Martina: il territorio, questo sconosciuto

17 Apr 2008

Da un lato Alessandro Amadori, il sondaggista di Coesis Research, dall’altro Maurizio Martina, il segretario regionale del Pd. Obiettivo: tentare un’analisi del dopo-voto, a caldo. L’invito, lanciato da LeG, ha raccolto l’entusiasmo di soci e sostenitori, ansiosi di capire meglio come e perché questa Italia si è consegnata al Popolo della Libertà. Al Caffè de’ Cherubini di Milano è Amadori che apre la serata: “Il Paese ha parlato eccome, con questo voto. Ha detto sostanzialmente che è stufo di filosofia e bei ragionamenti – che si ritrovano soprattutto nei politici di centrosinistra – e che preferisce la concretezza di programmi che forse parlano più alla pancia che al cuore degli elettori”. La comparazione tra i risultati di queste elezioni e quelli del 2006 sconcerta. Ma solo perché, spiega Amadori, opinion leader e anche alcuni sondaggisti hanno dato per scontato che non potessero esserci salti all’apparenza illogici, come quelli che invece hanno portato “elettori di sinistra a votare per la Lega Nord”.L’analisi politica del voto spetta a Maurizio Martina. “Il risultato uscito dalle urne è tutt’altro che scontato”, come va ripetendo da giorni, “qualcuno ha sognato un miracolo che non c’è stato, però sono molti i fattori che hanno contribuito: abbiamo pagato il prezzo dell’impopolarità del governo Prodi, dall’indulto alla Finanziaria, abbiamo trascurato il territorio e in alcuni casi sottovalutato avversari come la Lega che invece, proprio sul territorio hanno lavorato meglio di noi”.

Sull’altro piatto della bilancia Martina mette “una campagna elettorale coinvolgente. Abbiamo fatto un lavoro straordinario e, in poco tempo, siamo riusciti ad aprire varchi in realtà come Milano. In Lombardia, al suo battesimo elettorale il Pd è a ridosso del 30%: un dato che migliora molto il 22% ottenuto nel 2006 da Ds e Margherita, e quello dell´Ulivo che si fermò al 26%”.La strada insomma è quella giusta, il metodo ha dato credibilità, “anche se non ha convinto tutti, è ovvio”. La ricetta per il futuro sembra addirittura semplice: “Puntare su temi concreti, affrontando grandi questioni come il carovita, i salari, il sostegno alle imprese, il lavoro, l´innovazione… Abbiamo argomenti, idee e buone proposte per ognuno di questi temi. Dobbiamo stare legati alla quotidianità della gente e radicare il Pd nel territorio”.Molte le perplessità del pubblico stipato nella saletta del Caffè di piazza XXIV Maggio. Salvatore Bragantini lancia un altro tema sul piatto degli errori del Pd: “Forse abbiamo qualche responsabilità anche nella composizione delle liste, non abbiamo saputo interpretare i desideri degli elettori”; “Come mai non vi siete accorti della situazione nelle fabbriche? – chiede uno dei soci – eppure un sondaggio sulle indicazioni di voto tra gli operai, pubblicato qualche settimana fa, metteva tutto in evidenza con chiarezza”. E, ancora: “Parliamo di Lega come se fosse un modello da imitare, andiamoci cauti: per il mio modo di sentire e vedere, da sempre vicino al centrosinistra, non me la sento di sposare battaglie antimmigrazione o slogan contro i rom che infesterebbero le città come topi”.C’è anche una simpatizzante appena arrivata dalla Sicilia che avverte: “Riduttivo guardare solo alla Lega, da noi, in lista c’erano troppi impresentabili.

E’ stato difficile dare al Pd la preferenza”.

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