Non nominare il Male invano

28 Gen 2005

Mi viene fatto spesso di chiedermi perché di questi tempi si parli tanto di odio. Per condannarlo, certamente, ma anche per incolpare gli avversari politici di averlo a cuore, di agire ispirandosi a questo sentimento che non fa onore a nessuno.
Ed ecco dunque che una parte della sinistra viene accusata da sinistra di odiare Berlusconi e dunque di farne un vero e proprio demonio e con questo di perdere voti, o quantomeno di rallentare la gloriosa corsa alla vittoria che altrimenti sarebbe garantita.
Quasi contemporaneamente, Berlusconi definisce gli oppositori il Male, riservando per sé, ovviamente, il compito di impersonare il Bene assoluto: ipirandosi a un sentimento che, se non è di odio, è pura follìa.
La prima domanda dunque riguarda il centro sinistra e comunque quell’ala radicale che vien detta estremista. Qualcuno odia il Cavaliere? In questi anni mi è spesso capitato di misurare (si fa per dire) il grado di rifiuto del personaggio Berlusconi e della sua politica. Devo dire sinceramente che i più duri nei suoi confronti mi sono sembrati quegli individui miti che un tempo militavano in partiti liberali, il Partito Liberale, appunto, o in quello di Ugo La Malfa. Essi non sopportano l’appropriazione che giudicano indebita di parole e temi che erano parte del loro lessico e della loro politica. Non sopportano di vederli trasformati nel loro opposto e sfruttati nel nome d’un’apparente politica liberale e innovativa. Da questo sentimento di furto, di invasione di campo è nata una vera e propria ripulsa.

Qualcosa che investe anche la sfera della decenza e della cultura: Berlusconi, in questo senso, è inviso perché “imbroglia“ le carte della politica e compie operazioni culturali che colpiscono una nobile tradizione liberale e democratica. Riscrive la Storia. La stessa area è quella più preoccupata per lo strazio delle garanzie istituzionali compiuto dal Cavaliere e per le ferite al principio di giustizia ed eguaglianza.
Altri radicali oppositori di Berlusconi si trovano nell’interno del vecchio mondo cattolico, mossi da sentimenti di rifiuto per la scarsità di senso ”morale” della vita.
Ma tutti questi, odiano il Premier? Oppure, lo disprezzano e lo combattono come capo del governo per le cose che dice e quelle che fa?
Odio, in italiano, è una parola forte.
Andrebbe riservato alle cose grandi, ai grandi momenti tragici della storia. E quando Berlusconi parla dei suoi avversari come del Male, cosa vuol dire? Che li odia davvero in quanto comunisti, o che finge odio per guadagnare consensi?
Il dibattito politico non si ferma qua. Gli esperti di politica infatti sono d’accordo nel dire che la sinistra sbaglia a “demonizzare” il Cavaliere, e che questo atteggiamento non porta voti. Eppure, gli stessi spiegano che il Cavaliere ha radicalizzato lo scontro col centro sinistra, con quei riferimenti, appunto, al Male, agli angeli, e così via, proprio perché lo scontro rende e in questo momento i sondaggi gli dicono che sta perdendo terreno.

La lotta contro il Male e la guerra di civiltà contro il comunismo, dunque, per vincere le elezioni.
E qui le mie riflessioni s’ingarbugliano. Non ho risposte. Ma qualche raccomandazione da fare ai soloni che sanno sempre tutto. Forse, la politica e i valori che muovono gli uomini sono qualcosa di più complesso di quanto si creda. Odio e amore, chi li conosce davvero?
L’importante giornata che ha visto ad Auschwitz i potenti della terra sotto un gelido nevischio, in quello scenario bianco e grigio trafitto dal fischio del treno, deve farci pensare che non si deve mai nominare il Male invano.
Il Male è quello e quel che ha significato. Esso può avere per tutti noi dei riferimenti alti, a partire da qualunque sofferenza inflitta in nome della razza.
Non nominiamo invano il Male e non parliamo a vanvera di odio. Quanto al Premier, se vuole proprio incitare i suoi all’odio contro i comunisti, faccia un piccolo sforzo di memoria e qualche volta si ricordi anche del fascismo e del nazismo. E lasci stare le stragi del Ventesimo secolo: non si addicono né alla campagna elettorale né alla sua scarsa conoscenza della storia.

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