La politica fa i conti con l’etica

22 Set 2006

Il compito che mi è stato assegnato riguarda i modi, i metodi e la mentalità con i quali conviene avvicinarsi ai temi eticamente sensibili, come oggi si usa indicare gli argomenti della bioetica (della vita dal concepimento alla sua fine), della famiglia e dei comportamenti rilevanti per la c.d. questione antropologica.Premetto che su questi temi si discute in Italia da molti anni, ma in contesti di maggiore o minore tensione polemica. Così il clima era più temperato quando una commissione ministeriale presieduta dal Prof. Busnelli, apprezzato civilista, affrontò un progetto per regolare la procreazione medicalmente assistita.Ben diversa era invece l’atmosfera in cui questa materia venne discussa nelle Camere della tredicesima e quattordicesima legislatura: essendo Presidente del gruppo del Partito Popolare al Senato dal 1996 al 2001, ho un ricordo davvero negativo dell’asprezza nel dibattito svoltosi a Palazzo Madama, nel quale fu bloccato l’iter del disegno di legge già approvato dalla Camera. E’ superfluo aggiungere che le contrapposizioni polemiche si sono acuite in occasione del referendum sulla legge n. 40/2004. Oggi alcune prese di posizione di fonte cattolica dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) alludere ad una considerazione più pacata dei problemi coinvolti. Così, nella sua prolusione ai lavori del settimo Forum del Progetto Culturale (2 dicembre 2005), il Presidente della CEI Cardinale Ruini dichiarava: “Bisogna superare, a livello pratico, lo stallo nato dalla contrapposizione tra i sostenitori e gli avversari del relativismo, affidandosi al libero confronto delle idee e rispettando gli esiti democratici pure quando non possiamo condividerli”.

Mi pare che questo atteggiamento corrisponda a quello espresso dall’allora Cardinale Ratzinger nel dialogo con Jürgen Habermas svoltosi a Monaco di Baviera nel gennaio 2004. In questa circostanza il futuro Papa esprimeva tra l’altro questo non convenzionale giudizio: “Il diritto naturale è rimasto, soprattutto nella Chiesta cattolica, la figura argomentativa con cui essa richiama alla ragione comune nel dialogo con le società laiche e con le altre comunità di fede e con cui ricerca i fondamenti di una comprensione attraverso i principi etici del diritto in una società laica e pluralistica. Ma questo strumento è purtroppo diventato inefficace, e non vorrei basarmi su di esso in questo intervento. Il concetto del diritto di natura presuppone un’idea di natura in cui natura e ragione si compenetrano, la natura stessa è razionale. Questa visione della natura, con la vittoria della teoria evoluzionista, si è persa”. Ai nostri fini, aggiungeva il Cardinale, non basta la formula di Ulpiano secondo cui «jus naturae est quod natura omnia animalia docet», perché dobbiamo individuare “gli specifici doveri che la ragione umana ha creato per gli uomini”; questioni alle quali “non si possono fornire risposte senza la ragione”. E il Cardinale concludeva su questo punto: “Come ultimo elemento del diritto naturale, che vuole essere il più profondamente possibile un diritto razionale – almeno nell’età moderna – sono rimasti i diritti umani” da integrare, forse, con una dottrina dei doveri e dei limiti umani.Questa lunga citazione, completata con la considerazione di Ratzinger secondo cui il discorso sui diritti umani andrebbe oggi interpretato interculturalmente, tende a distinguere la rigidezza del giusnaturalismo tradizionale dalla razionalità storicamente esercitata per la valorizzazione dei diritti umani.Premetto anche che spetta a tutti i democratici il dovere di non risuscitare gli storici steccati abbattuti già in epoca degasperiana; è vero che allora ci si riferiva soprattutto ai rapporti tra Stato e Chiesa, ma oggi gli steccati non devono frapporsi nemmeno tra cattolici e “laici”, tanto più che molti tra questi non contestano ormai la presenza ecclesiale al di fuori della sfera privata dei credenti.

