L’INCHIESTA SULL’ITALICUS, GELLI E LA P2 VA RIAPERTA

01 Ago 2020

4 agosto 1974: l’Italia è di nuovo in lutto. La mano stragista colpisce il treno Italicus nei pressi di San Benedetto Val di Sambro, nel Bolognese. Dodici morti e 40 feriti, ma solo perché il treno porta sei provvidenziali minuti di ritardo, altrimenti la bomba sarebbe scoppiata dentro una galleria e l’effetto detonante sarebbe stato orribile. Aldo Moro sale a Roma su quel treno. Richiamato prima della partenza alla Farnesina, evita quella condanna a morte da cui non avrà scampo quattro anni dopo.

La strage non ha colpevoli per la nostra giustizia, né esecutivi né mandanti. Il principale indagato, poi definitivamente assolto, fu Mario Tuti, insieme a Luciano Franci e Piero Malentacchi. Per l’eccidio di Piazza Fontana, Franco Freda e Giovanni Ventura vennero e assolti e mai più toccati – per il famoso principio del ne bis in idem – eppure sappiamo tanto del 12 dicembre: chi architettò la strage, perché, il ruolo centrale di Ordine Nuovo, le deviazioni. Insomma, è chiara la cornice delle responsabilità.

Ora occorre consegnare alle future generazioni una visione chiara di quel che accadde quell’agosto e non sarebbe oggi impensabile la riapertura di una indagine sui suoi mandanti. Per la strage dell’Italicus è già stato accertato in sede parlamentare il diretto coinvolgimento della P2 . La Commissione sulla P2 guidata da Tina Anselmi, sulla base degli elementi emersi dalle indagini delle autorità giudiziarie bolognesi, lo disse chiaro e tondo nella sua relazione finale: 1) la strage dell’Italicus è ascrivibile a un’organizzazione terroristica di ispirazione neofascista o neonazista operante in Toscana; 2) la Loggia P2 svolse opera di istigazione agli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi della destra extraparlamentare toscana; 3) la Loggia P2 è gravemente coinvolta nella strage dell’Italicus e può ritenersene anzi addirittura responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici, quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale.

Eppure, i fascisti che misero quelle bombe non poterono essere condannati così come i mandanti della P2 perché tutti i fili che conducevano alle loro responsabilità vennero spezzati grazie al “circuito della morte”: si organizza una strage insieme al suo depistaggio, e il pacchetto è chiuso. Tina Anselmi si chiese poi come fosse possibile, dopo la sua relazione, che non si muovesse nulla nel sistema giudiziario. Il fatto è che le indagini erano state immediatamente sbaragliate dal meticoloso lavoro di disturbo degli uomini della P2.

Il teste-chiave Aurelio Fianchini, principale accusatore di Tuti, Franci e Malentacchi, si è inabissato chissà dove: detenuto comune, aveva appreso in carcere da Luciano Franci i particolari dell’operazione Italicus e di come Malentacchi avesse disposto l’ordigno alla stazione di Firenze mentre Franci gli copriva le spalle. Non si presentò al processo, sparì dalla circolazione e smise di “cantare”. Una donna disse a un giudice che l’autore della strage era proprio Tuti, ma la sua denuncia fu archiviata e lei spedita in una casa di cura per mitomania: il giudice era Mario Marsili ed era il genero di Licio Gelli, il gran venerabile della Loggia massonica P2 .

Quanto poi all’imputazione di favoreggiamento aggravato nei confronti del colonnello Domenico Tuminello, comandante del gruppo carabinieri di Arezzo, iscritto alla P2 , cadde in prescrizione: Tuminello aveva ignorato la segnalazione fatta nell’agosto-settembre del 1974 dal generale Bittoni, comandante dell’VIII brigata carabinieri di Firenze, relativa ai nomi (Franci, Malentacchi e Batani) di tre soggetti che secondo informazioni provenienti dalla federazione Msi di Arezzo sarebbero stati implicati nella strage. E poi: quando i giudici bolognesi chiesero notizie su Licio Gelli al Sid (che ne aveva in abbondanza) il comandante del servizio, l’ammiraglio Casardi, rispose inviando una misera rassegna stampa.

La bomba era stata collocata sul treno, nella carrozza numero 5, in prima classe, durante la sosta alla stazione di Firenze. Firmò la perizia balistica e chimica il colonnello Spampinato che, qualche anno più tardi, violando qualsiasi riservatezza, rivelerà al Sismi di Firenze la composizione dell’esplosivo utilizzato nella strage di Bologna, informazione che consentì a Gelli e ai suoi sodali di realizzare i depistaggi piazzando esplosivo analogo sul treno Taranto-Milano del 13 gennaio 1981.

Nel maggio del ’74 il generale Gianadelio Maletti, capo del controspionaggio, piduista poi condannato per le protezioni ai fascisti che avevano organizzato la strage di Piazza Fontana, aveva redatto una dettagliata annotazione, grazie alla famigerata Fonte Tritone (Maurizio Tramonte, di recente condannato per la strage di Piazza della Loggia) che spiegava le connessioni tra il gruppo storico di Ordine nuovo, la sua diramazione toscana e la strage dell’Italicus.

Maletti si guardò bene dal passare agli investigatori la breve nota. I processi si svolsero quasi al buio e furono “smembrati”: quelli per gli attentati ai treni realizzati nell’aprile del 1973, di sicuro finanziati da Licio Gelli, presero strade diverse, il terrorista nero Augusto Cauchi, allevato da Gelli personalmente, ricercato per quello e altri attentati ai treni in Toscana, fu avvertito dall’imminente cattura. Cauchi aveva potuto rifornirsi di armi ed esplosivo grazie a un assegno che il Venerabile Licio gli mise in tasca proprio nella sua comoda Villa Wanda.

Insomma, la P2 di Licio Gelli realizzò la strage dell’Italicus e diede protezione ai suoi responsabili. Tanti documenti lo affermano. Il piano è noto: l’Italia non doveva essere un Paese democratico e le forze autoritarie della destra, attorno al sistema P2 , tentarono prima il golpe, poi la via del presidenzialismo autoritario. Fallirono, lasciando tuttavia un Paese ferito.

Stanno emergendo con chiarezza le nefandezze stragiste della P2 grazie alle indagini della Procura generale di Bologna: anche se il giudizio politico e storico è scolpito nella pietra, c’è quanto basta perché si riapra il processo giudiziario per i mandanti della strage dell’Italicus.

Il Fatto Quotidiano, 30 LUGLIO 2020

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