La “democrazia decidente” da Renzi a Meloni

La “democrazia decidente” da Renzi a Meloni

Per accendere i fuochi del referendum costituzionale del 2016, Renzi fece riferimento alla necessità di una «democrazia decidente». Nel discorso alla Camera, Giorgia Meloni ha inserito il suo programma costituzionale in piena ed esplicita continuità con quello di Renzi, sostenendo di voler passare da una «democrazia interloquente» a una «democrazia decidente». La continuità del linguaggio tradisce la continuità sostanziale. E lascia purtroppo molti dubbi su come si comporteranno quelle forze politiche che, di fatto, erano schierate a favore della riforma del 2016.

In ogni caso, con una durezza che inquieta, la Presidente del Consiglio ci tiene a far sapere che se le opposizioni non la seguono, lei sarà disposta a qualunque cosa per garantire «Il destino di questa nazione» (sono già troppe le parole che inquietano). Dimenticando ovviamente di avere una così ampia maggioranza parlamentare solo per l’effetto distorsivo di una legge elettorale ignobile. La Meloni governa con meno della metà dei voti, con una percentuale elevatissima di astenuti. Nemmeno la maggioranza elettorale dovrebbe giustificare la scelta di modificare unilateralmente la Costituzione, figuriamoci una maggioranza parlamentare del tutto artefatta come questa.

Certo, siamo consapevoli che la Meloni ha dalla sua parte una storia ormai ricca di tentativi di far prevalere un paradigma di trasformazione radicale del senso e dello statuto delle democrazie parlamentari. Prima ancora del 2016, già il referendum costituzionale del 2006 si deve leggere in questo senso. Fin da allora, alla necessità di arginare il potere di uno si sostituisce la pretesa di legittimare quanto più possibile tale potere. Venendo meno alla preoccupazione di fondo dei nostri Costituenti, che era orientata dalla necessità di evitare qualunque deriva plebiscitaria – il fascismo non è solo un totalitarismo tra gli altri ma è parte determinante della nostra storia costituzionale – tramite un complesso equilibrio e la centralità assegnata al Parlamento.

Già da subito, il governo di destra si conferma in piena continuità con quell’idea di riorganizzazione della Repubblica che ha cercato di affermarsi in questi decenni. Libertà e Giustizia ha avuto un ruolo importante nelle due occasioni sopra ricordate e farà la sua parte, anche in questo caso, per far prevalere le buone ragioni della democrazia alla minaccia di trasformarla in semplice dispositivo di investitura di un capo.

A questa determinazione costituzionale, si accompagna da parte della Meloni l’esplicito impegno «a dare seguito al processo virtuoso di autonomia differenziata già avviato da diverse regioni italiane». Anche in questo caso vi è da dubitare sul fatto che le forze politiche d’opposizione possano impegnarsi contro una riforma che vede autorevoli loro esponenti in prima fila nella sua rivendicazione.

Come più volte rimarcato in campagna elettorale, il quadro che si prospetta, per quanto atteso, è estremamente preoccupante. Approfittando di un’opposizione che appare disarmata di idee alternative, quando non complice, la destra al governo non indugia nel mantenere immediatamente le sue promesse. Il rischio serio è di trovarci dinanzi un vero e proprio mostro istituzionale, una repubblica presidenziale che si unisce a un regionalismo diseguale.

In tempi in cui la crisi di sfiducia nei confronti della politica è sotto gli occhi di tutti vi sarà bisogno di un supplemento di generosità e di una mobilitazione pari se non superiore a quella delle ultime occasioni, per riuscire a neutralizzare questo ennesimo tentativo di riforma e per far comprendere che non si risponde alla crisi della democrazia né riducendo gli spazi del suo esercizio né istituzionalizzando le diseguaglianze territoriali.

