Si continua a legittimare il partito della Fiamma 

02 Set 2022

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Negli anni Settanta, quando il PCI fu vicino al governo del Paese importanti intellettuali discussero con serietà sulla sua effettiva conversione democratica. L’esame sull’adesione dei comunisti alla cultura dei diritti e al pluralismo non si concluse mai. E venne ignorato allorquando il partito di Silvio Berlusconi lanciò la campagna contro il comunismo nel 1994, dopo la fine della Guerra fredda. Il PCI non passò mai l’esame, e venne decretato un pericolo permanente, tanto da spingere l’oligarca dell’allora Fininvest a scendere in campo per salvare il mondo libero. Tanta acribia nell’esaminare la fedeltà ai principi liberaldemocratici di Fratelli d’Italia è oggi introvabile.

Non esami, non discussioni. Ma una strategia di legittimazione, delineata sul “Corriere della Sera” da Ernesto Galli della Loggia che suona così: i due estremismi hanno segnato la storia italiana (fascismo e comunismo) e sono residui del passato.  Hanno vissuto insieme e insieme sono decaduti.  Il loro successo fu dovuto all’arretratezza e all’ignoranza delle masse popolari. Comunismo e fascismo uguali e passati. Attori anche di cose buone: i figli della lupa hanno avviato l’industrializzazione, edificato opere pubbliche e istituzioni che hanno fatto del popolo disperso uno stato-nazione; i figli di Bandiera Rossa hanno educato all’azione politica organizzata e alla lotta per i diritti milioni di italiani analfabeti di partecipazione democratica.

Oggi, Fratelli d’Italia e PD devono lasciarsi alle spalle la “prigione” della storia delle due “culture politiche” (come se l’ideologia fascista della violenza e dell’oppressione sia una cultura politica) e guardare al futuro. Il prezzo di questa strategia di legittimazione dei discendenti della fiamma repubblichina è un’amnesia pilotata; la messa tra parentesi, per esempio, del fatto che il Partito comunista abbia contribuito a scrivere la Costituzione, che Palmito Togliatti difese in assemblea costituente la divisione dei poteri contro chi, dopo il febbraio 1947, avrebbe voluto assegnare al presidente del consiglio il potere di sciogliere il parlamento. Nella storia degli uguali estremismi, tutto si fa uguale.  Scrive Andrea Pertici su Facebook che la Costituzione antifascista (e non anticomunista) e pluralista, rispettosa della presenza di diverse culture politiche capaci di confrontarsi civilmente tra loro, non esprimeva affatto una cultura totalitaria identica e opposta a quella fascista. Vittorio Foa (azionista, socialista e comunista) rispondendo al missino post-fascista Gorgio Pisanò disse: “se aveste vinto voi, io sarei ancora in prigione. Siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore”. Oggi, per legittimare Giorgia Meloni a Palazzo Chigi si mettono sullo stesso piano Togliatti, Berlinguer, Terracini, Iotti, Ingrao e Napolitano insieme a Mussolini, Starace, Farinacci, Grandi. Invece di fare gli esami di democrazia agli ex-fascisti si riscrive la storia nazionale.

Domani, 23 agosto 2022

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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