Oltre Caserta

10 Gen 2007

“Proprio adesso che avremmo dovuto uscire dal chiuso, dedicarci a spiegare il buono che c’è nella finanziaria, in giro per le città, nei dibattiti pubblici, perché c’è qualcosa di buono nella finanziaria, siamo invece costretti a rinchiuderci nelle sezioni e cominciare a preparare il congresso di aprile. Ma così, a maggio, perderemo le elezioni amministrative…”, dice un’ amica parlamentare, una fra i tanti che in questi giorni parlano e non nascondono la forte tensione, la preoccupazione per un futuro incerto. Guardano a questo inizio di 2007 percependo il problema posto dal distacco repentino dalla politica, dalle delusioni per la manovra economica. Riforme e crescita sono insieme invocate e temute, proprio in vista di quella tornata di amministrative che porterà più di 11 milioni di italiani al voto. Non tutte le riforme o ciò che serve alla crescita sono popolari, non tutte porteranno a riconfermare la fiducia al centro sinistra. Così come il non fare sarebbe visto male e altrettanto male giudicato.
Allora? E’ questo l’incubo che comincia a prospettarsi nei partiti di centro sinistra, oltre i problemi della legge elettorale, del referendum, del partito democratico, della collegialità del governo, oltre le priorità della fase 2. Un incubo che relega la grandiosità di Caserta a scenario di secondo ordine, teatrino di provincia. Sanno nel centro sinistra che se fra quegli 11 milioni molti sceglieranno di starsene a casa e altri voteranno a caso, a seconda della simpatia dei candidati ( a questo portano delusione e distacco), il governo non reggerà alle conseguenze della sconfitta.

Sanno che si aprirebbero due scenari: o tutti a casa o un nuovo governo di garanzia col compito di far varare una nuova legge elettorale.
Corriamo troppo? No, cerchiamo semplicemente di ragionare guardando realisticamente oltre Caserta: nel senso che con questo appuntamento in Reggia la coalizione di maggioranza deve avere ben chiaro la posta in gioco. Ognuno bisogna che entri nel ruolo che finora ha spesso cercato di scansare. Soprattutto sforzandosi di dare al malessere riscontrato fra tanti militanti e semplici elettori una risposta seria e non un’alzata di spalle.
Legge elettorale e referendum: molti avevano pensato che la proposta Guzzetta – Segni potesse essere un incitamento efficace al governo e al Parlamento per fare una nuova legge. Invece da un po’ di tempo a questa parte anche chi aveva qualche dubbio ha capito che il referendum viene agitato non come un mezzo, ma come un fine: andare cioè a votare proprio con quella legge elettorale “riscritta” dal referendum, col premio di maggioranza consegnato non alla coalizione vincente (come è oggi) ma alla lista vincente, cioè non un passo avanti, ma uno indietro o nella migliore delle ipotesi una brusca frenata. Insomma, l’occasione di avere una legge elettorale saggia e democratica, che non incoraggi la frammentazione e consenta di governare rispettando la volontà degli elettori, persa un’altra volta. Si è creata infine attorno a questo referendum una tale dose di ambiguità da consigliare di starne alla larga.

Forse anche questo andrebbe spiegato ai cittadini che guardano attoniti ai giudizi severi sul referendum contraddetti dalla presenza nel comitato di rappresentanti dei leader del centro sinistra.
Infine la questione Nicola Rossi. Certo non può essere un affare di Stato se un iscritto non rinnova la tessera. Ma diventa un affare di Stato se le motivazioni sono gravi e definitive come quelle espresse da Rossi. I giudizi sulla qualità della politica, sulla fragile base su cui si sta facendo nascere il Partito democratico non possono essere scartati come la ripicca di qualcuno che ha altre mire. Accostiamo il suo disamore a quello di tanti altri, e vediamo se per caso hanno qualcosa in comune. In questo caso bisogna avere il coraggio di dire che la vicenda è maledettamente seria. E il lavoro, oltre Caserta e in vista delle amministrative, terribilmente difficile.

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