LA SPAR(T)IZIONE DI ALITALIA E L’EUROPA

27 Set 2021

Vorrei esaminare un recente articolo del professor Maddalena, ex giudice della Corte Costituzionale: “La Commissione europea ci ha inferto un danno di enormi proporzioni”, ilfattoquotidiano/blog, 13/09/2021, per l’interessante misto di sentimenti patriottici, autarchici e monopolistici che esprime: non lontani, come si vedrà, dalle posizioni di Salvini e Meloni, ma espressi in termini di un ammirevole ma periclitante fondamentalismo costituzionale. Proporrò 4 estratti dal suo articolo (in corsivo), ai quali aggiungerò miei brevi commenti.

1) La Commissione Europea emette il primo atto per togliere definitivamente all’Italia la fonte di produzione di ricchezza del trasporto aereo.

Si noti che dice “all’Italia”, non “allo Stato-imprenditore italiano”. La Commissione ha trovato illegittimo un “prestito” dal Mef ad Alitalia che nonostante la sua ragguardevole entità e lunga durata (4 anni) non fu usato per una ristrutturazione, ma per rinviare il momento del redde rationem. Non per questo suo irrazionale impiego la Commissione lo ha sanzionato, ma solo perché, essendo stato in realtà un sussidio, ha alterato le condizioni della concorrenza tra le compagnie del trasporto aereo, private e/o pubbliche, che devono secondo le regola comunitarie, operare in condizioni di parità. Che Alitalia si avvicini all’estinzione era già stato deciso prima che intervenisse la condanna, di cui lo stesso Maddalena non mette in dubbio la fondatezza. Anche se fosse vero che fosse questa condanna la causa della sparizione di Alitalia, non ne seguirebbe per nulla che “sarebbe tolta all’Italia la fonte di produzione di ricchezza del trasporto aereo”.

Infatti, il mercato dell’aviazione è libero, chiunque può entrarvi, compreso nuove compagnie italiane, private e/o pubbliche, presumibilmente congegnate in modo da essere profittevoli e produttrici di ricchezza per il Paese, e non distruttrici come lo è stata da almeno due decenni Alitalia. Né occorre che i servizi di trasporto siano svolti da compagnie italiane. Persino una compagnia straniera che non voli in Italia, ma che usi fattori produttivi italiani, crea ricchezza in Italia. Del resto, una riserva allo Stato italiano del trasporto aereo non esiste nella nostra legislazione e sarebbe esclusa da quella comunitaria.

2) La causa di tutto sta nella “privatizzazione” di Alitalia, avvenuta con il governo Berlusconi nel 2008, e nella costituzione di ITA, non come Azienda di Stato, ma come SPA. Si deve infatti sapere che la “privatizzazione”, oltre a provocare debiti maggiori di quelli contratti dalla gestione pubblica (ad esempio gli arabi di Etihad, dopo aver spolpato Alitalia, si sono portati via gli slot su Londra, dove Ita non potrà più arrivare e ripartire), è un atto costituzionalmente illegittimo, poiché pone “in concorrenza” sul mercato, non solo i beni “commerciabili” appartenenti a singole imprese, pubbliche o private che siano, ma anche i beni e servizi sui quali si fondano la costituzione e il mantenimento della Repubblica e che appartengono al Popolo, come “proprietà pubblica demaniale”, a titolo di sovranità, assumendo il carattere di beni inalienabili, inusucapibili e inespropriabili (si tratta del territorio, dei beni culturali, dei servizi pubblici essenziali, delle fonti di energia e delle situazioni di monopolio, di cui agli articoli 9, 42 e 43 della Costituzione).

