L’autonomia differenziata ovvero la democrazia delle carte coperte

11 Feb 2022

Da quasi quattro anni, senza contare gli antefatti nati con la Riforma del Titolo V della Costituzione Italiana del 2001, si stanno dando le carte di un gioco contraddistinto da oscurità e segretezza, foriero di conseguenze devastanti: è il gioco dell’Autonomia differenziata. Nell’articolo 116 del Titolo V riformato, si distingue tra Regioni con “forme e condizioni particolari di autonomia”, dotate perciò di rispettivi statuti speciali come il FVG, e le altre Regioni, a cui “possono essere attribuite” – sottolineiamo ‘possono’ – “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117”.

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Le materie sono in tutto 23 e cruciali. Il Veneto le avoca a sé tutte 23. Tra queste, tutela e sicurezza del lavoro, istruzione, tutela della salute, grandi reti di trasporto e di navigazione, previdenza complementare ed integrativa. Se si attuasse questo progetto, ogni Regione gestirebbe da sé aspetti determinanti del lavoro, frantumando sia la capacità di lotta collettiva connessa al potere di contrattazione di lavoratori e lavoratrici, sia la funzione e la ragion d’essere dei contratti nazionali.
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Le Regioni entrerebbero in un meccanismo competitivo sulle prestazioni, come già avviene in contesto sanitario, e sui diritti fondamentali del lavoro, competizione che non potrà che rivelarsi al ribasso e quindi nella direzione del peggioramento delle condizioni reali di vita di chi lavora, alimentando nel contempo il vizio già ampiamente diffuso della delocalizzazione, questa volta tra regioni.
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Riguardo all’istruzione, si apriranno autostrade verso il privato – privilegiando quindi chi potrà permetterselo – e verso l’aziendalizzazione della scuola, il cui processo già in atto arriverà a compimento: le aziende, assieme ai loro interessi e profitti, entreranno sotto la voce ‘territorio’ – ma anche in modo esplicito attraverso insegnanti di provenienza aziendale – in una istituzione che ha costituzionalmente ben altre finalità, legate ai principi espressi fin dai primi articoli della Costituzione, quelli che parlano di solidarietà, inclusione sociale, rimozione degli ostacoli. La scuola della Repubblica, scuola di libertà, democrazia, nata a formare le coscienze critiche di cittadini e cittadine, cesserà di esistere. Sulla salute sono evidenti i danni del regionalismo anche nel Friuli Venezia Giulia. Le disuguaglianze ne verrebbero approfondite non solo tra il Nord e il Sud d’Italia, ma tra le Regioni tutte, nonché all’interno di ogni singolo territorio regionale.
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Gli esordi del progetto dell’autonomia differenziata risalgono al 28 febbraio 2018, data in cui l’uscente governo Gentiloni firmò le pre-intese con le Regioni Lombardia, Veneto, Emilia Romagna: la discussione si svolse nel segreto di conciliaboli bilaterali e il contenuto venne reso noto solo quando un sito d’inchiesta lo svelò. Tuttora quasi nessuno ne parla: stampa, partiti, uomini e donne delle istituzioni, enti locali (che pur, secondo l’articolo 116, hanno il dovere di essere coinvolti) sono silenti.
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In questa inizio 2022 vige la medesima regola: un fantomatico Ddl di attuazione dell’”Autonomia differenziata” è inserito a collegato della Nadef ancora una volta senza ombra di una discussione, né del coinvolgimento dei parlamentari, se non di una sparuta minoranza che ha rilevato l’oscurità e l’antidemocraticità della procedura. E nemmeno se ne conosce un testo: non lo conoscono cittadini e cittadine, non lo conoscono i/le parlamentari. È evidentemente un gioco pericoloso, sia per le conseguenze in termini di disuguaglianze crescenti se dovesse attuarsi, sia per l’alone di mistero che lo avvolge, in barba a condivisione, discussione e presa di coscienza che spettano a cittadini e cittadine, nonché dei compiti del Parlamento, ancora una volta delegittimato.
In questo quadro, nel 2018 si è costituito il Coordinamento dei Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata, per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti, con lo scopo di informare e spiegare, lanciando un grido d’allarme su questo progetto e sulle sue ripercussioni drammatiche sulle vite concrete delle persone.
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Il 31 ottobre scorso si è tenuta a Roma l’Assemblea nazionale dei Comitati, con la partecipazione di numerose forze politiche e sindacali, associazioni, parlamentari sensibili e informati sulla questione, rappresentanti delle Istituzioni, oltre ai Comitati stessi tra i quali, dal FVG, quelli di Trieste e di Udine. Al termine dell’Assemblea è stata votata una mozione finale che, fra gli altri impegni, ha incaricato l’Assemblea di “costituire un Tavolo di coordinamento tra i soggetti presenti per organizzare la mobilitazione per impedire che il DDL venga inserito nella Legge di Bilancio”, peraltro appena approvata a fine dicembre senza alcuna notizia relativa al Ddl, di cui si presume si parlerà presto.
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La mobilitazione si è tenuta a Roma il 21 dicembre scorso, con rappresentanti di decine di sigle riuniti in Presidio in Piazza SS Apostoli, alternando la propria voce al microfono, con oltre trenta contributi di analisi, pensieri, proposte (il video completo degli interventi si può trovare sul sito ufficiale dei Nessun suggerimento).
