DIRITTO ALLA SALUTE E COVID

02 Ott 2020

Pubblichiamo questo intervento della Professoressa Maria Cristina Paoletti in tema di diritti costituzionali fondamentali, oggi posti alla prova della pandemia

CURE PER TUTTI E UGUAGLIANZA O UTILITARISMO E DARVINISMO SOCIALE

Sommario: 1. Covid-19: vecchi e giovani – 2. Le strategie negliStatioccidentali   – 3. Le critiche di Zagrebelsky – 4. I giorni più critici della pandemia – 5. Le Raccomandazioni della SIAARTI – 6. Pro e contra – 6.Conclusioni.

1.Covid-19: vecchi e giovani

 Calcoli e scelte selettive sono scelte che arrivano a distruggere una civiltà. Nell’Eneide Virgilio chiama sempre Enea il “pio” perché ha salvato suo padre, si è caricato il vecchio Anchise sulle spalle. Cosa facciamo noi oggi per salvarci dal virus? …..non parlo di noi italiani ma di noi occidentali, degli ospedali di noi occidentali. Curiamo i giovani e lasciamo perdere gli anziani. l pio Enea fondava una civiltà. Noi la distruggiamo. 1

Queste parole dello scrittore Ferdinando Camon si riferiscono ad una notizia di aprile 2020 relativa alla   scelta della Catalogna di intubare per ultimi gli ottantenni ammalati   di Covid-19 e bisognosi di terapiaintensiva.2

Lo scrittore stigmatizza questa scelta di abbandono dei vecchi come “un empietà” poiché stabilisce che “c’è una vita che non merita di essere salvata, la vita oltre una certa età”, una vita che non è più un diritto assoluto.

Ho riportato per esteso le parole di Camon al fine di avviare una riflessione sulle politiche pubbliche poste in essere nei diversi paesi dell’occidente di fronte all’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da coronavirus che vede il riaccendersi di nuovi focolai un po’ ovunque in Europa e il virus continuare a diffondersi nel pianeta, negli Stati Uniti, in America Latina, in India e nelSudafrica.

 2.   Le strategie negli Stati occidentali

Diverse sono state le strategie messe in campo dalle democrazie occidentali. Negli Stati Uniti si è acceso un dibattito in cui il Presidente Trump e i suoi supporter hanno sostenuto la tesi, che potrebbe essere definita una riedizione di darwinismo sociale, secondo cui i più forti sopravvivono e non possono fermarsi per prendersi cura dei più deboli. Questa tesi ha trovato spazio nei siti della destra estrema ed è rimbalzata sui social media come Twitter, dove sotto la sigla “MAGA” (Make America Great Again), lo slogan di Trump, si invitava a riflettere sui rischi di un blocco della produzione per salvare qualche migliaio di ottuagenari.3 Questa tesi aveva fatto breccia anche nel mondo accademico, dove uno studioso della Stanford University aveva affermato che “salvare vite non è l’unica considerazione”, ignorandone i costi, il prezzo troppo alto sul piano economico.4

Le conseguenze di politiche negazioniste, di Trump come del brasiliano Jair Bolsonaro, di minimizzare la gravità del virus e di evitare il più possibile il lockdown o di riaprire quanto prima sono sotto gli occhi di tutti. Limitandoci agli Stati Uniti, la diffusione del contagio è stata così ampia che in alcuni ospedali vicini al collasso si è scelto di dare la priorità   nelle   cure   a   chi   aveva   più   speranza   di   vita, rendendo “sacrificabili” le persone più vulnerabili, gli anziani, i disabili, i malati, i poveri.5

In base ai dati del governo federale gli afroamericani e i latinos sono stati colpiti dal virus in tutto il paese in modo sproporzionato rispetto al resto della popolazione. Dietro al negazionismo di Trump e della destra americana è ravvisabile al tempo stesso razzismo e darwinismo sociale, “messo a nudo dall’inconfessabile nostalgia suprematista che anima la decisione politica di ignorare la necessità di cure dei più fragili”.6

Ma torniamo in Europa per verificare se le nostre democrazie sono state immuni da questo approccio. Si è già riferito della Catalogna. E’ noto il dibattito suscitato dalla proposta di combattere il virus facendo   ricorso   alla   teoria   dell’immunità   di   gregge avanzata in una prima fase della pandemia nel Regno Unito. E’ rimasta celebre la frase del premier inglese Boris Johnson: “È la più grave crisi sanitaria in una generazione, morranno molti nostri cari”.7

E’ altrettanto noto che vi è stata una decisa retromarcia   rispetto a questa strategia dopo la positività al virus dello stesso premier.8

La strategia dell’immunità di gregge si basa sulla scelta di non imporre misure restrittive alle abitudini di vita e di movimento della popolazione e di non chiudere, parzialmente o totalmente, le attività produttive non essenziali, lasciando le persone più vulnerabili, in particolare anziani e malati, al rischio di contrarre il virus con l’obiettivo di immunizzare la comunità con costi minori sul piano economico. In buona sostanza secondo questa teoria i forti si salvano e sopravvivono immunizzati assicurando la protezione della comunità.9

Tale strategia è stata adottata dalla Svezia facendo appello al senso di responsabilità dei cittadini rispetto al distanziamento sociale, lasciando aperte la maggior parte delle attività economiche tra cui negozi, caffè, ristoranti così come i parchi pubblici e le scuole con l’obiettivo di mantenere il tasso di contagio ad un livello sostenibile per il sistema sanitario e di non attuare misure gravose per il sistema economico.