“La causa di tutto” in generale non esiste. Ogni errore, per quanto grave, può essere corretto successivamente. E se non lo è, qual è “la causa di tutto”? Ma se vogliamo usare questa espressione la “causa di tutto” non è la privatizzazione attuata dal secondo governo Berlusconi perché l’Alitalia era in difficoltà dagli ultimi anni ’90 del secolo precedente. Se vogliamo, come ha suggerito Ugo Arrigo col senno di poi nel suo “I numeri di Alitalia. Qual è stata la peggior gestione dal 1992?” il Sussidiario.net, 9/06/2021, la “causa di tutto”, intesa come una decisione presa da Alitalia quando apparteneva direttamente al Tesoro (negli anni 2000-2008) che ha avuto un effetto dannoso di lungo termine sul suo andamento fu “il consistente ridimensionamento spontaneo dell’offerta sul lungo raggio, attuato a seguito dell’adesione nello stesso anno 2001 all’alleanza internazionale SkyTeam, fondata l’anno prima. Questa è stata la scelta peggiore in tutta la storia dell’azienda dato che ha rappresentato l’avvio del sentiero del declino che l’avrebbe portata nei venti anni seguenti a farsi massacrare economicamente dalla concorrenza dei vettori low cost sul medio raggio nazionale ed europeo sul quale aveva scelto di concentrarsi”

Il governo Prodi dopo due anni di pazienti negoziati stava agli inizi del 2008 portando in porto la vendita ad Air France-Klm, ma per l’opposizione dei sindacati, incoraggiati da Berlusconi durante la campagna elettorale della Primavera del 2008, che egli condusse puntando sulla necessità e italianità di una compagnia di bandiera, non se ne fece nulla. Vinte le elezioni, Berlusconi procedette a incoraggiare in vari modi dei capitalisti privati italiani, capeggiati da Colaninno, a entrare nel capitale di Alitalia. “Capitani coraggiosi” furono scherzosamente chiamati. Ma Passera e Colonnino, che si disserro pure mossi da un dovere verso la Patria, non riuscirono e forse neppure tentarono a risanare la compagnia. Dopo svariate vicende sempre continuando a perdere nel 2020 Alitalia ritornò di proprietà esclusiva dello Stato, anche se non divenne un’ ”azienda di Stato”, sottratta cioè ai doveri contabili e di trasparenza di una qualsiasi azienda, come piacerebbe al Maddalena. 

Ciò che è intollerabile, per Maddalena, è la forma giuridica della società per azioni, perché comporta che l’intera azienda può essere trattata sul mercato, mentre secondo Maddalena è o dovrebbe essere parte del patrimonio inalienabile del popolo italiano. L’art. 43 cost., che egli invoca a sostegno, recita: “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”. Questo parrebbe non essere pertinente perché l’Alitalia è già nelle mani dello Stato, il quale, “ai fini di utilità generale”, vorrebbe disfarsene, non continuare a tenersela. Inoltre, tra i beni discrezionalmente e non obbligatoriamente acquisibili vi sarebbero imprese monopolistiche “di preminente interesse generale”. Presumibilmente il costituente pensava a dei monopoli naturali che una gestione pubblica avrebbe potuto rendere più efficiente oltre che più favorevole ai consumatori. 

Comunque sia, l’Alitalia è già nelle mani dello Stato; non è un monopolio, e tanto meno un monopolio naturale. Inoltre; non è “di preminente interesse nazionale”, un concetto che si presta a notevoli abusi retorici: ma come! Non sarebbe di preminente interesse nazionale che il Paese possa contare su una sua compagnia di bandiera, che garantisca che i turisti che vogliono visitare l’Italia non vengano invece forzosamente sbarcati a Parigi, o Berlino, o Madrid!? No. Di interesse nazionale è che in questo settore, come in ogni altro (ad esempio quelli vitali del pane, della pasta, della conserva di pomodoro), l’attività produttiva si svolga regolarmente, e in condizioni concorrenziali: non che venga svolta da “un’azienda di Stato”.

