Perché mi dimetto dal Consiglio superiore dei Beni Culturali 

29 Ago 2021

Tomaso Montanari

Mi sono dimesso dal Consiglio superiore dei Beni Culturali per protestare contro l’arroganza del ministro della Cultura Dario Franceschini e denunciare l’umiliazione di quello che dovrebbe essere il massimo organo tecnico-scientifico del patrimonio. Sabato il Consiglio superiore aveva inviato al ministro una nota in cui lo invitava a “tenere in adeguata considerazione” le forti obiezioni espresse dalle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi di Bologna, Brescia, Milano sulla nomina di Andrea De Pasquale, “anche alla luce dell’importante ruolo di garanzia attribuito dalla normativa vigente all’Archivio medesimo per la conoscenza della memoria storica dell’Italia contemporanea”.

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Franceschini non ha risposto, ma domenica ha annunciato che la nomina ormai era fatta. Le associazioni hanno risposto che la decisione “sbatte la porta in faccia alle associazioni e alle tante donne e uomini di cultura che si sono associati alle nostre preoccupazioni”, e che ” la nomina di De Pasquale è un vulnus intollerabile, una operazione che sembra serva a tranquillizzare quegli apparati che ancora oggi hanno paura della verità”.

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La nomina del responsabile dell’Archivio centrale della Repubblica spetta al presidente del Consiglio dei ministri, che se ne è lavato le mani: così il ministro della Cultura si è trovato a godere di una insana autarchia. Nel modo in cui l’ha usata si intrecciano tutti ifili dell’involuzione del governo del patrimonio culturale.

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La rosa dei candidati era straordinariamente esigua: perché da anni i ranghi degli archivisti di Stato vengono massacrati dal letale definanziamento. Il progressivo svuotarsi della tutela consente l’espandersi dell’ar bitrio del livello politico. E una parte dei funzionari rinuncia volentieri alla propria autonomia, genuflettendosi alla politica e ottenendo così una rapida carriera da yes-men.

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Questa fatale deriva è esattamente ciò di cui si dovrebbe occupare il Consiglio superiore. Perché affidare l’Archivio centrale a un non archivista che si è prestato a una aggressiva campagna neofascista, significa privare quel cruciale istituto di ogni autorevolezza scientifica, e dunque renderlo un docile strumento della politica. Mentre l’unica garanzia che la verità storica non venga occultata o manipolata, sarebbe un soprintendente tecnicamente indiscutibile, culturalmente autorevole e indipendente dalla politica.

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Ho inutilmente chiesto che il Consiglio condividesse la reazione delle associazioni alla nomina, stigmatizzando il mancato ascolto da parte del ministro. La risposta del presidente, il professor Marco D’Alberti (da qualche mese divenuto consigliere giuridico del presidente del Consiglio Draghi) è stata che “qualunque ulteriore presa di posizione del collegio sarebbe inopportuna e istituzionalmente impropria”.

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Così il Consiglio continuerà a fare nomine in organi purtroppo inutili (consigli scientifici e Cda dei musei autonomi soggetti all’arbitrio dei super direttori), ad approvare finanziatissimi progetti speciali dei quali non riceve adeguata documentazione, e a tenersi accuratamente lontano dai problemi veri.

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Clamoroso il caso del Pnrr e della conseguente istituzione di una Soprintendenza speciale: ci è stato consentito di parlarne solo dopo che il Consiglio dei ministri aveva preso la decisione. E allora qual è il ruolo del Consiglio nel governo del patrimonio?  Dimettendosene, il 28 maggio 1960, Ranuccio Bianchi Bandinelli scriveva che “il Consiglio Superiore non è tenuto quale organo attraverso il quale alcuni competenti specialisti sono chiamati ad affiancare e orientare le direttive ministeriali, ma piuttosto come strumento per avallare e coprire decisioni già prese, spesso provocate da pressioni che possono dirsi politiche solo nel senso deteriore del termine, cioè del tutto particolaristico e clientelistico”.

 

È ancora così: e se quelle decisioni rappresentano un’apertura al revisionismo fascista, è il momento di dare l’allarme. Non lascio il posto di combattimento: lascio un Consiglio superiore reso inutile, ma resto nel Comitato tecnico scientifico delle Belle Arti, presidio di tutela dell’interesse generale. 

 

In Assemblea Costituente, Concetto Marchesi spiegò quale fosse la colpa degli intellettuali fattisi zona grigia intorno all’avanzata del fascismo: “Perché è avvenuto tutto questo? Per mancanza di capacità e di cultura? No: per mancanza di coscienza civile. È avvenuto … perché si trattava di una scienza, di una cultura, di un’arte interessata, e quindi destinata a volgersi verso tutti gli approdi sotto la spinta di ogni vento”. Per la piccola parte che dipende da me, la storia non deve ripetersi.

Il Fatto Quotidiano, 24 Agosto 2021

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