lì, ma non sono residenti.

Se poi si allarga lo sguardo alla periferia, alla provincia, e poi oltre, verso i confini di quella che intendiamo come metropoli, il conto lievita fino alle cifre suggerite dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico”. Mostra progetti “a raggiera, dal centro verso la periferia, ma anche collegando un quartiere con l’altro, per valorizzare il verde diffuso”, son i raggi verdi, direttrici di sviluppo “che ampliano l’orizzonte della città, ma puntano a non consumare più suolo cittadino e a mantenere quindi la funzione agricola del paesaggio”. “Peccato che Milano andrà in tutt’altra direzione”, puntualizza Federico Oliva del Politecnico. Che spiega anche perché: “In Lombardia la legge urbanistica lascia una doppia scelta: seguire quello che una volta si chiamava piano regolatore o negoziare, secondo una concertazione, sulla base di un programma integrato di interventi. Tutti i cantieri avviati fin qui, da Santa Giulia, al Portello a Rubattino sono fatti con strumenti negoziali. Purtroppo, non c’è ordine, manca un piano: Londra ha 7 milioni di abitanti, ma per 30 municipalità; Parigi distribuisce i suoi tre milioni su 3 dipartimenti che equivalgono alle nostre province. Non ha senso fare un piano per una città di 18 mila ettari come la nostra”. La ricetta di Oliva è semplice: “Bisogna svuotare la città, fare Citylife in periferia. Milano è una piccola città densamente costruita, perché la politica, soprattutto dagli Anni ’80 in poi, è stata una politica di riempimento.

Ho fiducia nell’Expo, può essere una chance”.Poi è la volta della politica. Le prospettive cambiano quando interviene Daniela Gasparini, pd, amministratrice a tutto tondo con esperienze in comune, in provincia e ora a MilanoMetropoli. “Per i prossimi 10 anni mancano 240 mila alloggi in tutta l’area milanese”, dice, ma concorda con il quadro di Oliva: “A Cinisello Balsamo, dove sono stata sindaco, dal 1983, nulla è stato fatto che fosse in regola con il piano regolatore”. Gasparini trova che l’Expo sia un’occasione storica, lo spiega con un semplice confronto: “4 miliardi e 600 milioni i fondi necessari per la Pedemontana; 4 e 2 quelli stanziati per la grande esposizione del 2015”, e in questo senso legge “il tentativo di spingere i comuni dell’hinterland alla collaborazione”. Ripercorre le tappe di un cammino, almeno tentato, verso la costruzione di una metropoli, citando “il Tavolo Milano, dialogo tra governo, regione, provincia e comuni per le infrastrutture”, e ricordando “la struttura sovra comunale chiamata a gestire la crisi industriale degli Anni ’90, quando a Sesto San Giovanni la disoccupazione toccò punte dell’11 per cento”.Enrico Arosio, giornalista de L’espresso che segue con attenzione lo sviluppo dell’architettura e dell’urbanistica milanese, riporta la discussione sull’attualità e cita un aneddoto. “Di recente ho incontrato l’architetto olandese Koolhaas. Era qui a Milano, perché coinvolto in un progetto cittadino.

Gli ho chiesto che cosa ne pensasse di Milano e la sua risposta è stata: è una città senza glamour”. Una città che ha perso il treno della competizione con le sorelle europee su più fronti, secondo Arosio, “università, turismo, ricerca. Per non dire delle infrastrutture: metropolitana e sistema di trasporto urbano sono imparagonabili per esempio a quelli di Berlino o Vienna”. Il nodo : “Milano nella sua complessità, e pure quartiere per quartiere, non è riuscita a trovare una sua vocazione e non ha quindi un progetto di sviluppo sul tema”. L’incontro che si è svolto nella cornice di Villa Necchi Campiglio, di proprietà del Fai (Fondo ambiente italiano), ha chiuso il primo ciclo di conferenze organizzato da Libertà e Giustizia e curato da Stefano Pareglio, sul presente e sul futuro della città, tra emergenze e opportunità, campi nomadi e alta finanza, area metropolitana ed Expo 2015.
Il primo incontro: Milano, un futuro da metropoli
Il secondo incontro: Se nessuno decide sul volto della città

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