Lo Stato deve subentrare dove il mercato non è in grado di fornire beni in modo efficiente: nell’offerta di beni pubblici, che non sono beni prodotti da imprese di proprietà pubblica: i gelati, le merendine, i panettoni. Nella prospettiva del giudice Maddalena il problema di una condotta efficiente di Alitalia scompare. Una volta trasformata in un’ “impresa di Stato”, entra in una sorta di nicchia oscura totalmente protetta e può vivere felice in eterno, lei e i suoi dipendenti. Invece, immersa a partire dalla seconda metà degli anni ’90 nella concorrenza del mercato europeo, l’Alitalia non ha saputo aggiustarvisi, anche per l’opposizione dei suoi dipendenti a qualsiasi efficace (e penosa) cessione o ristrutturazione. Gli italiani, quanto a loro, non sembra ne abbiano sofferto: hanno cominciato a volare in massa per l’Europa, grazie alle low cost. Esse hanno realizzato il “preminente interesse nazionale” di offrire viaggi aerei agli italiani. Ma perché Maddalena vorrebbe che l’aviazione civile si esercitasse con dei monopoli di Stato?

3) È chiaro che così facendo la concorrenza tra imprese si traduce in una concorrenza tra Stati, che, alla pari delle imprese, divengono enti soggetti a fallimento. E se si pensa che il trasporto aereo è solo uno dei molti settori privatizzati, c’è davvero poco da stare tranquilli.

La fallibilità delle imprese pubbliche trascinerebbe con sé quella degli Stati. Non è chiaro…e non è vero. Gli Stati non sono imprese… non di Stato e non falliscono. Possono risultare insolventi, e doverlo dichiarare, di fronte ai loro creditori internazionali. Nel caso peggiore, dovranno trovarsi dei nuovi creditori, o fare a meno di nuovo credito internazionale. Nessuno potrà mai obbligarli a chiudere bottega. Quando le compagnie aeree non sono esercitate dagli Stati, e non ne dipendono se non per doverosa attività regolatoria, gli Stati non subiscono gli effetti di eventuali crisi aziendali e non ne sono travolti. Infine, Maddalena offre le sue prescrizioni.

4) Ora spetta a Draghi, primo fautore delle privatizzazioni, trarci di impaccio, ricorrendo al ius penitendi della pubblica amministrazione, e disponendo la trasformazione in Azienda di Stato di Alitalia e di ITA. In caso contrario non ci resta che ricorrere al Giudice e alla Corte costituzionale, in base al diritto di resistenza insito nella nostra Costituzione.

Il “diritto di resistenza” era invocato da chi si opponeva ad un tiranno. In un regime di democrazia liberale e costituzionale come il nostro, non può che trasformarsi in un diritto di ricorso ad una istanza giudiziaria prevista dalla Costituzione: la Corte Costituzionale suggerisce Maddalena che ne è stato membro. Ma abbiamo già visto l’infondatezza della tesi della obbligatoria demanializzazione. Vi sono però altre forme in cui l’opposizione all’abbandono di uno status quo confortevole può manifestarsi. Anche i dipendenti dell’Alitalia, non solo il professor Maddalena, desiderano che l’Alitalia sia “un’azienda di Stato” e quindi non possa fallire. E, dato il loro potere elettorale, finora sono sempre stati esauditi.

L’Alitalia ha continuato a volare non per offrire ai viaggiatori il servizio del trasporto aereo, ma per garantire l’occupazione ai suoi dipendenti. E’ già in campo Ita, una straordinaria dimostrazione di hybris di uno Stato intenzionato a rovesciare, parrebbe, i risultati negativi ottenuti con Alitalia senza aver mai condotto una seria analisi dell’esperienza passata. La nuova compagnia totalmente pubblica parte, o ha dichiarato che vorrebbe partire, con 2700 assunti. La discontinuità pretesa dalla Commissione Europea esiste quando è favorevole a Ita, che perciò è esonerata dai debiti di Alitalia. Ma non esiste quando è sfavorevole ai dipendenti di Alitalia. I 7300 non subito assunti non saranno licenziati, ma resteranno in Cassa integrazione, ciò che presuppone a) piena identità tra Ita e Alitalia, e b) che Ita possa sussistere con successo ed espandersi rapidamente, fino a poterli riassorbire tutti. Ma chissà: dopo Ita verrà Ital, o Alit.

Come l’Araba Fenice, Alitalia è sempre riemersa dalle sue ceneri, grazie all’enorme fantasia finanziaria, se non capacità gestionale, dei suoi dirigenti. Ed è pronta a nuove reincarnazioni per altri trionfali decenni di perdite.

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