Non era prevedibile che il neo segretario del Pd si assumesse il ruolo di portavoce del Cavaliere. Lo ha invece dichiarato candidamente egli stesso quando ha detto:”Io avrei voluto reintrodurre nella legge elettorale le preferenze, ma Lui non ha voluto!”.
Ed ora forse meglio si comprende quell’inverosimile “ringraziamento” al Cavaliere per essersi presentato di persona alla sede del Pd. E’ forse la prima volta nella storia della lotta politica in Italia – per adottare il titolo del bel libro di Alfredo Oriani – che un capopartito si attiene agli ordini del partito avverso. Non paia eccessivo dire “si mette agli ordini – giacché la questione delle preferenze non è solo rilevante in sé nonché rivelatrice della cultura e forma mentis anti-liberale del cavaliere, ma si è trasformata, grazie al niet di lui accolto supinamente dal neosegretario del Pd, in uno schiaffo alla Consulta.
Quale regalo maggiore poteva farsi a chi da vent’anni martella contro la magistratura di ogni ordine e grado?
La gravità di quel che è accaduto potrebbe forse indurre il Pd a riconquistare la propria dignità, dopo aver raggiunto il punto più basso della sua parabola nel momento in ha affidato a un indistitnto gruppo di elettori di ogni provenineza l’elezione del proprio segretario politico. Prima che sia troppo tardi e la struttura stessa di quel partito venga travolta dopo essere stata umiliata.
Si è detto da ultimo che, nell’ambito dell’indistinto elettorato cui è stato affidato il compito di scegliere il segretario politico del Pd, un apporto rilevante sia venuto – proprio grazie alla candidatura del sindaco di Firenze – dagli elettori “cinque stelle”, e che ciò vada salutato come un positivo allargamento della (futura) base elettorale del Pd. A questo punto – ammesso che la cosa risponda a verità – quei (futuri) voti sono già persi. L’operazione di svendita della segreteria si è dunque risolta rapidamente in una perdita secca.
Osservò Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere, riflettendo sulla lotta politica non soltanto italiana tra Otto e Novecento, che in realtà – prima del profilarsi del movimento operaio organizzato – i partiti non erano che un unico partito suddiviso in correnti più o meno concorrenti e orientate – egli precisava – da “una forza direttiva superiore””: che potrebbe essere talvolta anche un grande giornale in quanto portavoce accreditato e rispettato delle forze dominanti della società.
Forse siamo arrivati daccapo a quel punto.
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