La rimonta

03 Mar 2008

I candidati del Pd regione per regione // Ieri, finalmente, a Prato, forse anche per l’emozione della grande folla che ha accompagnato il suo viaggio in Toscana, Walter Veltroni ha gridato: “Si può vincere, c’è la grande rimonta”. Premesso che l’Italia non è la Toscana, è difficile non vedere il consenso via via crescente che si sta formando attorno al Pd e alla sua nuova politica. Ed è un dato di fatto la profonda insicurezza di analisti e sondaggisti nel fare previsioni certe sul risultato finale: la fascia degli indecisi e degli incerti è ancora assai robusta così come è dubbio il risultato delle liste minori che per la prima volta si presentano da sole.
La campagna elettorale a poco più di un mese dalle elezioni entra nel vivo e sembra che la formazione delle liste non presenti questa volta più del solito la faccia sgradevole della politica: il segretario del Pd riesce ad ottenere molte delle novità che voleva e quanto alla Pdl poco interessa ai suoi militanti chi seguirà sulla scheda dopo il Grande Capo.
Si comincia dunque a guardare con un poco più di dati a disposizione il dopo elezioni, a come si concluderà questa partita. E se si deve dare ascolto a uno studioso fra i più competenti e che di solito ci azzecca, il professore Roberto D’Alimonte, lo scenario che si configura non è rassicurante. Il professore fa due ipotesi.

La prima è che Berlusconi vinca bene: 169 seggi al Senato “ma per farlo deve riuscire ad ottenere seggi oltre il premio in Lombardia (2), Veneto (1), e Sicilia (1) e deve vincere il premio anche in Liguria, e Marche lasciando al Pd la vittoria solo in Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata”. Potrebbe farcela, aggiunge d’Alimonte, se Sinistra, Udc-Rosa e Destra resteranno sotto la soglia dell’8% in molte regioni.
Ciò che fa paura è il commento che segue. Se ce la farà, spiega lo studioso “avrà risparmiato al Paese una grave crisi istituzionale in un momento molto difficile e avrà consolidato il bipolarismo italiano dando un contributo decisivo alla formazione di un grande partito della destra italiana”. Ma se non ce la farà a vincere bene, ecco cosa ci aspetta: una fase di grande incertezza e “forse una grande coalizione con nuove elezioni a distanza ravvicinata”. Insomma, stiamo ballando tra una vittoria forte di Berlusconi e una fase difficilissima da gestire, di convergenze e alleanze, su riforme istituzionali e leggi elettorali ancora assai diverse nonostante gli accordi e le intese sicuramente già intercorse fra i due schieramenti. “E tutto questo per una legge elettorale sbagliata che una classe politica irresponsabile prima ha approvato con leggerezza e poi non ha voluto correggere in tempo. E’ così che il governo del Paese è stato affidato a una lotteria che per di più potrebbe non avere un vincitore”.
Ci aspettano tempi difficili.

Per questo è fondamentale, a mio avviso, che gli elettori di centro sinistra non si rassegnino in anticipo a delusioni e aspettative mancate: la posta in gioco è molto alta e sarà importante battersi affinché si realizzi una situazione meno svantaggiosa possibile per tutti quanti.
Si possono poi fare alcune osservazioni aggiuntive: non è stato ancora calcolato fino in fondo il disastro del comportamento dell’Unione che, col governo zoppo derivato dalla situazione al Senato e con la divisione interna, non è riuscita a far passare riforme essenziali (legge elettorale), regolamento delle Camere, Giustizia più rapida, legge sul sistema radiotelevisivo, rafforzando le cosìdette anomalie italiane, anomalie rispetto a tutto il resto del mondo civile e moderno. Come abbiamo già detto in alcuni campi noi siamo davvero al medioevo.
Queste osservazioni mi vengono spontanee mentre colgo un possibile nuovo (o è sempre lo stesso?) imbarbarimento del quadro politico. La Lega continua nei suoi proclami indipendentisti, rispolverando Miglio e vecchi merletti. Bisogna sempre far finta di nulla e pensare che di folklore si tratti? O nel momento in cui ci si dovrebbe preoccupare di unire il Paese, combattere il divario storico fra Nord e Sud, Bossi e i suoi hanno avuto rassicurazioni da qualcuno che il loro federalismo fortissimo si può fare?
Vedo poi con una notevole preoccupazione i propositi di Pd e Pdl sul problema delle intercettazioni: non dicono esattamente la stessa cosa, ma quasi.

E cioè promettono entrambi al popolo italiano che ne sarà limitato l’uso, vietata la pubblicazione (Pdl) o che comunque saranno consentite ma la riservatezza dovrà essere assicurata (Pd). Sembra di capire che il partito di Berlusconi si proponga di adottare metodi assai duri nei confronti dei giornalisti e dei magistrati, i quali sarebbero comunque ritenuti responsabili della custodia e quindi della eventuale fuga di notizie. Il ricorso alle intercettazioni anche ambientali si è rivelato assolutamente indispensabile nelle più recenti indagini sulla mafia e sulla criminalità organizzata e sul terrorismo. Ma anche inchieste sulla pubblica amministrazione, sulla corruzione e su finanziamenti illeciti difficilmente, oggi, vanno avanti senza che gli inquirenti ricorrano abbondantemente a questo mezzo investigativo tecnologicamente avanzato.
In sostanza, tutti hanno saputo tutto di tutti. Cosa che avviene anche negli altri paesi dove la libera informazione riesce ad entrare in possesso di quasi tutto ciò che salta fuori durante una indagine. L’alternativa a una situazione di questo genere è che solo pochissimi sappiano tutto di tutti: e cioè che le intercettazioni rimangano nelle mani di chi intercetta (e di chi ordina di intercettare) e dei suoi amici più stretti, consegnando a un ristretto numero di persone un potere assai evidente (anche di ricatto) sulla folla degli intercettati. Un’altra prospettiva inquietante.
In questa situazione così delicata, dal punto di vista istituzionale, molto si discute su “destra” e “sinistra”, sul “centro”, sui “laici” e sui “cattolici” come sia l’Italia, su cosa vogliono gli italiani.

Tutti esprimono certezze, con una spavalderia che mi resta difficile spiegare. Io vedo un Paese che spera sì nel nuovo, un nuovo che non appare più impossibile. Ma la mèta è così lontana, e la terra trema davvero sotto i passi di chi la vuole raggiungere. Insomma sarà il caso di mettercela tutta e di non scherzare col fuoco: una volta di più, nella nostra storia.

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