Le lacrime di Latifa

21 Feb 2021

Rossella Guadagnini Consiglio di Direzione Libertà e Giustizia

Rispetto al grande sfarzo con cui si è inaugurata, il 17 febbraio, la prima mostra internazionale del 2021 del Louvre di Abu Dhabi, a cui hanno partecipato autorità e artisti con opere di pittori da tutto il mondo e quadri in prestito da illustri musei, in un profluvio di commenti estatici, specialmente da parte degli organizzatori arabi, si è colpiti da un confronto che non riusciamo a scacciare dalla mente e perdura come un tarlo.

La considerazione che sarebbe stato meglio se questa rassegna, che indaga sull’astrattismo moderno e la calligrafia, in direzione di un linguaggio universale (‘Abstraction and Calligraphy – Towards a Universal Language’, 17 febbraio – 12 giugno 2021), materie sofisticate da veri cultori dell’arte, sarebbe stato molto meglio – dicevamo – che questa prestigiosa mostra di respiro internazionale fosse stata presentata da Latifa, giovane e bella figlia dell’emiro di Dubai, nonché primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, che invece per la seconda volta, stando alla recente denuncia sui social della ragazza, l’avrebbe rinchiusa nel frattempo a Palazzo.

Mentre Latifa piange lacrime amare e il mondo si interroga sul suo essere ancora in vita, tanto che l’Onu ha sostenuto di voler approfondire il caso, viene da chiedersi inevitabilmente a cosa servano la cultura, la munificenza, il potere se vengono calpestati i più elementari diritti della persona. E perché altri Paesi accondiscendono, tra applausi e sorrisi, al trionfo di una simile ricchezza che nasconde comportamenti da condannare sotto la coltre dell’arte e delle buone maniere, come si diceva nel secolo scorso.

Gli arabi vogliono conquistare l’Occidente in ogni modo, anche attraverso la seduzione intellettuale: comprano le nostre opere, mettendole in mostra e invitandoci da loro a goderne la bellezza. Ma perché non aprono le porte delle loro case, perché non spalancano le finestre dei loro magnifici palazzi, lasciando entrare l’aria fresca della libertà e della democrazia? E’ giusto far finta che tutto questo non esista, al più che non ci riguardi, oppure anche giustificarlo in nome di una malintesa empatia, di una partecipazione distorta alla “loro cultura”, “alla loro religione”, “alle loro abitudini”? E’ questi sarebbero i luoghi di un neo rinascimento, come ha detto di recente qualche politico italiano in assoluta malafede?

Giornalista e blogger, si occupa di hard news con particolare interesse ai temi di politica, giustizia e questioni istituzionali; segue vicende di stragismo, mafia e terrorismo; attenta ai temi culturali e sociali, specie quelli riguardanti le donne.

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