L’approccio “leggero” dell’Agenzia di Sanità Pubblica svedese, benché l’immunità di gregge non sia stata dichiarata obiettivo ufficiale dall’Agenzia stessa, ha provocato un tasso molto elevato di mortalità: alla data del 20 luglio 2020, la Svezia aveva un bilancio di vittime 4,5 volte superiore a quello della somma degli altri quattro paesi nordici, concentrate per lo più tra la popolazione anziana, in particolare tra le persone residenti nelle case di riposo pubbliche, tasso di mortalità maggiore a quello degli Stati Uniti: 556 vittime per milione di abitanti rispetto alle 425 degli USA, per un totale di 5560 decessi.10

Una politica, quella dell’immunità di gregge, che come affermato da Mike Ryan, direttore esecutivo del programma per le emergenze sanitarie dell’OMS “può portare ad un calcolo aritmetico molto brutale che non mette le persone, la loro vita, le sofferenze al centro di taleo perazione”.11

Veniamo al nostro paese. I più colpiti dal covid sono stati gli anziani, in particolare nelle RSA, ma anche i migranti, i braccianti agricoli, i lavoratori la cui povertà si mescola alla vulnerabilità giuridica, alla mancanza di assistenza sanitaria, all’impossibilità di rispettare le misure di distanziamento interpersonale e l’isolamento.12

In questo scritto la riflessione si limiterà alla drammatica questione della “sacrificabilità” delle persone in relazione all’età più o meno avanzata.

3.   Le critiche di Zagrebelsky

 Gustavo Zagrebelsky nel mese di maggio, quando la fase critica dell’emergenza sanitaria era alle spalle poiché non si temeva più il rischio di collasso del sistema sanitario per la scarsità dei posti di terapia intensiva ed era ormai superata negli ospedali l’angosciante questione di dover scegliere chi curare e chi no, aveva evidenziato come anche nel nostro paese fosse emerso il retropensiero che le vite non avessero tutte lo stesso valore, in particolare quelle degli anziani.13

L’illustre giurista sottolineava come questi ultimi erano destinati ad essere percepiti sempre più “come soggetti improduttivi, pesi e costi della società tutta intera che, in nome del proprio sviluppo, non può permettersi di sostenere” e metteva in guardia dal riaffacciarsi del darwinismo sociale. Ricordava il grande dibattito sulla salute come diritto egualitario che si era sviluppato durante la grande stagione delle riforme (lavoro, istruzione, famiglia) nel decennio 1970-1980 che aveva portato all’approvazione della legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, con il quale la tutela della salute diventava uno dei compiti primari dello Stato che doveva essere promossa e garantita attraverso la fiscalità generale.

Zagrebelsky ricordava altresì ciò che si è evidenziato tragicamente nei giorni più difficili dell’emergenza pandemica e cioè “il rovesciamento dell’ideologia dello Stato sociale” giudicato “un’utopia ingenua e dannosa… un peso allo sviluppo, mentre le società più prospere sono quelle che lasciano i poveri, i vecchi, gli ammalati al loro destino”. Non mancava di sottolineare inoltre come l’idea dell’immunità di gregge non era che la conferma di una visione efficientista e ultraliberista che aveva la sua origine nel darwinismo sociale, nell’evoluzionismo esteso dalle specie viventi alla vita delle società.14

4.     I giorni più critici della pandemia

Torniamo al mese di marzo, ai giorni più critici della pandemia. E’ stato proprio in quel contesto drammatico che si sono resi maggiormente evidenti i danni ingenti arrecati al Servizio sanitario nazionale con la conseguente messa a repentaglio del diritto alla salute e alla vita stessa dei cittadini del nostro paese.

Le politiche pubbliche di definanziamento (pari a circa 37 miliardi di euro nel periodo 2010-2019) e di privatizzazione del servizio sanitario hanno dato origine ad un notevole ridimensionamento del personale, alla drastica riduzione dei posti letto, alla diminuzione delle strutture tecnologiche e, per quel che più qui interessa, della dotazione dei posti di terapia intensiva che a febbraio 2020, all’inizio della pandemia, considerando sia il settore pubblico che quello privato, erano pari a 5400, successivamente incrementati a ritmi accelerati a 9122 posti al 31 marzo 2020.15

Secondo la rivista Intensive Cure Medicine, nel 2020 in Italia i posti di terapia intensiva erano pari a 8,58 ogni 100.000 abitanti. Nel 2012 erano invece 12,5 ogni 100.000 abitanti contro i 29,2 della Germania e i 21,87 dell’Austria.16

Proprio questa limitatezza delle strutture di terapia intensiva ha suscitato nell’ambito medico-scientifico, nel mondo accademico e in misura minore anche a livello mediatico, un animato confronto sulla questione dell’accesso alla ventilazione assistita in una situazione di carenza di posti rispetto alla concomitante domanda da parte di persone bisognose di cure intensive e conseguentemente sulla questione della scelta drammatica di chi curare e chi no.

Abbiamo saputo attraverso i media che queste tragiche scelte, queste decisioni tremende sono state assunte in alcuni casi dagli operatori sanitari che, nei giorni e nei territori più colpiti dal contagio, si trovavano in prima linea a fronteggiare l’emergenza.

Senza voler in alcun modo indulgere in immagini “compassionevoli” possiamo tuttavia rappresentarci con gli occhi della mente gli anziani ammalati che con angoscia attendevano l’arrivo delle ambulanze o che, accompagnati dai loro familiari, si sono recati negli ospedali con la speranza di una cura che potesse alleviare le loro sofferenze ma che soprattutto potesse salvare loro la vita. Purtroppo questa opportunità di salvezza per alcuni malati di Covid mancata per carenza di risorse.

Non è nell’intento di questo scritto entrare nel merito di possibili casi di comportamenti approssimativi nella gestione dell’emergenza di alcune strutture sanitarie o di provvedimenti di decisori politici regionali di trasferimento degli anziani malati di Covid- 19 dagli ospedali nelle RSA con il risultato di diffondere il contagio tra gli anziani residenti nelle strutture dedicate, questione su cui valuterà la magistratura. Interessa, invece, sottolineare che il tema della carenza di posti per il trattamento intensivo è stata una questione sollevata quasi ogni giorno a livello mediatico. Esponenti della compagine governativa ed il Capo del Dipartimento della Protezione civile, nei difficili giorni dell’implementazione aggiuntiva di strutture di terapia intensiva, manifestavano frequentemente il timore di un collasso del servizio sanitario, collasso che è stato scongiurato grazie all’assunzione di misure drastiche di restrizione delle libertà dei cittadini e alla chiusura delle attività produttive e di servizio non ritenute essenziali.

