Hanno un che di abissale i tonfi sordi del cuore; e son convinto che non comprenderemo mai appieno quell’intensificarsi del battito che si produce all’apparire del pericolo.
Questo misterioso battito, tuttavia, appare non volersi placare nel petto della Repubblica. Un cuore ancora romantico il quale, abituato alle tempeste di una politica che, in fondo, da sempre l’ha avversato, teme il proprio definitivo arresto ad opera di un colpo mortale.
L’attuale maggioranza di governo, impersonata da Silvio Berlusconi, non ha alcuna intenzione di modificare la Costituzione italiana; Silvio Berlusconi e il suo partito vogliono decisamente istituire una costituzione nuova.
La volontà in tal senso è chiara; la direzione della iniziativa politica univoca.
La modifica della Costituzione è il suo fisiologico aggiornamento, al fine di declinare nel modo più adatto i principi e valori che la costituiscono in coerenza con il passare del tempo. Le istituzioni descritte nella sua seconda parte non sono altro che un insieme di strumenti al servizio dei principi e valori espressi nella prima. Per conto mio, potrebbe essere modificata completamente l’ architettura istituzionale purché sia dimostrato che la nuova meglio saprebbe assolvere alla funzione ancillare e servente che le è propria.
La sostituzione di una Costituzione con un’altra, invece, è la riforma dei principi e valori che la costituiscono e può avvenire in modi assai diversi. Potrebbe realizzarsi, per esempio, lasciando immutate le istituzioni o attraverso la riforma completa di esse, non importa la modalità, quel che conta è che i principi e i valori al servizio dei quali tali istituzioni si troverebbero ad operare sarebbero altri e profondamente diversi.
Non credo che la Costituzione della Repubblica debba essere eterna, per quanto essa stessa affermi la propria immortalità, tuttavia ritengo che se la si vuol cambiare per farne una nuova si debbano utilizzare i mezzi idonei.
È nel momento della scelta dei mezzi che si rivela la natura della Costituzione, una natura peculiare rispetto alle altre leggi, che impone circospezione e prudenza a coloro che vogliano mettervi mano.
Prudenza, perchè potrebbe accadere che interventi incauti da parte della maggioranza di governo portino alla dissoluzione del patto sociale rappresentato dalla Costituzione della Repubblica; in modo che azioni politiche le quali a tutta prima era apparse solamente imprudenti si trasformino in atti rivoluzionari.
In un mondo in cui nessuno è in grado di farsi interprete di verità universali o divine è necessario, sempre, risolvere i problemi attraverso la persuasione e l’accordo. Nel nostro mondo di semplici esseri umani nessun uomo può nemmeno immaginare di imporre la propria volontà su quella di un altro senza che questi non vi abbia in qualche modo acconsentito.
Tuttavia noi uomini, seppure così diversi, viviamo in società e lo facciamo per un’infinità di motivi; viviamo insieme e dobbiamo farlo secondo delle regole, perché si è deciso di rinunciare alla forza come strumento di soluzione dei conflitti.
Ed ecco il tema: qual è la ragione, se esiste, per la quale un uomo è tenuto ad obbedire alla volontà di un altro uomo?
La ragione sta in ciò: si è fatto un accordo, un contratto o una Costituzione. Persone libere hanno scelto, in modo cosciente o inconsapevole, di rinunciare alla loro piena libertà e di sottostare alla volontà di altri. Le ragioni di questa rinuncia possono essere le più diverse, tra esse la più comoda era quella consistente nella volontà di un dio, ma purtroppo un mondo così semplice e perfetto sembra, per ora, tramontato. In quelle società che intendono darsi la forma di democrazie liberali, invece, la rinuncia avviene in cambio di una garanzia. Una garanzia di metodo e cioè che le decisioni saranno adottate secondo il principio di maggioranza; e una garanzia di merito ovvero che qualunque sia la maggioranza coagulata intorno ad una determinata deliberazione essa non potrà eccedere il perimetro rappresentato da una serie numerata di libertà inviolabili. Inviolabili, certo, a meno che non si voglia andare oltre l’accordo originario.
Nella nostra Repubblica e nella sua Costituzione l’accordo è chiaro e le garanzie precise. I rappresentanti eletti in parlamento ed il governo depositario della fiducia di quest’ultimo possono decidere anche per coloro che fanno parte della minoranza. La cosa è semplice e legittima: i cittadini che sono parte della minoranza hanno accettato per via del patto rappresentato dalla Costituzione di sottoporsi alla volontà della maggioranza. È questa la ragione per la quale io, che, oggi e da sempre, faccio parte di una minoranza sono ben disposto ad adeguarmi alla decisione dei più proprio perché io stesso vi ho acconsentito. Il governo attuale è il mio governo ed io lo riconosco come mia guida.
Il problema emerge quando di un contratto si violano le clausole essenziali dando luogo alla sua risoluzione. È quello che sta avvenendo.
Nemo alteri stipulari potest, nessuno può concludere un accordo per un altro. Nessuno, nemmeno la maggioranza parlamentare può modificare gli elementi fondamentali di quello stesso accordo che le consente di decidere per tutti in tante materie, tranne che in quella che stabilisce i confini del suo potere.
