Ecco il piano della Pdl per stravolgere la Giustizia

30 Set 2008

In un’intervista alla Stampa, firmata da Francesco Grignetti, l’avvocato-deputato Niccolò Ghedini spiega la riforma della Giustizia che conta di realizzare entro l’anno prossimo. Sono in arrivo: separazione delle carriere, sdoppiamento del Csm, picconata all’obbligatorietà dell’azione penale tramite le «priorità» indicate da governo e Parlamento, ridimensionamento delle intercettazioni, autonomia della polizia giudiziaria, forse anche eleggibilità dei giudici onorari.
Sarà una «rivoluzione» e verrà nonostante tutto. «Il centrodestra ha la voglia e la forza di fare la riforma». L’avvocato-deputato Niccolò Ghedini non si nasconde la portata dirompente di quanto il centrodestra sta mettendo in cantiere sul fronte della giustizia. Non bastava il Lodo Alfano. Sono in arrivo: separazione delle carriere, sdoppiamento del Csm, picconata all’obbligatorietà dell’azione penale tramite le «priorità» indicate da governo e Parlamento, ridimensionamento delle intercettazioni, autonomia della polizia giudiziaria, forse anche eleggibilità dei giudici onorari. «Tra breve, i testi. Entro Natale auspico che almeno un ramo del Parlamento abbia approvato la riforma del Consiglio superiore della magistratura. Sarà il primo passo per la separazione delle carriere». Ghedini, ci racconti il Csm che verrà. «Prevediamo due Consigli superiori della magistratura. Uno per le funzioni inquirenti e l’altro per la giudicante. Ciascuno con la sua sezione disciplinare. Modificati anche nella composizione: un terzo dei membri scelto dai magistrati, un terzo dal Parlamento, un terzo dal Quirinale.

Come è per la Corte costituzionale». E chi li presiederà? «Difficilmente il Capo dello Stato potrebbe continuare a presiedere un Csm, o entrambi, considerando che nomina un terzo dei membri. Di nuovo, dovremo prendere a modello la Consulta che elegge da sé il suo presidente». Se però i pm dovranno scegliere chi li rappresenta in un Csm e i magistrati per l’altro, è implicita una separazione delle carriere. «Certo, la separazione diventerebbe un fatto automatico. A quel punto sarebbe più facile tornare alla primigenia riforma Castelli dell’ordinamento giudiziario». Addio riforma Mastella, dunque. «Oggi è prevista una blanda separazione delle funzioni. Noi invece vogliamo una separazione netta con concorsi separati». Berlusconi li chiama già «avvocati dell’accusa». «Guardi, il problema è dividere le mentalità più che le persone. Noi vediamo troppi giudici appiattiti sulle posizioni della pubblica accusa. Altro che unitarietà della giurisdizione, come dice l’Anm. Qui c’è l’unitarietà dell’inquisizione». Volete anche dare autonomia alla polizia giudiziaria, tornando alla situazione precedente il nuovo codice del 1989. «Molti si sono dimenticati di come lavorava la polizia giudiziaria prima dell’89. Era come adesso, ma con la possibilità di svolgere in più un’attività di indagine autonoma. Non si tratta di fare uno Stato di polizia oppure di mettere sotto il controllo dell’Esecutivo la polizia giudiziaria contro i magistrati. E comunque non credo che le forze di polizia meritino tanta diffidenza».

Volete mettere mano anche alla Corte costituzionale? «Nossignore. Non crediamo che ci sia necessità di alcun intervento. Ovviamente, essendo composta di uomini, risente anch’essa di orientamenti politici. A parte però qualche polemica, in questi cinquant’anni ha svolto un ruolo meritorio». Ghedini, non neghi che circola molta diffidenza nel centrodestra ora che la Consulta si appresta a esaminare il Lodo Alfano. «La diffidenza non è per la Corte costituzionale, ma per certa magistratura che vorrebbe vedere Silvio Berlusconi sempre nelle aule di giustizia anziché ad occuparsi dei rifiuti di Napoli o dell’Alitalia. E comunque sono convinto che la Corte riterrà il Lodo aderente al dettato costituzionale». Sulla strada della separazione delle carriere, arriverete al modello americano, dove i procuratori sono eletti? «Non penso. Il nostro procuratore rimarrà indipendente, accederà alla carriera per concorso, avrà meccanismi di tutela e di carriera svincolati dal potere politico. Al limite, si potrebbe pensare all’eleggibilità degli attuali giudici di pace. Magari estendendo i loro compiti, allargando la platea di reati di cui si occupano, quelli di minore peso, ma che preoccupano di più i cittadini. D’altra parte, già oggi la magistratura onoraria è altra cosa da quella togata».

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