5.   Le Raccomandazioni della SIAARTI

E’ in questo contesto che la SIAARTI (Società italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva) il 6 marzo 2020 ha pubblicato un documento intitolato Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili.17

Lo scenario da cui muove il documento SIAARTI è quello della previsione di un aumento di casi di insufficienza respiratoria da Covid-19 di entità tale da determinare un enorme squilibrio tra necessità cliniche della popolazione e la disponibilità effettiva di risorse intensive. In tale scenario, che è assimilato dalla SIAARTI a quello della “medicina delle catastrofi”, potrebbero essere necessari criteri di accesso alle cure intensive e alla loro eventuale sospensione, ispirati non soltanto all’appropriatezza clinica e alla proporzionalità delle cure ma anche al criterio di giustizia distributiva e di appropriata allocazione di risorse sanitarie limitate, puntando a garantire i trattamenti intensivi ai pazienti con maggiori possibilità di successo terapeutico.

Per la Società scientifica di anestesisti e rianimatori si tratta dunque di privilegiare “la maggiore speranza di vita” e ciò significa che ” può rendersi necessario porre un “limite di età” all’ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte “meramente” di valore ma di riservare risorse che potrebbero essere scarse a chi ha in primis “più probabilità di sopravvivenza” e secondariamente a chi può avere “più anni di vita salvata” in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone”. (Raccomandazione n.3).

Nella stessa raccomandazione si evidenzia che in una situazione di saturazione totale delle terapie intensive, mantenere come criterio di accesso quello cronologico del “first come first served” equivarrebbe comunque a scegliere di non curare gli eventuali pazienti successivi che rimarrebbero esclusi dalla terapia intensiva. Si aggiunge, nella Raccomandazione n. 4, che dovranno inoltre essere valutati “la presenza di morbilità e lo status funzionale in aggiunta all’età anagrafica”.

Secondo la Raccomandazione n. 9, “i criteri di accesso alle terapie intensive andrebbero discussi e definiti per ogni paziente in modo il più possibile anticipato, creando idealmente per tempo una lista di pazienti che saranno ritenuti meritevoli18 di terapia intensiva nel momento in cui avvenisse il deterioramento clinico sempre che le disponibilità in quel momento lo consentano”

6.   Pro e contra

Il documento, come era prevedibile, in particolare per il riferimento ad un limite di età per l’accesso alle terapie intensive, ha suscitato immediate reazioni che vanno dalle manifestazioni di preoccupazione e perplessità al netto dissenso ma anche all’apprezzamento, sia nella comunità medico-scientifica che nel mondo accademico che nei media che ne hanno dato conto.

PRO

In particolare, chi ha accolto con favore le Raccomandazioni ha cercato di individuare e di esplicitare le basi etiche, deontologiche e giuridiche del documento al fine di una sua maggiore contestualizzazione e condivisione.19

Dopo aver sottolineato l’opportunità della decisione della SIAARTI di proporre criteri decisionali per orientare il personale sanitario impegnato a fronteggiare l’emergenza, da un lato sollevando i medici di una parte di responsabilità nelle scelte emotivamente gravose e dall’altro rendendo espliciti i criteri di allocazione delle risorse sanitarie scarse, si è entrati nel merito dei criteri, dichiarandone esplicitamente in termini positivi l’intento di bilanciare equità ed utilità. Proprio su questo approccio, definibile almeno in parte d’impianto utilitaristico, si sono indirizzati i giudizi negativi e le critiche più aspre.

Chi ha mostrato apprezzamento per le Raccomandazioni ha evidenziato in primo luogo che nello scenario descritto dalla SIAARTI20 gli operatori non si trovano di fronte ad un triage (metodo di selezione delle priorità) “puntuale” bensì ad un triage “prospettico”, ossia ad un contesto in cui la scelta dei pazienti non è riferibile ad uno spazio e ad un tempo determinati, con un numero di malati definito (come per esempio nel caso di un terremoto o di un’inondazione) ma ad una crisi in progress che vede un incremento rapido di contagiati. In questo contesto straordinario si rende necessario applicare criteri di razionamento delle terapie intensive con la conseguenza di non poter più garantire l’equità e l’universalità delle cure, principi cardine del nostro ordinamento.

E’ la situazione eccezionale che impedisce di rispettare pienamente il principio del favor vitae e di adempiere al dovere etico, deontologico e giuridico di fornire la dovuta assistenza a tutti e si rende necessario rivedere i principi e i criteri che si applicano nelle situazioni ordinarie. Si giustifica così, sotto il profilo etico, la proposta di integrare i criteri di appropriatezza clinica e di proporzionalità delle cure con quelli della giustizia distributiva e della appropriata allocazione di risorse sanitarie, declinando “la giustizia” (uno dei tradizionali principi dell’etica biomedica accanto al rispetto per l’autonomia, alla non maleficenza ed alla beneficenza) non solo in termini di equità ma anche di utilità, cioè secondo la regola che chiede di massimizzare la salute per il maggior numero di persone.21

Si riconosce che dare priorità, tra le persone che presentano tutte un’indicazione clinica alla terapia, a chi potrà trarre maggiore beneficio dal trattamento intensivo, introduce parametri secondo cui le risorse saranno destinate solo ad alcuni a scapito, in particolare, delle persone più fragili e vulnerabili, dato che l’età anagrafica e la comorbilità sono correlate alla probabilità di sopravvivenza. Ciononostante si ritiene la proposta della SIAARTI eticamente ragionevole perché dettata da una situazione straordinaria, superata la quale, si dovrà tornare a promuovere la giustizia in termini di equità.