Quei principi e quei valori sono clausole irrinunciabili, senza le quali la fonte del potere del parlamento e del governo nei rispetti della minoranza viene meno. Il potere dell’uomo sull’uomo si dissolve con lo sciogliersi dell’accordo che lo aveva costituito.
L’art. 138 è solo uno strumento di aggiornamento. Fare una Costituzione nuova è un’altra cosa.
La Costituzione può essere aggiornata, ma non demolita. Anzi, adesso c’è il dubbio legittimo che debba essere sostituita, perché, forse, non corrisponde più alla volontà degli italiani. Il dubbio però richiede di ricevere una risposta seria e incontrovertibile.
Si vuole un nuova Costituzione? Bene, non si può farla che con l’unico strumento proprio: l’elezione di un’assemblea costituente. L’unico organo in grado di esprimere la volontà profonda dell’Italia. Possiamo anche riesumare la monarchia, ma lo si faccia con gli strumenti adeguati. Un’assemblea Costituente eletta a suffragio universale con legge elettorale proporzionale senza sbarramento. La grande riunione dei contraenti, la grande assise del potere sovrano.
Solo così si possono sostituire i valori ed i principi; solo così il perimetro del potere può essere modificato. Tutto il resto è arbitrio e sopruso. Tutto il resto è rivoluzione.
Mi trovo dunque a scrivere da cittadino osservante delle leggi anche quando esse non siano consonanti con il mio pensiero e spirito, ma potrei dovermi dichiarare sciolto da ogni vincolo esterno alla mia coscienza se il potere da legittimo si trasformasse in sopruso.
Però, fortunatamente tale eventualità è lontana, perchè il cuore della Repubblica pulsa ancora anche se il battito è più rapido. Un sintomo di allarme e di pericolo, certo, ma indicativo di uno spirito vitale inesaurito.
La Repubblica ancora c’è e la Costituzione è ancora la legge suprema dello stato.
* Marco Giraudo, studente di Giurisprudenza, è coordinatore di LeG Cuneo
Una riflessione da studente di Giurisprudenza ben articolata e con spunti intelligenti, seppur teorica e proposta da una mente forse ancora troppo giovane, come si può cogliere, anche se in modo strumentalmente provocatorio, nell’idea della rinascita di una monarchia (qualche rigurgito in tal senso i Savoia lo stanno dimostrando). Una serie di “però” ritengo che vada comunque evidenziata: primo) non la Costituzione governa, o dovrebbe governare, bensì il “popolo sovrano”, di cui essa non rappresenta altro che l’emanazione attraverso enunciazioni che garantiscano a tutti un vivere degno, equivalente, rispettoso della libertà come bene supremo; secondo) non avviene una “rinuncia” da parte del cittadino, bensì gli viene imposta una condizione che subisce nel vivere nella sua società; terzo) c’è un’evidente contraddizione nel postulare l’idea di “decisioni deliberate” e nella possibilità d’andare “oltre l’accordo originario”: in questo caso non varrebbe più la Costituzione, trovandosi in una forma di dittatura, che l’esautora; quarto) i rappresentanti in Parlamento lo sono solo e soltanto nel momento in cui siano direttamente eletti, cosa oggi non esistente; quinto) come dice la parola, essi sono “rappresentanti” ed in più dipendenti, in quanto dai cittadini retribuiti; viene loro “solo” demandato un potere “pro tempore” e limitato per gestire la “res publica” in nome e per conto loro; sesto) mi sorprende che accetti il “governo attuale” come sua guida, qualora ne contesti le scelte in materia legislativa; settimo) “Tutto il resto è arbitrio e sopruso. Tutto il resto è rivoluzione”? Da cosa nasce la Costituzione se non da essa e da chi veniva considerato, immediatamente prima, rivoluzionario, proprio da chi si riteneva “nella legge”? Ottavo) E’ così sicuro che il potere “da legittimo” non si sia trasformato in sopruso, sebbene ancora strisciante? Io no e le consiglio d’osservare meglio il comportamento dei “politicanti”, oltre che del mondo che gira loro attorno!
P.S. Mi permetta un consiglio: faccia attenzione alla grammatica, onde evitare grossolani errori, oggi fin troppo comuni! (Le istituzioni descritte… non “sono” altro…; fare una Costituzione nuova è “un’altra” cosa; l’elezione di “un’assemblea” costituente)
Ringrazio Domenico Falconieri per il commento e commento a mia volta.
Per quanto riguarda la sua premessa le sono grato per il giudizio in qualche modo positivo che esprime nei confronti del pezzo. Non posso, però, essere d’accordo con la frase “seppur teorica e proposta da una mente forse ancora troppo giovane” non vedo il nesso, soprattutto per il fatto che come lei dice è un’affermazione provocatoria. Mi sembra che il riferimento all’età sia meramente strumentale in modo da disinnescare l’eventuale ingenuità di taluno che volesse prendermi sul serio. Mi limito a riventicare il diritto ad essere preso in considerazione anche se ventiduenne.