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Tra le forze politiche e sindacali erano presenti COBAS, USB, SGB, FLC CGIL, UIL Scuola, Partito della Rifondazione Comunista, Sinistra Italiana, PCI, Partito del Sud, Possibile, Sinistra anticapitalista. C’erano inoltre associazioni tra le quali Libertà e Giustizia, Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, Giuristi democratici, Medicina democratica. Sono intervenuti con un breve resoconto i Senatori Gregorio De Falco e Paola Nugnes, il primo ricordando come progetti di questa portata “non possono essere discussi negli sgabuzzini!, né tantomeno essere nascosti in articoli che sono veri cavalli di Troia per l’autonomia differenziata (43,44,45,179, peraltro ora trasformati in altrettanti commi votati da Senato e Camera), e la seconda rilevando come il Parlamento sia di fatto “morto”, in particolare su questo tema di “gravità enorme” che riguarda sanità, scuola, gestione del suolo: materie vitali per le esistenze delle persone.
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Il Presidio è stato aperto dalla relazione introduttiva della portavoce dei Comitati, Marina Boscaino che, ringraziando le sigle convenute e quelle che sostengono il presidio pur senza essere presenti, ha sottolineato la “dimensione famelica dei sedicenti Governatori”: se solo una delle materie fosse avocata alla Regione, avremo la rottura del patto repubblicano che ci lega ed un ulteriore restringimento degli spazi della democrazia. La Lombardia sta chiedendo 20 materie, l’Emilia Romagna 16, il Veneto tutte e 23: il Veneto peraltro si esprime in modo esplicito su quale modello di scuola la Regione abbia in mente, che include modifiche sostanziali in senso regionalista anche nei programmi. Riguardo alle autonomie locali che l’articolo 5 della Costituzione riconosce e promuove, M. Boscaino ha voluto ricordare che i Comitati sostengono questo riconoscimento, ma affermano che tali autonomie devono svilupparsi nell’alveo dell’unità repubblicana, che il progetto di “Autonomia differenziata” invece viene a disgregare in modo eclatante.
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Durante il Presidio sono intervenuti tra gli altri: Francesco Sinopoli per FLC CGIL, che ha sottolineato l’importanza del Tavolo costituito il 31 ottobre per continuare a diffondere e denunciare collettivamente gli obiettivi del progetto di autonomia differenziata, in particolare riguardo al futuro della scuola; i COBAS, che hanno curato anche la parte tecnica del presidio; Maurizio Acerbo, Segretario del PRC; Rossella Guadagnini, a nome del gruppo di Direzione di Libertà e Giustizia, che si è soffermata su una riflessione riguardo il tema mai abbastanza dibattuto della libertà, delle sue declinazioni e delle relazioni con l’autonomia differenziata; Serena Pellegrino, della Segreteria nazionale di Sinistra Italiana e Parlamentare nella scorsa Legislatura, che ha letto un comunicato della Segreteria.
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Si sono avvicendati al microfono Alfonso Gianni, Giovanni Russo Spena, Franco Russo che, citando Calamandrei, ha ricordato come la Costituzione “non sia un semplice scritto ma debba vivere nelle menti delle persone”. Andrea Del Monaco ha sottolineato infine, facendo l’esempio concreto degli asili nido, come con questo disegno bambini e bambine del Sud verrebbero a essere ingiustamente e gravemente penalizzati rispetto a quelli del Nord Italia.
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Il contributo del FVG al Presidio ha coinvolto il Comitato di Trieste che, attraverso le parole di Daniele Dovenna, membro del CDC triestino, ha sottolineato l’importanza del lavoro del Tavolo e di come esso debba trovare forma e continuazione nei singoli territori, marcando strette le Istituzioni: un impegno che è necessario prendersi. Per il Comitato di Udine, chi scrive si è soffermata sul progetto pericoloso, condotto all’interno del meccanismo competitivo fra Regioni che l’autonomia differenziata ha scoperchiato e incentivato, di regionalizzazione dell’Ufficio Scolastico Regionale del FVG: la richiesta di accelerazione di questo iter è stata votata l’11 novembre 2021 dall’intero Consiglio Regionale, con due astensioni ed il solo voto contrario del Consigliere Furio Honsell. Ha voluto ricordare inoltre come il FVG sia stata terra di Lotta partigiana, il cui lascito non può che motivare ulteriormente l’opposizione ad un disegno che snaturerebbe il progetto sociale dei e delle resistenti, da cui la Costituzione del 1948 è nata. Invita perciò l’ANPI, associazione cui molte persone impegnate nei Comitati NO AD sono iscritte, assente al Presidio ed alle riunioni del Tavolo pur avendo partecipato all’Assemblea nazionale NO AD, ad attivarsi in modo più concreto in questa lotta importante di democrazia, uguaglianza dei diritti, solidarietà, libertà.
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*L’autrice è coordinatrice del Circolo di Udine di Libertà e Giustizia e fa parte Comitato NO AD Udine

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Parte di questo articolo è stata pubblicata su FriuliSera, 2 gennaio 2022

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