Anche sotto il profilo deontologico non si sono ravvisati contrasti con il relativo codice dei medici. Al contrario, limitandoci qui ad una sola argomentazione, si è ritenuto di poter ricavare nell’art. 77 del Codice deontologico, relativo alla medicina militare, principi validi ispirati all’utilità, anche per l’emergenza pandemica. Tale articolo prescrive il triage per stabilire le priorità di intervento terapeutico in caso di più pazienti contemporaneamente bisognosi di cure e anch’esso richiede di “agire secondo il principio di massima efficacia per il maggior numero di individui”.

Infine, a sostegno delle Raccomandazioni della SIAARTI anche sotto il profilo giuridico si richiamano i seguenti principi costituzionali alla base della relazione di cura: art. 2 della Carta (principio personalista, garanzia dei diritti inviolabili e dovere inderogabile di solidarietà); art .3 (principio di uguaglianza); art. 32 (diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività). Si menzionano altresì i principi che si pongono in assoluta consonanza con quelli della Costituzione sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, in particolare l’art. 1 relativo alla dignità umana, l’art. 2 sul diritto alla vita, l’art. 35 relativo alla protezione della salute, nonché a livello di legislazione ordinaria l’art. 1 della legge n. 833 del 1978 che, combinando i principi costituzionali, concepisce il Servizio sanitario in modo universalistico ed egualitario. Si afferma tuttavia che la situazione emergenziale è tale da comportare il conflitto non solo tra valori costituzionali ma anche tra il diritto alla salute di una persona versus il diritto alla salute di un’altra.

In questo contesto tragico qualsiasi scelta, tra chi curare e chi no, comporta inevitabilmente un sacrificio, nell’impossibilità di salvaguardare contemporaneamente la vita di più persone o di tutte. Ma il medico, cui spetta comunque intervenire direttamente, deve bilanciare gli interessi equivalenti della vita di due o più persone non utilizzando il criterio cronologico first come first served ma assegnando le risorse scarse a coloro che nel contesto concreto possono essere trattati efficacemente e che pertanto hanno più probabilità di salvezza, con il maggior beneficio per il maggior numero di persone.

Il conflitto di doveri che grava sul curante va risolto quindi utilizzando lo strumento del triage della medicina delle catastrofi 22, operando un’attenta stima delle probabilità di sopravvivenza dei pazienti, basata su criteri quali la gravità del quadro clinico, la comorbilità, lo status funzionale, eventualmente associati ad un’età avanzata.23

Sulla stessa linea, ma con un approccio più radicale, il costituzionalista Antonio Ruggeri, il quale, non limitandosi ad affermare che di fronte ad una situazione di conflitto non tra valori costituzionali diversi ma di “un conflitto di valore con… se stesso” la situazione si risolve “nella atroce locuzione mors tua vita mea“, sembra aprire ad una visione che richiama l’utilitarismo e il darwinismo sociale. A suo avviso in questo quadro soccorrerebbe il dovere di solidarietà e di fedeltà alla Repubblica: “il primo spingendo verso una soluzione che si porterebbe oltre l’interesse individuale risultando la meno gravosa per l’intera collettività; il secondo indurrebbe ad optare per una soluzione che metterebbe al riparo la continuità del gruppo sociale assicurandone la trasmissione nel tempo”. I suddetti doveri ricadrebbero nel meta-valore della sopravvivenza della specie. Il giurista ribadisce che l’idea del bilanciamento tra una vita umana e un’altra vita è insopportabile, tuttavia la soluzione risulterebbe giustificata dalla “logica” del male minore e in termini costituzionalmente significativi sarebbe “coperta dal “metaprincipio” della massimizzazione della tutela.24

Ancora a sostegno delle Raccomandazioni della SIAARTI, seppure con delle distinzioni e con delle diverse argomentazioni sul piano giuridico-costituzionale, Giovanna Razzano. La studiosa, alla ricerca di criteri di distribuzione di risorse scarse che possano ritenersi coerenti con la Carta costituzionale e con la tutela dei diritti umani sancita in ambito internazionale,25 richiama in particolare il principio di uguaglianza, della pari dignità sociale, di cui all’art. 3 della Costituzione, considerato punto di riferimento per il criterio di ragionevolezza che implica il riconoscimento delle situazioni oggettivamente diverse e quindi la legittimità di un diverso trattamento giuridico.26

Razzano sostiene che il limite di età nelle Raccomandazioni non è preso in considerazione come un criterio di selezione sociale sulla base di una presunta minore dignità personale di chi è più anziano rispetto ai più giovani o per una ragione economica di risparmio di risorse rispetto ad un soggetto ormai improduttivo. Esso è legato in primo luogo all’argomento dell’appropriatezza clinica e secondariamente a quello della giustizia distributiva, riservando le risorse scarse in primis a chi ha più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in sostanza a chi può meglio giovarsene.

Si riconosce che si tratta di un triage drammatico, di una selezione che attua una discriminazione, tuttavia tale termine deve essere inteso in senso etimologico, quale “criterio ragionevole di discernimento fra situazioni distinte”.27

Secondo Razzano, proprio nell’ottica costituzionale del principio di uguaglianza non occorre tanto rivendicare il diritto alla salute e alla risorsa medica per tutti, che di fatto non c’è, ma esigere che sia individuata la ragione in base a cui si sceglie, cioè la motivazione medico-scientifica di giustizia della discriminazione, in altre parole che sia “una discriminazione giusta”, “un giudizio selettivo ragionevole, pubblico e verificabile”.

