Il Presidente che vorrei/Il ruolo del Capo di Stato nel tempo della crisi

19 Gen 2022

Domenico Gallo Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Il 24 gennaio è stato convocato il Parlamento in seduta comune con i delegati delle Regioni per eleggere il Presidente della Repubblica che succederà a Sergio Mattarella, il cui mandato scade il 3 febbraio. E’ cominciato così il conto alla rovescia per una scelta che agita il mondo politico e sta mandando in fibrillazione i media. Si tratta di una scelta che ha sempre avuto un’influenza rilevante sulla vita istituzionale e che in questo contesto storico appare decisiva per la qualità della democrazia nel nostro Paese.  Nel passato questa scelta non è stata mai discussa in un franco dibattito pubblico, anzi è stata oggetto di conciliaboli riservati fino all’assurdo che l’assemblea dei grandi elettori del Partito Democratico il 19 aprile 2013 deliberò all’unanimità di votare per Romano Prodi e poi, nel segreto dell’urna, 101 parlamentari votarono contro affossandone la candidatura. Anche in questa occasione le posizioni degli attori politici restano coperte, salvo la patetica autocandidatura di Berlusconi, mentre l’attenzione dell’opinione pubblica viene attirata dalle indiscrezioni sui possibili papabili. Prima di appassionarsi al totonomi, bisogna capire qual è il profilo del Presidente della Repubblica prefigurato dalla Costituzione e quale ruolo può svolgere in questo contesto storico.

Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale (art. 87 Cost.). Si badi bene, il Presidente della Repubblica non rappresenta il popolo. Il popolo non può essere rappresentato da un solo uomo. Nel popolo sono presenti diversi orientamenti politico-culturali, interessi differenziati e contrastanti fra i diversi gruppi sociali, per questo la rappresentanza la esercitano solo le Assemblee elettive (Camera e Senato) nella quali confluisce il pluralismo del corpo elettorale. Come rappresentante dell’unità nazionale il Presidente non è titolare di un potere di indirizzo politico, la missione che la Costituzione gli affida è quella di supremo garante della Costituzione nei confronti dell’esercizio del potere legislativo e di governo. In particolare il capo dello Stato ha dei poteri di impulso e di interdizione volti ad assicurare che l’operato del Parlamento e del Governo, pur nell’insindacabilità delle scelte politiche, non esca fuori dai binari tracciati dalla Costituzione a garanzia dell’equilibrio dei poteri e della tutela dei diritti inviolabili.

Per questo il Presidente deve essere un “patriota”, ma non nel senso con cui la destra usa questa parola. La Patria del popolo italiano costituito in comunità politica è la Costituzione. Il Presidente della Repubblica sarà un patriota nella misura in cui veglierà sul rispetto della Costituzione a fronte dei possibili abusi della coppia Governo-maggioranza parlamentare.

Il ruolo del Presidente della Repubblica, che non è mai stato solo notarile, cresce nei tempi di crisi e acquista maggiore rilevanza. Basti pensare al potere di rinviare alle Camere la legge già approvata dal Parlamento per una nuova deliberazione, e al potere di emanare i decreti aventi valore di legge. Il Presidente può e deve bloccare quei decreti legge che appaiono macroscopicamente in contrasto con la Costituzione. Come fece il Presidente Napolitano che rifiutò di emanare il c.d. decreto legge “Englaro” deliberato il 6 febbraio 2009 dal Consiglio dei Ministri del Governo Berlusconi 2, che strumentalizzava la vicenda della povera Eluana Englaro, stracciando una sentenza della Cassazione e condannando i morenti a subire la tortura di trattamenti sanitari irrinunciabili. Nell’occasione il Presidente della Repubblica fu sottoposto ad un ricatto morale di una violenza inaudita: o firmi o sei un assassino!

In tempi più recenti il Presidente Mattarella pur non avendo rifiutato di emanare i discussi decreti sicurezza Salvini, tuttavia ha fatto trapelare il suo disappunto; riguardo al primo decreto, con una lettera al Presidente del Consiglio Conte, in cui osservava che “restano fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato”; riguardo al secondo decreto, con una lettera inviata ai Presidente della due Camere con la quale ribadiva che “resta l’obbligo di salvare le persone in mare”, cioè proprio quello che il decreto voleva impedire. Le obiezioni del Presidente Mattarella, anche se espresse con un mezzo privo di forza vincolante, non sono state inutili perché hanno parzialmente orientato l’attività politica dei governi successivi e sono state valutate anche sul piano della giurisdizione.