D’altra parte la contrapposizione indiscriminata invece di favorire una sana trasversalità all’interno delle diverse forze politiche si presterebbe a strumentalizzazioni di schieramento non ignote all’esperienza politica della storia italiana (dal gentilonismo al clericofascismo). Si può aggiungere che non conviene alla democrazia privarsi della ispirazione cristiana di autentici democratici, come già anticipava l’intuizione di Tocqueville, e come insegna l’esperienza storica di Ozanam, di Sturzo e di De Gasperi.Entrando più nel merito bisogna peraltro prendere atto delle distanze innegabili che dividono, a tutt’oggi, posizioni e tesi cattoliche da quelle affermate negli ambienti che, convenzionalmente, continuerò a qualificare laici; basti pensare proprio alla tutela dell’embrione, oggetto di notori contrasti, i quali, a giudizio di alcuni, coprirebbero una divergenza profonda tra “provvidenzialisti” (o rassegnati alla “lotteria genetica” o più semplicemente al caso) e “interventisti”, disponibili a ricorrere a misure terapeutiche per prevenire previste malformazioni o malattie ereditarie (penso alle esperienze straniere a proposito di danno da procreazione o alla violazione del c.d. diritto di non nascere). E’ significativo poi che il programma dell’Unione non entri (saggiamente) nella questione antropologica, limitandosi a prevedere situazioni giuridiche positive per “le persone che fanno parte delle unioni di fatto”. Questo saggio silenzio indica però il lavoro che bisogna compiere insieme per giungere a soluzioni ragionevoli e condivise (o meglio, condivise perché ragionevoli).

Le difficoltà che presenta il conseguimento di questo obbiettivo non devono peraltro spingere ad un atteggiamento di evasione. Può darsi che alcune questioni (ad es. per il livello inadeguato della ricerca scientifica) siano da ritenere non decidibili, o meglio sottratte alla regolazione normativa; è noto che uno dei più illustri civilisti italiani, Pietro Rescigno, ha espresso l’opinione che in materia di procreazione assistita fosse sufficiente l’intervento della magistratura, avendo questa in alcuni casi controversi fatto prevalere il principio di autoresponsabilità del soggetto.Tuttavia per una serie di motivi, che non è possibile qui esaminare, ci sono situazioni in cui diventa inevitabile ricorrere alla legge, come si è già constato nella esperienza di altri paesi. Inoltre, quando si prova a costruire un nuovo partito sulla scia della composizione di gruppi parlamentari unitari – com’è nel caso dell’Ulivo – è giusto prepararsi con confronti seri ed impegnativi, specie se è in giuoco il rapporto tra scienza, etica e politica. Ciò non esclude l’ipotesi del ricorso, come extrema ratio, al voto di coscienza in particolarissime circostanze; ma di norma, pure su questi temi, un partito dovrebbe assumere un atteggiamento unitario, anche perché nelle Camere attuali non si danno le condizioni di un voto individuale di coscienza, incombendo il voto di schieramento nel centro-destra (come dimostra la prassi della quattordicesima legislatura caratterizzata da evidenti strumentalizzazioni).

Naturalmente, tentazioni e deviazioni di questo tipo potrebbero prodursi anche in altre formazioni parlamentari.Ove risulti necessario impegnarsi nella formazione di leggi nelle materie sensibili, si possono indicare alcune avvertenze o caveat.Non possiamo a tutt’oggi fare affidamento su sicure pronunce degli organi dell’Unione Europea, perché per ora troviamo solo orientamenti di forti minoranze, e non già deliberazioni di maggioranza, specie nel Parlamento europeo (come esattamente ricorda F. Rutelli nella conferenza pubblica del 3 giugno 2005 alla vigilia del referendum). Peraltro, ciò non impedisce di attingere ad esperienze legislative di Stati dotati di Costituzione affine alla nostra. In tema di tutela degli embrioni, ad esempio, la Repubblica federale tedesca ha prodotta una legge molto seria (che può consultarsi con profitto come pure la giurisprudenza del Tribunale Costituzionale di Karlsruhe).E’ opportuno ricordare che c’è una forte affinità tra Legge Fondamentale germanica (art. 1) e Costituzione italiana (artt. 2, 3, 35 e 41) a proposito della dignità della persona e del suo valore.Un secondo caveat si può trarre dall’insegnamento di Aldo Moro, il quale nel suo discorso al Consiglio nazione D.C. del dopo-referendum 1974 sul divorzio, così ammoniva, riferendosi a rilevanti settori di opinione pubblica: “[tali settori] sono ora ben più netti nel richiedere che nessuna forzatura sia fatta con lo strumento della legge, con l’autorità del potere, al modo comune di intendere e disciplinare, in alcuni punti sensibili, i rapporti umani.