Libertà e Giustizia

3 commenti

  • ”…..non si risponde alla crisi della democrazia né riducendo gli spazi del suo esercizio né istituzionalizzando le diseguaglianze territoriali” ….ma neanche evitando di chiamare le cose col loro nome a seconda di chi le fa: non si puó predicare la centralità del parlamento e il ripudio della guerra sancito dalla Costituzione e poi invitare ad arginare la deriva destrorsa votando quei partiti che, senza alcun dibattito al proprio interno e senza un approfondito dibattito parlamentare e popolare sono corsi a buttarci in guerra senza nemmeno considerare la possibilità di una soluzione diplomatica e il ricorso al Diritto internazionale e dando praticamente pieni poteri ad un governo avente solo il compito di gestire pandemia e PNRR. Non ho letto alcuna critica verso chi ha decantato in TV lo stravolgimento costituzionale di un tecnico da trasferire al Quirinale per dirigere da lí il Consiglio dei ministri in piena Repubblica parlamentare. Non ho letto critiche al segretario ’’di sinistra’’ che ha avuto parole inaudite per la riforma Cartabia che lede la separazione dei poteri e l’obbligatorietà dell’azione penale (mostrò viva e vibrante soddisfazione per una riforma largamente condivisa e attesa da anni ed anni!!!!….(Sigh!!!!) Parole pronunciate con la goduria del gatto che ha finalmente mangiato il topo e che hanno raggelato i cittadini che per decenni hanno fatto il possibile per difendere i valori costituzionali). LEG ha invitato a votare gente simile per “arginare le destre” ma la destra ha cittadinanza tanto quanto la sinistra, e qualora legittimamente eletta, ha diritto e dovere di governare purché nel rispetto della Costituzione: regole che la “sinistra” non ha sempre rispettato, a cominciare dalla mostruosa legge elettorale e dalla criminalizzazione del dissenso sulla guerra e gli allarmi di catastrofe nucleare. Si tratta di capire quanto sia legittima la riforma costituzionale presidenzialista con numeri dovuti alla legge elettorale suddetta e si tratta di capire che parole e fatti non possono essere condannati o ignorati a seconda degli autori. Personalmente non mi meraviglio di questo governo di destra ma dell’imperversare di gente di destra nei “partiti di sinistra” senza che gli elettori scappino in massa. Ogni partita é truccata se i giocatori fanno il gioco della squadra avversaria senza neanche cambiare maglietta.

  • Aspettare che abbiano fatto le lo riforme costituzionali per poi lanciare il referendum confermativo, sarebbe un grosso azzardo in presenza di una maggioranza referendaria in Parlamento, un’ampia maggioranza di regioni guidate dalle destre, e un diffusa voglia di cambiamento purchéssia nella Cittadinanza. Senza dimenticare che l’ultimo referendum che ci ha visto impegnati, è stato perso…

    Molto più facile un successo anticipando il governo con “proposte di riforma” di LeG e dell’associazionismo di area progressista, con l’esercizio congiunto e sinergico degli articoli 71 e 50 della Democrazia Diretta Propositiva, per ottenere riforme attese e fare della Costituzione un Patrimonio Pubblico Intangibile senza il suo avallo.

    Non basta lanciare l’ennesimo allarme,
    ad alto rischio un eventuale referendum confermativo,
    certamente più efficace assumere l’iniziativa.

    Paolo Barbieri La Spezia

  • La situazione di oggi è molto più pericolosa rispetto a quella del 2016.
    In quel momento la gran parte della popolazione era attivamente impegnata, grazie anche alla mobilitazione di personaggi di grande spessore e di un Movimento che si batte’ da leone.
    Oggi, memori degli errori commessi nel 2016, i media di proprietà padronale spingono verso il presidenzialismo in modo subdolo.
    La gente è occupata in altre questioni, i sindacati silenti, i grandi Personaggi sono assenti nei media, volutamente non invitati, e il concetto di democrazia devidente, grave pericolo, viene quasi esaltato per far fronte a problemi risolvibili solo in quel certo modo. Le élite finanziarie e confindustriali sostengono questo disegno con ogni mezzo.
    NON CE LA FAREMO A SALVARCI SENZA UNA MOBILITAZIONE DI PIAZZE E STRADE.
    Sono molto preoccupato.

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