I no-vax sono orwelliani?

22 Lug 2021

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

La pandemia ha generato un problema di difficile soluzione: la ragione ci dice che per convivere con il Covid-19 e le sue varianti è necessario che il più gran numero di persone sia vaccinato, in ogni singolo paese e nel mondo. A meno che le persone rinuncino a viaggiare o a uscire dal proprio villaggio, questa condizione è necessaria.

Eppure è oggi la più complicata da ottenere. Per i paesi che, come il nostro, non hanno più problemi di approvvigionamento, la questione spinosa è un’altra, ben più ostica: come convincere i non ancora vaccinati a vaccinarsi senza usare l’arma della coercizione, che -tra l’altro- violerebbe i diritti e le costituzioni.

I no-vax sono una popolazione numerosa che, inoltre, gode di un corteggiamento politico e di una rappresentanza sottotraccia da parte di leader e movimenti politici. Chi dei leader nostrani non si è ancora vaccinato? Ha senso chiedere che lo siano, se non altro per fungere da modello positivo per i loro simpatizzanti?

Sembra invece che sui no-vax i politici (quelli di destra essenzialmente) cerchino di far fortuna, lanciando con i loro silenzi e le loro dichiarazioni ambigue dei segnali preoccupanti di giustificazione della decisione di milioni di italiani di non vaccinarsi.

Il no-vax è una merce di grande valore nel mercato dell’opinione – e questo deve preoccupare. Perché dietro il reiterato rifiuto del vaccino si annida una rendita politica sotterranea. Che ha ancora pudore a emergere apertamente, ma lo fa non appena ne ha occasione, come quando accusa di autoritarismo la politica del green pass o si appella all’antitotalitario George Orwell per denunciare la politica della vaccinazione.

Che Giorgia Meloni e Matteo Salvini si facciano megafoni di libertà è uno dei paradossi dell’età della pandemia. Pochi sanno opporre a questi neofiti della libertà l’obiezione principe, ovvero che quel che loro contrabbandano come libertà è puro menefreghismo: ciascuno faccia come gli pare e piace, in linea con l’orbace “me ne frego”.

La libertà si pratica sempre insieme agli altri, che ci piaccia o meno, e quindi non è mai assoluta come un “me ne frego”. Correlata a quella degli altri, si traduce in una situazione nella quale se tu non ti vaccini io rischio, ma … rischi anche tu. Il no-vax è una filosofia dell’assurdo che presume una vita in isolamento, come quella di Robinson Crusoe.

In aggiunta, il no-vax è contraddittorio in una società ipertecnologica – senza tecnologia nessuno vive più, anche se minimale (!) come quella della telefonia. E allora, iniettarsi un vaccino è fare un compromesso col demonio e vivere connessi no?

Forse si crede che la tecnologia che non mostra i suoi effetti su di noi direttamente sia buona e quella che viene iniettata con un ago sia cattiva? O si crede che in quel siero si nasconda la perfida volontà dei “poteri nascosti” che si mettono in circolo nel nostro sangue per cambiarci i connotati, come nel film “Gli anticorpi”?

Ma, allora, gli orwelliani sono proprio i no-vax.

Domani, 21 luglio 2021

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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