Assange: Ambasciatore Bradanini, ‘in un mondo non distopico avrebbe avuto il Nobel’

19 Ott 2022

Rossella Guadagnini Consiglio di Direzione Libertà e Giustizia

Secondo il diplomatico italiano sulla libertà di stampa è manifesta l’ipocrisia dell’Occidente

.Il 15 ottobre è stata la giornata mondiale dedicata alla liberazione di Julian Assange in tutto il pianeta, con manifestazioni non solo in Europa e in Australia, patria del giornalista 51enne detenuto in isolamento a Londra da tre anni, ma anche altrove. In Italia è stata la 24hAssange a coordinare le diverse iniziative per il nostro Paese. Il fondatore di Wikileaks si era giocato la sua penultima carta formalizzando, presso l’Alta Corte di Londra, istanza di ultimo appello contro il decreto di estradizione negli Usa, autorizzato il 17 giugno scorso dalla ministra degli Interni inglese Priti Patel.

Nel commentare la vicenda, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin l’ha definita ”uno specchio dell’ipocrisia del Regno Unito e degli Usa, che si vantano di salvaguardare la libertà di stampa”.

Ambasciatore Alberto Bradanini perfino il Celeste Impero ci accusa di essere dei sepolcri imbiancati?

Non esistono imperi celesti, dunque nemmeno quello cinese lo è -risponde l’ex console generale a Hong Kong, già ambasciatore in Iran e a Pechino- Tuttavia, prima di chiedere il rispetto della legge morale a casa d’altri, sarebbe bene cominciare da casa propria. L’Occidente è anch’esso ben lungi dall’essere celeste, se con ciò intendiamo il Regno del Bene”.

Il relatore delle Nazioni Unite sulla tortura, Nils Melzer, aveva dichiarato che “con Assange siamo di fronte a un caso di tortura orchestrato da Usa, Gb, Svezia, Australia e Ecuador, su cui i governi democratici hanno steso un velo di omertà”. Che ne pensa?

Melzer ha chiesto invano a Londra di rimettere in libertà il giornalista, che ha la sola colpa di aver fatto conoscere al mondo migliaia di documenti riservati, tra cui alcuni file del Pentagono di interesse pubblico relativi a crimini di guerra compiuti dagli americani in Iraq e in Afghanistan.

Lei stesso qualche tempo fa si era fatto promotore di un appello per la liberazione di Assange

Se estradato negli Usa, il fondatore di Wikileaks potrebbe essere condannato, secondo l’Espionage Act, a 175 anni di carcere, sulla base di 18 imputazioni penali, per le quali in un mondo non distopico come il nostro avrebbe ottenuto un Premio Nobel.

In realtà l’accusa di ipocrisia si può rivolgere all’intero Occidente.

L’Occidente vive sotto il manto mistificatorio della grande menzogna. Tra le deformazioni del sistema rientra la pratica sanguinaria di esportare democrazia e diritti umani a suon di bombe. Nei nostri paesi sia funzionari politici, che grandi poteri mediatici, si piegano a sostenere tale falsa impalcatura per spirito di asservimento, soldi o per carriera.

Come valuta la proposta del leader dell’alleanza di sinistra Nupes, Jean-Luc Mélenchon -rimasta tuttora una proposta- “Assange dev’essere naturalizzato e ricevere un’onorificenza per servizi resi alla Francia”? Lo ha scritto in un tweet.

L’intento di Mélenchon di farsi carico del caso Assange esprime coraggio politico e valore morale. Se non rimanesse un proposito ipotetico, segnerebbe una svolta suscettibile di fare la differenza per la liberazione del fondatore di Wikileaks”.

Giornalista e blogger, si occupa di hard news con particolare interesse ai temi di politica, giustizia e questioni istituzionali; segue vicende di stragismo, mafia e terrorismo; attenta ai temi culturali e sociali, specie quelli riguardanti le donne.

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