Molto delicati sono i poteri che la Costituzione attribuisce al Presidente per la risoluzione delle crisi politiche e l’eventuale scioglimento anticipato della Camere. Su questo terreno spesso si sono verificate scintille fra l’operato del Presidente e la maggioranza politica di turno. Nel 1994 il Presidente Scalfaro, bocciò la nomina dell’avv. Cesare Previti a Ministro della giustizia. Se si considera che Previti risultava implicato in gravissimi episodi di corruzione per i quali in seguito venne condannato con sentenza passata in giudicato, la censura operata da Scalfaro si risolse in una garanzia per il corretto funzionamento delle istituzioni. La seconda azione di garanzia avvenne nel 1994/1995, quando Scalfaro affrontò la crisi conseguente alla caduta del primo governo Berlusconi, che, sebbene dimissionario, in quanto sfiduciato dalle Camere, non aveva alcuna intenzione di abbandonare il potere e pretendeva di punire, mediante lo scioglimento anticipato, il Parlamento che gli aveva tolto la fiducia, impedendo che potesse succedergli ogni altro governo. Scalfaro difese in modo fermissimo ed intransigente le prerogative del Parlamento ed avvertì la necessità di un riequilibrio della competizione politica, chiedendo che si ristabilisse la “par condicio” prima di affidarsi nuovamente alle urne. Per questo fu accusato di golpismo da Berlusconi e fu oggetto di una campagna durissima di ingiurie, minacce e pressioni di ogni tipo, con esclusione soltanto dell’aggressione fisica e della defenestrazione.

Il tema della gestione delle crisi politiche fu oggetto anche di scintille fra la maggioranza politica ed il Presidente Napolitano, basti pensare alle bordate che nell’agosto del 2010 i giornali di famiglia di Berlusconi scagliarono contro Napolitano, accusato di “tradire la Costituzione”, per forzarne la mano e condizionarlo in vista della crisi politica che si andava profilando all’orizzonte.

L’esercizio dei più incisivi poteri di garanzia del Presidente della Repubblica ha portato talvolta un conflitto aperto con le maggioranze politiche di turno. Perché i poteri di garanzia possano essere realmente esercitati è necessario che la figura del Presidente rimanga distinta dalla maggioranza politica di governo. A questo riguardo la Costituzione ha previsto un accorgimento per evitare che il Presidente della Repubblica possa restare schiacciato sulla maggioranza che l’ha eletto: la durata del mandato presidenziale (sette anni) che non coincide con la durata della Camere che lo hanno eletto (cinque anni). Questa scelta lungimirante dei costituenti si è dimostrata particolarmente efficace in tempi di crisi della democrazia. A partire dal 1994 si sono avvicendate al governo forze politiche espressione di una cultura estranea ai principi e ai valori che sono a fondamento della Costituzione italiana. Se il sistema ha retto, se non è stata instaurata una dittatura della maggioranza, ciò è avvenuto perché hanno retto le istituzioni di garanzia, il Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale, l’autorità giudiziaria indipendente. Il caso ha voluto che in questo lungo inverno della nostra democrazia il Presidente della Repubblica (da Scalfaro a Ciampi, a Napolitano, a Mattarella) non è stato mai espressione di forze politiche apertamente incostituzionali.

Per questo è decisiva la partita del Quirinale. La prima cosa da evitare è un incarico a tempo per escludere che nelle nuove Camere possa essere eletto un Presidente guardiano della maggioranza parlamentare piuttosto che della Costituzione. Il prossimo Presidente noi vorremmo che fosse davvero un “patriota” della Costituzione, perché verranno tempi duri e sul Presidente della Repubblica ricadrà una grande responsabilità.

* Magistrato, già senatore della Repubblica

Magistrato, giudice della Corte di Cassazione. Eletto senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell’arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare del conflitto nella ex Jugoslavia.

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