A suo avviso nel documento della SIAARTI l’età non viene indicata quale criterio aprioristico ed ingiustificato per escludere un paziente dalla terapia intensiva ma come un fattore clinico dirimente nella valutazione di appropriatezza clinica per le minori probabilità di successo. Pertanto, le Raccomandazioni non esprimerebbero una “discriminazione ingiusta”. A conferma di ciò si confronta il documento della SIAARTI con quello dell’omologa Società spagnola nel quale invece si arriva ad escludere dalla terapia intensiva i pazienti con deterioramento cognitivo, demenza o altre infermità degenerative e si afferma che si dovrà anche valutare che la sopravvivenza sia libera da incapacità, pervenendo così ad un giudizio sulla qualità della vita futura a prescindere dal criterio della speranza di vita, in violazione della normativa sui diritti umani e in aperto contrasto con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, come rilevato dal Comitato di bioetica spagnolo.28

 CONTRA

 Il Comitato Nazionale per la Bioetica del nostro Paese non ha invece preso espressamente posizione sul documento della SIAARTI, anche se componenti autorevoli del Comitato stesso avevano manifestato ben presto perplessità e preoccupazioni sulle Raccomandazioni, in ciò preceduti dal Presidente della Federazione nazionale degli Ordini degli Medici, Filippo Anelli. Quest’ultimo si è posto in netto contrasto con il documento, ribadendo che la guida per i medici, prima di qualunque raccomandazione che subordini l’etica a principi di razionamento, sono i principi della Costituzione, del Codice di Deontologia e del Servizio sanitario nazionale.29

Il Presidente del Comitato Nazionale per la bioetica, Lorenzo d’Avack, prima di entrare nel merito del documento della SIAARTI, ha stigmatizzato le responsabilità della lunga catena di scelte politiche in ambito sanitario che sono state all’origine delle criticità dell’emergenza pandemica30 . Ha quindi ribadito la natura di bene primario della vita umana da cui dipendono tutti gli altri beni, la cui protezione ha il massimo della priorità che il paese ha il dovere etico, sociale e giuridico di garantire. Il Presidente del CNB ha affermato che il modello etico di allocazione delle risorse scarse prospettato dal documento della SIAARTI non è in linea con i principi della Carta costituzionale, sanciti dagli artt. 2, 3 e 32, né con la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale, né con le leggi n. 219 del 2017 (Consenso informato)31 e n. 24 del 201732 ( Responsabilità del professionista sanitario), né con il Codice deontologico dei medici. In base ai suddetti principi e prescrizioni, anche in situazioni straordinarie, quando sono in gioco vita o salute, tutti gli individui sono di pari valore e tutti possono vantare un diritto incontestabile alla salute.

Se mancano le risorse per curare tutti, obbligo dello Stato è mettere in sicurezza il servizio sanitario con provvedimenti eccezionali. Le esigenze sanitarie, qualora carenti, non possono comprimere il nucleo irriducibile del diritto alla salute. 33

Nella distribuzione delle risorse si deve quindi cercare comunque di realizzare il massimo di uguaglianza anche se è doveroso utilizzare il criterio clinico-scientifico per valutare l’efficacia, la proporzionalità del trattamento che non deve essere sprecato .

Da respingere invece il modello etico proposto dalla SIAARTI poiché si richiama di fatto a quello utilitaristico proprio dei paesi anglosassoni, il cosiddetto QALY o Quality Adjusted Life Years, secondo il quale, in caso di risorse scarse, si deve stabilire un ordine di priorità sulla base di un indice che tiene conto da una parte dell’età della persona, del numero di anni di vita attesa, della presumibile qualità di vita futura e dall’altra della presenza di comorbilità e dello stato di salute complessivo che si aggiunge all’età anagrafica.34

Sul punto intervengono altri due studiosi35 evidenziando che le Raccomandazioni, indipendentemente dalla loro natura ed efficacia giuridica, riconducibile o meno alle fonti previste (linee guida) dall’art. 5 della legge n. 24 del 2017, il cui rispetto può integrare una causa di esclusione della punibilità del professionista36, costituiscono un nucleo regolatorio che è potenzialmente idoneo a incidere sul diritto di accesso alle cure intensive dei pazienti più fragili. Si sottolinea, come già Lorenzo D’Avak, che i criteri utilizzati dalle Raccomandazioni sono operanti in sistemi giuridici dove non è possibile enunciare un diritto fondamentale alla salute sul piano costituzionale. Infatti, nel contesto della Costituzione non scritta inglese, non si può parlare di un diritto fondamentale alla salute ma di doveri che hanno le amministrazioni sanitarie sulla base del criterio della massima utilità, tenuto conto dello stanziamento delle risorse finanziarie. L’allocazione delle risorse viene effettuata attraverso l’impiego di indici econometrici, come il già menzionato QALY, che stabiliscono i trattamenti erogabili dal servizio sanitario. I due giuristi concludono affermando che i criteri di massima utilità mal si conciliano con il modello personalista della nostra Carta costituzionale che assume la salute come diritto fondamentale della persona e ambito inviolabile della dignità umana.37

Sulla stessa linea la vicepresidente del CNB Laura Palazzani38, secondo cui gli elementi delle Raccomandazioni che si ispirano alla teoria utilitaristica (non far accedere alle terapie intensive il paziente “attuale” in favore di un paziente “futuro” che potrebbe avere una prognosi migliore e il criterio dell’età legato al numero maggiore di anni di vita salvata ai fini della precedenza tra pazienti in parità di condizione clinica) rischiano di introdurre tale approccio anche nella prassi ordinaria.

Si tratta di criteri che negano il significato autentico di “giustizia” intesa come riconoscimento della pari dignità ad ogni essere umano e che pertanto sono in contrasto con la garanzia dei diritti umani fondamentali sanciti nella Carta costituzionale, nel Codice deontologico e nelle normativa internazionale.39

A questo proposito la bioeticista si sofferma sulla problematica della “giustizia” nella distribuzione di risorse scarse in ambito bioetico. Evidenzia che vi è accordo sul fatto che la distribuzione debba essere “giusta” nel senso dei noti principi di “non danneggiare l’altro” e di “dare a ciascuno il suo”. Precisa tuttavia che non vi è   condivisione sul modo di concepire teoricamente la giustizia e di come applicarla sul piano concreto. Infatti secondo la teoria del libertarismo la giustizia è tutela dell’autodeterminazione; il principio di “non danneggiare” significa non restringere la libertà dell’altro e quello di “dare a ciascuno il suo” significa attribuire risorse ad ogni individuo secondo la sua volontà, i meriti, la capacità ecc..

