Referendum, informati ma non troppo

17 Set 2020

Vincenzo Vita

La campagna referendaria sul taglio dei parlamentari volge al termine. Il 20 e 21 di questo mese si voterà. Già, ma quante e quanti conoscono la scadenza? Si è intesa davvero la portata di quella due giorni?

E’ vero che la carta stampata un po’ ne ha parlato. Purtroppo, però, la diffusione e la lettura dei quotidiani versano in notevoli difficoltà. Non solo. La questione del Sì e del No si è intrecciata spesso nella narrazione politica alle valutazioni sulle conseguenze del risultato. Minore l’attenzione al merito, salvo eccezioni come il manifesto.

A fare acqua è stato soprattutto il sistema radiotelevisivo. I dati pubblicati dal sito dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni sul periodo 19 luglio-5 settembre sono disarmanti. Il tempo dedicato alla consultazione è stato davvero modesto: da punte risibili vicine allo 0%, ad una media dell’1%, fino al solitario 7% di Italia 1. Parliamo dei telegiornali. Leggermente superiore la percentuale nei programmi di rete, dove albergano i lunghissimi talkin cui – però- la differenza tra informazione ed invettiva talvolta si spegne.

La tendenza è a salire dei minuti di antenna e di parola (ma su numeri comunque bassi) nel periodo recente, e forse ciò risulterà maggiormente nelle tabelle aggiornate che forse verranno varate dal consiglio dell’Agcom. Magari si potrebbe arrivare al 3%, con tetti dell’8/9%. Appena meglio, ma non troppo. Anzi.

Insomma, il capitolo referendario non è entrato nella hit parade delle notizie. E non è un caso. Si è inteso, verosimilmente, tenere bassa l’entità della comunicazione per accompagnare le decisioni assunte dalla maggioranza parlamentare. Si tratta di un caso di scuola della manipolazione mediatica, che non si esprime solo con la faziosità esplicita, bensì pure con la pressione implicita. Quest’ultima ottenuta attraverso il contenimento del flusso informativo. A parte i casi di vera e propria eccedenza di parte.

I dati sulle percentuali tra il SI e il No, soprattutto nella prima parte della campagna, hanno segnato uno squilibrio a favore della posizione assunta dal voto parlamentare, con casi

persino imbarazzanti come quello del pur glorioso Tg3 nel periodo 2-8 agosto: 100% per il SI.

Certamente, la Rai ha avuto il paracadute delle tribune referendarie, che hanno raggiunto in qualche puntata oltre l’8% di share. Una formula lineare ed elegante, ben condotta, ha evitato confronti rissosi, rispettando le norme del 2000 sulla par condicio. Sarebbe opportuno investire in futuro proprio sulle tribune, facendole tornare ai fasti di un passato che non è impossibile ripetere.

Unico neo, ma non per colpa del servizio pubblico: le reiterate assenze dei rappresentanti del SI, colpevoli di avere lasciato in scena le sedie vuote. Il che è brutto per motivi estetici, oltre che politici. E’ accaduto una decina di volte, e non è poco.

Una proposta all’Agcom, in procinto di lasciare il passo alla nuova compagine presieduta da Giacomo Lasorella, cui le competenti commissioni parlamentari hanno attribuito un vasto e convinto gradimento: si calcolino bene i tempi e si imponga un riequilibrio – se necessario- subito. Le sanzioni postume non hanno ovviamente senso.

E si vigili sul silenzio elettorale, soprattutto sui social. Nonché sul rispetto del divieto di divulgazione dei sondaggi, infranto nei giorni passati da una rilevazione– resa pubblica per qualche ora- della società Ipsos commissionata dalla presidenza del consiglio.

E’ doveroso utilizzare questi ultimi pochi giorni per far conoscere la natura del referendum, che non è un gioco a quiz. Riguarda, giusto per sottolinearlo, la modifica della Costituzione italiana sul punto cruciale della rappresentanza. La corretta informazione è lo strumento essenziale per evitare che il clima di opinione si formi e rafforzi sulla base del «pensiero unico» del tempo. In base al quale si deve tagliare perché si deve tagliare: la politica è quasi un romanzo criminale, dove le forbici prevalgono sulla riflessione pacata e rigorosa.

L’Agcom, con un atto di indirizzo preciso e cogente, ha l’occasione di uscire dall’agone con dignità.

il manifesto, 16 settembre 2020

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