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Sono immagini storiche, quelle che abbiamo visto ieri davanti ai Palazzi di Giustizia di tutt’Italia, da Roma a Napoli, da Genova a Milano, da Trieste a Palermo: magistrati e magistrate, la Costituzione in mano, la coccarda tricolore appuntata sulla toga, scesi in sciopero per difendere la Carta nata dalla Resistenza, per dire no alla riforma della Giustizia voluta dal governo. Immagini di cui molti italiani non hanno avuto notizia, perché il servizio pubblico le ha oscurate addirittura nell'edizione più vista, quella delle 20, come hanno scritto in un durissimo comunicato il cdr del Tg1 e Usigrai.
Non è più tempo di subire, occorre prendere la parola. Lo stanno facendo in molti, in tutto il Paese. 29 docenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Brescia hanno parlato di «una stagione preoccupante per la tenuta della democrazia costituzionale in Italia», denunciando in un appello i risvolti autoritari del ddl “Sicurezza” e del disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati. Lo hanno fatto le istituzioni di un piccolo Comune del milanese, Buccinasco, incassando il dietro-front ministeriale sulla grottesca pretesa di mettere all’indice un libro sulla Costituzione regalato ai bambini di una scuola elementare, perché accusato di ideologia “gender”.
È ora di opporsi alla stretta sull’informazione, sui linguaggi, sulla libertà di espressione e manifestazione. Ed è ora di riprenderci democrazia e partecipazione. Lo faremo anche noi di Libertà e Giustizia, con un convinto impegno nella campagna per i sei referendum sul lavoro e sulla cittadinanza prossima a partire, e con un progetto per la costituzione di un Osservatorio Autoritarismo di cui vi diremo a breve.
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