In questa prospettiva le disuguaglianze sono inevitabili e non sono considerate ingiuste bensì il risultato della cosiddetta “lotteria” naturale e sociale. La società non deve compensare i danni, non esiste un obbligo diretto ad aiutare i bisognosi, pertanto non esiste una titolarità dell’individuo alle cure nel libero mercato dell’assistenza privata.

Nelle scelte distributive si preferisce il giovane all’anziano, il ricco al povero, chi è più autonomo rispetto a chi non lo è. Si tratta di un approccio economicistico, alla cui stregua la selezione dei pazienti avviene in base alla libera scelta individuale e alla capacità di pagare.

Secondo Palazzani, sebbene il libertarismo abbia trovato poco spazio nel dibattito attuale sulla pandemia tuttavia, per certi aspetti, la proposta politica dell’immunità di gregge si ispira a questo approccio che si basa sull’idea del laisser faire, sul non imporre misure restrittive, lasciando esposte al rischio di contagio le persone più vulnerabili con l’obiettivo di immunizzare la comunità. Tale proposta, come si è visto, ha provocato un grande numero di decessi negli Stati che l’hanno messa in pratica.40

Secondo la teoria utilitaristica, che è invece al centro del dibattito bioetico e ha non pochi sostenitori anche nel nostro paese, la distribuzione delle risorse scarse è “giusta” quando raggiunge, a parità di spesa, il miglior risultato possibile sul piano pragmatico in rapporto alla convenienza e all’efficienza e quindi al numero di pazienti che sopravvivono con la prospettiva di più anni di vita da vivere e con un buon standard di qualità della vita stessa.

Un simile approccio distributivo porta inevitabilmente a privilegiare le persone più giovani e all’emarginazione dei soggetti più deboli. Si parla a questo proposito del cosiddetto “ageismo” ossia di discriminazione in base all’età.

Per Palazzani il modello teorico più in linea con il diritto fondamentale alla salute individuale è invece quello dell’egualitarismo sociale. L’uguaglianza degli esseri umani giustifica la distribuzione solo sulla base dell’equità. Il punto di partenza è il riconoscimento del principio che tutti devono essere curati. Se di fatto ciò non è possibile per scarsità di risorse, l’unico criterio applicabile è quello della valutazione medica oggettiva, caso per caso, delle condizioni cliniche del paziente, dell’urgenza e della gravità, dell’eventuale presenza di altre malattie, dalla presumibile efficacia prognostica del trattamento, secondo criteri di proporzionalità e di appropriatezza.41 Ogni altro criterio, dell’età in sé, della preferenza della vita meno vissuta, della qualità di vita probabile, del ruolo sociale, della disabilità, della disponibilità finanziaria, dell’etnia, del costo sociale, sono criteri inaccettabili in quanto extra-medici, che stabiliscono arbitrariamente disuguaglianze tra persone.

In estrema sintesi, sembra di poter affermare che la bioeticista sia favorevole ad una successione di priorità così stabilita: sulla base dell’urgenza medica; in caso di urgenze mediche comparabili secondo il principio cronologico del first come first served; in caso di pazienti contestuali in base al criterio del sorteggio, pur riconoscendo che quest’ultimo è un criterio suscettibile di critica poiché si espone al rischio dello spreco di risorse scarse. A suo avviso, questi due criteri risultano comunque più equi e più giusti, rispetto ad ogni possibile scelta che potrebbe risultare discriminatoria.

Il Comitato Nazionale per la Bioetica del nostro paese, nel suo Parere del giorno 8 aprile 202042 che , come si è detto, non ha fatto diretto riferimento alle Raccomandazioni della SIAARTI, ha avviato la sua riflessione muovendo dai più volte menzionati principi costituzionali alla base della relazione di cura, ritenuti un punto di riferimento irrinunciabile in ambito bioetico anche in condizioni di estrema criticità.

Il CNB ha quindi ribadito che, nell’allocazione delle risorse, si devono rispettare i principi di giustizia, equità e solidarietà ed ha indicato il criterio clinico come il più adeguato punto di riferimento, ritenendo ogni altro criterio di selezione, come ad esempio “l’età, il sesso, la condizione, il ruolo sociale, l’appartenenza etnica, la disabilità, la responsabilità rispetto a comportamenti che hanno indotto la patologia, i costi, eticamente inaccettabile”43. Il Parere è stato approvato a grande maggioranza con il voto contrario del prof. Maurizio Mori che ha illustrato le ragioni del suo dissenso nella posizione di minoranza pubblicata contestualmente al parere: “Le Raccomandazioni SIAARTI puntano nella direzione giusta”. Per Mori il fattore extra-clinico dell’età costituisce invece un criterio che apre a “nuovi orizzonti”44.

 6. Conclusioni

Nelle pagine che precedono si è cercato di dare conto del confronto che si è aperto a seguito della circostanza drammatica di un sistema sanitario impreparato ad affrontare l’emergenza pandemica, incapace di dare, nella fase iniziale, una risposta adeguata al bisogno di cure di tutte le persone contagiate dal coronavirus con la conseguenza di porre i medici nella condizione di dover scegliere anche in tempi brevissimi chi far accedere alla terapia intensiva e chino.

Il documento della SIAARTI muove da uno scenario incontestabile di squilibrio tra domanda di cura e risorse disponibili ed è in qualche modo comprensibile che abbia posto, nell’eccezionalità della situazione, la questione del razionamento facendo appello a criteri utilitaristici come il limite di età e il non necessario utilizzo del criterio cronologico per l’accesso alle cure.

