La povertà viaggia sul web

11 Dic 2021

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

 

Il  cinquantacinquesimo Rapporto Censis 2021 sulla situazione sociale del Paese ha un capitolo sul “Boom della povertà.” Nel 2020 due milioni di famiglie italiane vivono in povertà assoluta, più del doppio rispetto a dieci anni fa – una crescita del +104,8%. In rapporto alle tre aree del paese la fotografia è chiara: la crescita della povertà è legata prima di tutto alla diminuzione dell’occupazione e a pensioni insufficienti.

L’aumento è sostenuto soprattutto al Nord (+131,4%) rispetto al Centro (+67,6%) e al Sud (+93,8%). La pandemia ha dato il colpo di grazia alla debolezza strutturale del sistema economico del paese. Infatti, tra le famiglie cadute in povertà assoluta durante il 2020, il 65% risiede al Nord, il 21% nel Mezzogiorno, il 14% al Centro.

In aggiunta alla caduta del potere economico primario, i denari per arrivare a fine mese, una fonte di disagio sociale è direttamente connesso al rapporto con il digitale, che è penalizzante per larghe fasce di popolazione che non possiedono la materia prima.

La digitalizzazione che il nostro governo porta come fiore all’occhiello del Pnrr, tiene fuori milioni di cittadini, lavoratori e studenti. Se ne preoccuperanno a Palazzo Chigi? Il problema venne osservato già nei primi mesi del lockdown, nella primavera del 2020, quando emerse il dislivello di opportunità materiali tra studenti in ragione dell’appartenenza di classe. Senza un computer, un modem e una linea wifi oggi si rischia l’analfabetizzazione di massa.

Il Rapporto Censis ci dice che il 35,2% degli studenti degli ultimi anni delle superiori e dell’università ha avuto difficoltà nella formazione a distanza per questa ragione; e che l’11% degli occupati in urgente necessità di tenere le proprie attività lavorative in versione digitale, è stato penalizzato.

Difficoltà scolastica e povertà stanno insieme. Il calcolo è che per il 60,7% degli italiani, “in assenza di interventi adeguati”, il digitale aumenterà le disuguaglianze e sarà un fattore decisivo di povertà. La connettività a internet è una delle condizioni perché ci sia pari opportunità – nella scuola come nel lavoro, come nella vecchiaia, come nella vita quotidiana di tutti, visto che gli sportelli dell’amministrazione pubblica si stanno di fatto trasferendo dai luoghi fisici alla rete.

I nostri ministri tecnologici redarguiscono il sistema scolastico per far studiare le guerre puniche invece della scienza informatica. Sarebbe desiderabile che i ministri competenti si interrogassero su che cosa fanno o stanno facendo loro per rendere quello strumento che tanto magnificano (giustamente, del resto) un bene di base, un diritto essenziale. Che si prendessero la responsabilità di rendere il possesso e l’uso di questo mezzo alla portata di tutti i cittadini.

E’ chiedere troppo di studiare sia le guerre puniche, che i rudimenti computeristici? E’ chiedere troppo dare a tutte e a tutti l’opportunità materiale e conoscitiva di studiare e lavorare? Ovviamente non lo è. Meno dichiarazioni roboanti più azione concreta, celere e utile.

Domani,  3 dicembre 2021

 

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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