Missione Terra, si può fare 

16 Ott 2020

Clima e ambiente: le risposte della politica ai giovani di Elly Schlein “Non esiste un pianeta B”. Dopo cinque scioperi globali e decine di manifestazioni per il clima oggi tornano a mobilitarsi i Fridays For Future, il movimento che ha preso vita dalla scintilla scaturita nel 2018 a Stoccolma con le proteste davanti al Parlamento di Greta Thunberg.

Una mobilitazione che ovviamente sarà diversa per la necessità, che hanno sottolineato, di “rispettare le disposizioni di sicurezza contro il coronavirus”, ma che esprime la volontà di tornare, con la drammatica situazione che ci consegna la pandemia mondiale, a chiedere con forza di non tornare alla normalità di prima: bisogna migliorarla.

E in effetti le mobilitazioni di questi anni hanno già contribuito a informare il mondo e a formare la coscienza collettiva rispetto a un tema su cui da decenni gli scienziati denunciano l’urgenza di intervenire con un cambiamento di rotta ormai irrimandabile.

Gli scioperi per il clima, forse proprio perché nati come una mobilitazione che attraversa ogni frontiera e che ha portato le nuove generazioni nelle piazze di tutto il mondo, sono stati in grado di imporsi con forza nel dibattito politico europeo, costringendolo a fare i conti con la necessità di affrontare l’emergenza climatica.

Anche grazie alla loro determinazione la Commissione europea ha lanciato finalmente il Green deal, forse ancora insufficiente per la portata della sfida, ma un primo fondamentale passo con risorse importanti per la transizione ecologica.

Anche le risorse del Recovery Fund non arriveranno a pioggia, ma orientate a tre priorità cruciali per il futuro: il 37% degli investimenti dovrà essere destinato alla transizione ecologica, oltre alla trasformazione digitale e alla coesione sociale.

Un’occasione storica di ricostruzione su basi nuove, che non possiamo sprecare. Chi ha frequentato le piazze italiane di questi ultimi anni, non solo quelle dei Fridays For Future ma anche quelle contro le discriminazioni di genere e il razzismo, contro l’odio e per la dignità del lavoro, sarà rimasto colpito da un aspetto: sembra di incrociarci gli stessi volti e le stesse speranze. Ci sono sovrapposizioni non totali, ma significative.

Pare farsi largo, cioè, specie tra i più giovani, una sensibilità che non li porta a scindere la battaglia climatica con la lotta alle disuguaglianze. Sbaglia chi, con quel tocco di paternalismo con cui spesso si guarda ai giovani, pensa si tratti di una moda: in questi movimenti si incontra tanta competenza di persone che si sono informate ed hanno studiato, che chiedono proprio di ascoltare la scienza. Sarà in grado la politica, nelle istituzioni e fuori, di dare ascolto a queste voci e queste istanze?

Per farlo, oggi che quelle richieste trovano i primi riscontri, serve una visione coerente del futuro, cui orientare le politiche e le nuove risorse in arrivo. Non centinaia di progetti che guardino alla prossima scadenza elettorale, ma una visione strategica volta a recuperare i ritardi e chiudere i divari.

A cogliere l’opportunità, attraverso la transizione ecologica, di creare occupazione di qualità: attraverso l’efficientamento energetico delle strutture pubbliche e private, la transizione energetica verso fonti pulite e rinnovabili, ripensando la mobilità in senso sostenibile, rafforzando le reti del trasporto pubblico.

Bene, in questo senso, il decreto che facilita la diffusione delle comunità energetiche e soprattutto l’ecobonus del 110%, che va nella giusta direzione di realizzare risparmi per famiglie e imprese e al contempo ridurre emissioni nocive per ambiente e salute. Ma serve più coraggio. Serve una seria strategia di decarbonizzazione dell’economia, allinearsi all’ambizione di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030, come propone la Commissione europea.

Serve superare le contraddizioni, come spendere 18 miliardi all’anno in sussidi ambientalmente dannosi. Serve una grande opera di cura del territorio e prevenzione del dissesto e dei rischi sismici, che costa meno di reagire di volta in volta agli eventi climatici estremi che colpiscono il Paese da Nord a Sud con vittime e danni ingenti. Oggi ci sarà un nuovo sciopero per il clima in cui in tante e tanti chiederanno alla politica di assumersi le responsabilità che abbiamo verso le prossime generazioni, di costruire un futuro migliore, più giusto e sostenibile.

Ma le forze così diverse che compongono questa maggioranza, su cosa possono trovare un accordo e realizzare cambiamenti concreti, se non su questi temi? Non c’è più tempo, facciamo in fretta.

*Capolista di Emilia-Romagna Coraggiosa e vicepresidente della Regione Emilia-Romagna. 

la Repubblica, 9 ottobre 2020 

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