Detto ciò, ad avviso di chi scrive, si tratta comunque di criteri inquietanti: si orientano le scelte dei medici sul presupposto scontato che sia più ragionevole sacrificare gli anziani che non accantonare le risorse limitate in favore di futuri pazienti piùgiovani, così come preferire, a parità di condizioni cliniche, le persone che hanno ancora la vita proiettata verso il futuro rispetto a chi la vita l’ha già vissuta.

Tali criteri possono essere ritenuti, come si è visto, il “male minore”45 o una risposta corrispondente “al senso comune”46 o possono addirittura aprire “nuovi orizzonti” secondo qualche bioeticista47. In realtà essi rischiano di portarci su terreni scivolosi, prefigurano scenari tragici, in cui le vite di determinate categorie di persone sono pesate e ritenute di minore valore anche in contesti ordinari. Non si può escludere che in un secondo momento altre categorie di persone fragili, come proposto dalla Società di medicina intensiva spagnola, non siano ritenuti meritevoli dei trattamenti o che al contrario si allarghino le maglie solo rispetto ad “anziani illustri o facoltosi” sulla base delle condizioni personali e del ruolo sociale.

Certamente né il criterio cronologico first come first served e ancor meno quello del sorteggio a parità di condizioni cliniche possono ritenersi soddisfacenti. In una certa misura, la vita meno vissuta può apparire più meritevole di essere salvaguardata, tuttavia se ci raffiguriamo la situazione di ammalati anziani che dovessero trovarsi di fronte a linee guida, a protocolli, che stabiliscano a priori che non è possibile una presa in carico da parte del Servizio sanitario in relazione all’età, tale situazione non potrebbe ritenersi certo meno tragica e più accettabile per gli stessi e i loro familiari rispetto a quella in cui potrebbe trovarsi un paziente più giovane non ammesso alla terapia. Né la disponibilità di cure palliative può costituire un valido surrogato.

In ultima analisi risulta meno drammatica l’idea di potersi trovare di fronte alla valutazione della situazione clinica, caso per caso, auspicabilmente supportata da un comitato etico della struttura, piuttosto che a criteri predefiniti di Raccomandazioni che guardino anche ad elementi extra-clinici, legati alle condizioni personali e/o all’utilità sociale.

La strada maestra resta allora la Costituzione che sancisce l’uguaglianza e la pari dignità sociale dei cittadini “senza distinzione di condizioni personali e sociali”.

Se in situazioni ordinarie il principio dell’equilibrio di bilancio, introdotto in Costituzione con la modifica dell’art. 81 Cost., non può ritenersi un principio assoluto, un diritto “tiranno”, che può prevalere sull’esigenza di protezione di diritti primari come quello fondamentale alla salute individuale, e ciononostante si è attuata una politica di taglio verticale al sistema sanitario48, ora più che mai è ineludibile tornare alle chiare indicazioni della Carta. E’ d’obbligo l’impegno dello Stato per la salvaguardia della salute e della vita di tutti i cittadini per evitare il ripetersi di situazioni emergenziali come quelle vissute di recente e per impedire che possano trovare spazio e consenso teorie ispirate all’utilitarismo e al darwinismo sociale.


1 Ferdinando Camon, Coronavirus. È empio negare cure a chi ha più di ottant’anni, 3 aprile 2020, in Avvenire.it.

2 ElisabettaRosaspina,CorrieredellaSera,Coronavirus la Catalogna sceglie chi intubare e chi no. Ultimi gli ultra ottantenni, in www.corriere.it; Veronica Mameli, Appello alla Catalogna: non abbandonate gli anziani nelle braccia del covid-19, 5 aprile 2020. www.loccidentale.it.

3 Elena Molinari, Difesa della vita e calcolo economico, www.avvenire.it, 28 marzo 2020.

4 Ibidem.

5 Francesca Coin,StatiUniti    I negazionisti usano la pandemia per costruire un mondo più diseguale, 15 luglio 2020,www.Internazionale.it.

6 Ibidem.

7 www.repubblica.it, 13 marzo 2020: Coronavirus, Londra shock – Contagiare il 60% dei britannici per sviluppare l’immunità. Johnson : “morranno molti cari”.

8 www.repubblica.it, 3 giugno 2020: Coronavirus Regno Unito: “Johnson disse a Conte di volere l’immunità di gregge”. La clamorosa retromarcia è stata causata dalla previsione di un possibile collasso del sistema sanitario britannico e dalla stima di un altissimo numero di vittime (500.000) come conseguenza di tale strategia, prospettata da uno studio dell’Imperial College di Londra.

9 LauraPalazzani,LapandemiadaCovid-19eildilemmaetico:chicurare? InPandemiae resilienza, in Consulta Scientifica del Cortile dei Gentili pag. 80, in www.cnr.it; Laura Palazzani, La pandemia e il dilemma per l’etica quando le risorse sono limitate: chi curare? pag. 3, in www.biodiritto.org.

10 www.sanitainformazione.it, 23 luglio 2020: Contro il Covid non fate come noi. Non sta funzionando. La lettera di 25 e scienziati e medici svedesi.

11 Ibidem.

12 Francesca Coin, www.Internazionale.it, cit.

13 Gustavo Zagrebelsky, Chi dice costituzione violata non sa di cosa sta parlando, www.ilfattoquotidiano.it, intervista di Silvia Truzzi, 2 maggio 2020; GustavoZagrebelsky,

www.rep.repubblica.it, La salute, la Costituzione i doveri dello Stato. La vita prima di tutto, 29 maggio 2020).

14 Gustavo Zagrebelsky, La salute, cit.

15 Il Report sulla sanità italiana del Comitato nazionale contro ogni autonomia differenziata, 7 giugno 2020, in www.numeripari.org .

16 Domenico Affinito, Coronavirus in Italia: i tagli al Servizio Sanitario Nazionale, chi li ha fatti e perché, 31 marzo 2020, www.corriere.it, Dataroom di Milena Gabanelli .

17Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili, in www.siaarti.it.