In relazione al suo I punto non mi sembra che ci si trovi in disaccordo; io affermo chiaramente che la Costituzione costituisce solo il perimetro entro il quale si può esercitare il potere secondo le volontà espresse dalla maggioranza di turno espressa dal voto popolare. Un passo per tutti:”Nessuno, nemmeno la maggioranza parlamentare può modificare gli elementi fondamentali di quello stesso accordo che le consente di decidere per tutti in tante materie, tranne che in quella che stabilisce i confini del suo potere.”
In relazione al II si tratta esclusivamente di una opzione teorica il fatto di considerare le libertà costituzionali come condizioni per la vita in società o come rinuncia precedente rispetto al venire in essere della società stessa ed al contempo come causa di quest’ultima. Una scelta tra due modelli per la rappresentazione di una realtà che naturalmente è ben più complessa sia dell’uno che dell’altro. (tra l’altro non vedo molta differenza tra il suo modello e quelo che propongo io)
Il suo III punto, mi perdoni , ma non l’ho capito. Per come si esprime sul punto non riesco a risponderle. Il suo IV lo condivido appieno, ma dato l’argomento esiziale trattato nell’articolo non ho voluto appesantirlo estendendolo ad argomenti già percorsi da molti e ai più abbastanza chiari. Il suo V punto lo condivido, ma non vedo dove io affermi il contrario. Il suo VI punto trova risposta nel mio articolo. Io riconosco la legittimità dell’azione di governo, anche se non ho votato per i partiti che lo sostengono, fino a che esercita il potere all’interno del perimetro costituito dalla Costituzione. La sua politica legislativa la rispetto; la sua politica diretta alla modifica della Cost. la considero illegittima. Con il suo VII punto sono d’accordo nell’affermare che tutti quelli che cambiano una Costituzione sono stati dei rivoluzionari ed è appunto per questo che ricordo al nostro presidente del consiglio che se sostuituirà la attuale Cost con un’altra andrà incontro alle conseguenze tipiche delle rivoluzioni ovvero alla violenza. E’ un memento che faccio al presidente, che si dice un moderato, e a chi lo vota. Il suo VIII punto lo condivido, ma noi siamo qui per tentare di evitare che il conflitto esploda e non per fomentarlo ed io nel mio intervento lascio il beneficio del dubbio.
In ogni caso la ringrazio per aver sottolineato le correzioni da apportare. Infastidiscono pure me, ma nel dattilografare e nel correggere ne scappa sempre qualcuno e non si vuol tediare eccessivamente chi già fa il servizio di pubblicare quello che scrivi.
Provvederemo cunque a d apportarle.
Cordialmente,
Marco Giraudo
Grazie per la segnalazione degli errori. La traduzione da un formato all’altro ha mangiato gli apici, per tutto il resto, dovevo fare più attenzione, me ne scuso.
Rispondo volentieri: esprimendo un giudizio credo più che “in qualche modo positivo” sul suo scritto, ho voluto far riferimento alla sua giovane età non per denigrazione, me ne guarderei bene, così come dal negarle un diritto, ma per l’aspetto teorico, seppur corretto in base agli studi, con cui abbia affrontato le sue osservazioni. Ritengo, perciò, che sia anche per lei fin troppo evidente come in Italia esista, oggi ancor più che in passato, una Costituzione scritta ed una reale, che veda inapplicati od interpretati “usus suus” i suoi dettami.
Per il II punto, la differenza è nell’impossibilità d’adesione libera e spontanea alle regole “necessariamente” imposte per la vita sociale. Il punto III voleva solo essere un richiamo al fatto che, se si parli di “decisioni deliberate”, supporne il superamento dell’accordo originario ne annulla l’aspetto democratico, ponendosi in una condizione d’imposizione ovvero di dittatura. Per il V punto non afferma il contrario ma neanche afferma ciò che è stato da me evidenziato, ossia la diretta e totale dipendenza degli eletti al popolo ed alle sue esigenze di governo. Riguardo all’VIII punto, purtroppo, la realtà travalica quelle che dovrebbero essere le prerogative di conduzione della cosa pubblica solo ed esclusivamente nell’interesse dei cittadini, per cui il portare la tensione a livelli inusitati nella nostra vita repubblicana, da parte dei nostri rappresentanti, è proprio la forma opposta di ciò che lei qui vorrebbe ridimensionare. Siamo, a mio giudizio, ad un passo dal punto di non ritorno, tale per cui una società si ribelli “per giustissima causa” a coloro i quali dovrebbero gestirla in “suo nome e per suo conto”.
Spero con questa mia ulteriore spiegazione d’aver chiarito il pensiero col quale mi sono posto in una condizione di “critico” dei suoi scritti.
Resto convinto della bontà della sua esposizione, frutto della capace mente di studente innamorato della materia, da poter costruttivamente applicare magari in ambito costituzionale così da rappresentare, insieme a tutti i migliori suoi coetanei applicati in ogni campo, il positivo futuro generazionale di questa nostra disastrata Italia.
Con cordialità.
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