La mummia della stabilità

10 Ago 2005

Una volta, quando le cose andavano male e i presidenti del consiglio non riuscivano più a tenere insieme i partiti (spesso erano cinque o giù di lì) che formavano il governo, o quando si formavano gravi e imprevedibili crisi di qualunque genere, essi salivano al Quirinale e insieme al presidente della Repubblica prendevano in considerazione alcune ipotesi. Aggregavano altre forze politiche, oppure cercavano voti in parlamento, oppure si facevano brevi governi istituzionli col compito di traghettare il Paese al voto, oppure si scioglievano le Camere.
C’erano crisi lampo e crisi guidate, c’erano crisi che duravano a lungo fin quando le correnti democristiane non avessero trovato soddisfacenti equilibri al loro interno.
Insomma, il sistema aveva al suo interno degli anticorpi che consentivano di non precipitare mai in situazioni irrimediabili. Allora molti dicevano che così non si poteva andare avanti perché mancava la stabilità e c’erano troppi governi e il capo del governo non aveva i poteri necessari a governare. Era un pianto e un lamento. La parola “stabilità” era invocata come vergine miracolosa, e non ci si rendeva conto che la stabilità allora era rappresentata da Istituzioni forti, forti riferimenti politici, forte divisione dei poteri, forti Parlamenti e forti parlamentari.
Poi sappiamo tutti cosa accadde. Col crollo del sistema dei partiti e con il loro contare ormai pochissimo, quel che ne restava non fu più in grado né di rappresentare la continuità con qualcosa di valido, né di difendere le istituzioni da picconate di varia natura e di varia provenienza.

Il governo Berlusconi cadde dopo pochi mesi e il governo Prodi fu sostituito dal governo D’Alema. Nacque il termine di “ribaltone” e ad esso fu conferita una caratterizzazione talmente negativa da sconfinare nel reato di ignominia politica. Cambio di maggioranza senza elezioni? Reato di lesa volontà popolare.
Diciamo subito su questo punto che una volontà popolare registrata solo ogni cinque anni non può essere fatta valere in quanto tale da nessuno. Anche negli Stati Uniti dove il Presidente è praticamente inamovibile, esistono le mid term elections con le quali è agevole capire se un mutamento profondo di orientamento c’è stato oppure no e i presidenti tengono conto, pur non essendo obbligati, dai cambiamenti nella pubblica opinione eventualmente registrati.
Guardiamo ora cosa sta accadendo in Italia. Mi pare che stiamo vivendo in una situazione assurda, al limite dell’anarchia. Assurda e pericolosissima. Crisi di natura diversa e di diversa provenienza si sono incontrate e ammucchiate l’una sull’altra in una sorta di nodo scorsoio che rischia di soffocare lo Stato e le sue strutture democratiche. Ma niente può muoversi: siamo in una paralisi volta all’indietro, scusatemi questa immagine. Siamo fermi perché non possiamo muoverci ma in realtà giorno dopo giorno la situazione peggiora. E’ il nodo di tante storture denunciate ma rimaste irrisolte. E’ l’abbraccio fra crisi morale e di legalità, crisi economica, crisi istituzionale, crisi politica.

E’ una terribile crisi dell’informazione scritta, se la scalata al Corriere avesse successo, dopo la crisi dell’informazione televisiva. E’ la crisi della Banca d’Italia. E’ la crisi di credibilità delle forze politiche che ci governano. E’ la difficoltà dell’opposizione ancora a farsi sentire. E’ il degrado del Paese che non si riesce a fermare.
Che fare? In altri tempi, dicevo, una situazione del genere avrebbe già generato un governo diverso, forse alleanze diverse. Oggi tutto è paralisi. Ingessato il Parlamento, bloccata la maggioranza agli ordini di un padrone che ha reso anomalo tutto ciò che ha toccato.
Oggi ci rendiamo conto della differenza che corre fra stabilità e governabilità, oggi tocchiamo con mano come potrebbe essere pericoloso un futuro sistema se non abbiamo il coraggio di correggere alcuni luoghi comuni che purtroppo sono approdati anche in alcune zone del centro sinistra. Sappiamo cosa prevede la riforma della Costituzione di Berlusconi: lo scioglimento delle Camere è nelle mani del Premier, il Parlamento ubbidisce e basta, e se si azzarda a cambiare gli equilibri votati tanti anni prima si va alle elezioni.
Non credo che questa sia una soluzione moderna, come vogliono farci credere. In tempi sempre più tumultuosi, in cui grandi avvenimenti premono e saperli governare appare un compito immane, mi dite voi perché mai si debba impedire un cambio di guida rapido, impedire ai deputati e senatori che essi, sì, rappresentano la volontà popolare, di aggregarsi attorno a una formula diversa, che assicuri la governabilità e dunque la stabilità? Perché non andare rapidamente a elezioni anticipate prima che il disastro sia assolutamente irrimediabile?
In certi casi la stabilità, cioè l’imbalsamazione dello status quo, appare un robusto organismo ma è solo una mummia.

La peggiore delle sciagure.

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