Di questa circostanza non si può non tener conto, perché essa tocca ormai profondamente la vita democratica del nostro Paese, consigliando talvolta di realizzare la difesa di principi e valori cristiani al di fuori delle istituzioni e delle leggi, e cioè nel vivo, aperto e disponibile tessuto della nostra vita sociale”. Evidentemente Moro sconsigliava l’abuso del principio di maggioranza in sede parlamentare – ed anche in sede referendaria – rimettendosi in casi dubbi al comportamento dei cittadini; tanto più, si potrebbe aggiungere, se in quelle sedi è da temere un uso politico del sentimento religioso.Un’altra avvertenza deriva dal principio di laicità, affermato come principio supremo del nostro ordinamento nella sentenza Corte cost. n. 303 del 1989 e strutturato sui valori richiamati negli artt. 2, 3 e 19 Cost., insieme con quelli degli artt. 7, 8 e 20 Cost. Sebbene questo principio presenti qualche difficoltà di applicazione, è chiaro che una sua dimensione centrale è costituita dalla eguale libertà di tutte le confessioni religiose (art. 8, primo comma, Cost.): è quindi da evitare in sede legislativa la trasposizione meccanica di soluzioni di derivazione confessionale che si impongano agli appartenenti ad altre confessioni costituendo una lesione della loro libertà.Un ulteriore caveat riguarda la coerenza del sistema legislativo da considerare tota lege perfecta: ad esempio, sarebbe incongruo tutelare maggiormente l’embrione rispetto al feto.Quanto all’effettività delle norme da adottare con legge o con atto avente forza di legge deve essere valutata, entro certi limiti, la probabilità della loro osservanza o viceversa la eventualità della loro inosservanza o aggiramento: esempio classico il c.d.

turismo procreativo, fuori dell’Italia. Ho detto: entro certi limiti, perché questa preoccupazione, se estremizzata, rischia di provare troppo. Infatti la possibilità di evasione nei paradisi fiscali non impedisce che vengano mantenute in vigore le norme tributarie non osservate in quelle zone franche.Un tentativo serio di confronto ed anche di soluzione condivisa si è avuto al Senato a proposito della posizione italiana sul 7° programma quadro di attività comunitaria di ricerca e sviluppo tecnologico: il gruppo dell’Ulivo ha elaborato un testo che prevedeva ricerche le quali non implicassero la distruzione di embrioni, verificando altresì la possibilità di ricerca sugli embrioni crioconservati non impiantabili. A questa proposta, approvata dal Senato, si è accompagnato un dialogo di grande interesse tra il Senatore Andrea Ranieri e la Senatrice Paola Binetti, contenuto nel fascicolo Scienza e politica: la forza del confronto, pubblicato in questo mese di settembre dal gruppo senatoriale dell’Ulivo. Sfugge alla mia comprensione il perché dall’accoglienza né onesta né lieta riservata alla senatrice Binetti nel meeting riminese di Comunione e Liberazione. Per me rimane vero che nel dialogo tra cattolici e laici la senatrice Binetti ha compiuto un meritorio lavoro di traduzione, ovvero ha proposto le “verità religiose” in termini e modalità che fossero comprensibili anche a coloro che partivano da un altro punto di vista (così si esprime il senatore Ranieri).


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