18 Corsivo di chi scrive.

19 Mariaassunta Piccinni ed altri, Considerazioni etiche, deontologiche e giuridiche sul Documento SIAARTI “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibile”, in Recenti progressi in Medicina, pp. 212 – 222; www.recentiprogressi.it. Si tratta di un gruppo di lavoro multidisciplinare costituito da docenti di diritto privato, diritto penale, diritto costituzionale, medicina legale, filosofia morale e da medici palliativisti e anestesisti.

 20 Ibidem, pag.215.

21 Ibidem, pag.218.

22 Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 13.12. 2007, Procedura e modulistica del triage sanitario nelle catastrofi, in www.protezionecivile.gov.it.

23 Mariaassunta Piccinni ed altri, Considerazioni etiche, cit, pag. 219-221. Tra coloro che hanno accolto con favore il documento della SIAARTI vedi Ludovica De Panfilis, Silvia Tanzi, Massimo Costantini in Il processo decisionale per le cure intensive in situazione di emergenza; l’etica medica e le cure palliative ai tempi del Covid-19, in www.biodiritto,it, 20 marzo 2020 pp,1-6, secondo i quali “se il patto tra operatori sanitari e cittadini si fonda nella relazione di fiducia improntata al rispetto della dignità umana pur cui tutte le persone di qualunque età o condizioni sociali hanno un’identica “pretesa morale” alla parità di trattamento, tuttavia in una situazione eccezionale i principi classici dell’etica medica possono risultare insufficienti. Nello specifico, la scarsità di risorse può limitare, in qualche modo correggere, il principio delle cure minime per tutti ed è necessario allocare le risorse scarse cercando di salvare il maggior numero di persone”.

24 Antonio Ruggeri, in Scelte tragiche e Covid-19, intervista di Roberto Giovanni Conti a Luigi Ferrajoli, Luciano Eusebi, Giorgio Trizzino, in www.giustiziainsieme.it. Anche per Ruggeri, pertanto, non sarebbe da assegnare un rilievo assorbente al criterio first come first served, perché in condizioni di assoluta eccezionalità, sarebbe giocoforza privilegiare il criterio della “maggiore speranza di vita” per conseguire il massimo beneficio per il maggior numero di persone.

Contra Luigi Ferrajoli secondo il quale è invece inaccettabile assumere l’età come criterio di scelta poiché esso contraddice il principio del valore e della dignità della persona in quanto tale. A suo avviso l’unico criterio valido è quello rappresentato dalla prospettiva di successo dell’intervento terapeutico, anche se è evidente che tale criterio favorirebbe di solito, non sempre, le persone più giovani ma non in quanto più giovani bensì per le maggiori probabilità di guarigione. Il giurista inoltre esclude categoricamente un approccio di tipo utilitaristico a vantaggio della società: la scelta di intervento deve informarsi al solo criterio del salvataggio della vita del singolo malato, non deve in alcun modo essere condizionata da una prospettiva che guardi alla società, al beneficio che questa potrebbe trarre dalla scelta. In sostanza le considerazioni sociali non devono assolutamente trovare spazio nelle decisioni di chi curare o no. Ibidem.

25 Giovanna Razzano, Riflessioni a margine delle Raccomandazioni SIAARTI per l’emergenza COVID-19 fra triage, possibili discriminazioni e vecchie DAT: verso una rinnovata sensibilità per il diritto alla vita? pp. 107-129 in Rivista AIC n. 3/2020,10/07/2020, che richiama anche la Dichiarazione Universale sulla Bioetica e i diritti umani dell’UNESCO (2005) art. 2 lett. c) per il quale “va promosso il rispetto per la dignità umana e la protezione dei diritti umani, assicurando il rispetto per la vita degli esseri umani…e la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (2006).

26 Ibidem, pag. 126. 27 Ibidem, pag. 117. 28 Ibidem, pag.119.

29 www.quotidianosanita.it, 8 marzo 2020.

30 Lorenzo d’Avack, Covid 19: Criteri etici , 23 marzo 2020, in www.biodiritto.org.

31 Legge 21 dicembre 2017, “Norme in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento” .

32 Legge 8 marzo 2017 n. 24 “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona

assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”

33 Lorenzo d’Avack, Covid 19: Criteri etici, cit., pag. 4.

34 Ibidem, pag.3.

35 Caterina Costanzo, Vladimiro Zagrebelsky, L’accesso alle cure intensive fra emergenza virale e legittimità delle decisioni allocative,inwww.biodiritto.org,     15marzo2020,    iquali    mostrano perplessità in relazione al documento della SIAARTI sia sul piano del metodo che del contenuto sostanziale. Sul piano del metodo affermano in primo luogo che un tema così delicato e rilevante avrebbe meritato una discussione più inclusiva oltre che degli specialisti di altre branche mediche anche di bio eticisti, di giuristi e della cittadinanza. Suggeriscono inoltre l’istituzione, ove  non previsti, di comitati di etica clinica per una valutazione collegiale caso per caso del conflitto allocativo di risorse scarse.

36 Ibidem, pag.6.

37 Ibidem, pag.7.

38 Laura Palazzani, La pandemia e il dilemma per l’etica, cit., pag. 5.

39 Ibidem, pag. 5.

40 Laura Palazzani, La pandemia da Covid-19 e il dilemma etico: chi curare?, cit., pag. 80.

41 Ibidem, pag. 82.

42 “Covid 19: la decisione clinica in condizioni di carenza di risorse e il criterio del “triage in emergenza pandemica” in www.bioetica.governo.it.

43 Ibidem.

44  Maurizio Mori, Come mai l’emergenza pandemica ha azzerato il consenso informato? In www.quotidianosanità.it 9 maggio 2020.

45 Antonio Ruggeri, Scelte tragiche, cit.

46 G. Razzano, Riflessioni a margine, cit. pag. 124.

47 Maurizio Mori, Parere, cit.

48 Lorenza Carlassare, Diritti di prestazione e vincoli e bilancio, in Costituzionalismo.it, 1.12.2015, pag. 149 e ss.

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