Il gioco pericoloso del referendum

Il gioco pericoloso del referendum

La Repubblica nata da un referendum 74 anni fa rischia di essere profondamente scossa da un altro referendum, tra pochi mesi. La sinistra parlamentare sta giocando a un gioco pericoloso con i 5 Stelle.

Il decreto elezioni che si discute alla camera prevede lo spostamento delle regionali (senza Covid-19 si sarebbero tenute in questi giorni) a settembre-ottobre e delle elezioni amministrative tra metà settembre e metà dicembre. L’intenzione del governo, dichiarata in un emendamento già approvato in commissione, è quella di tenerle tutte assieme a fine settembre. E soprattutto di accoppiarci il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. In modo da renderlo una formalità. Una pericolosa formalità.

Molto è cambiato da quando, l’estate scorsa, Pd e Leu firmarono il patto di governo con i 5 Stelle, accettando la riduzione dei parlamentari che avevano fino ad allora sempre avversato. Con l’ultimo voto favorevole della sinistra, la riforma che riduce di quasi il 40% sia la camera che il senato è arrivata davanti al popolo per il giudizio finale. Farà dell’Italia il paese, in Europa, con il peggior rapporto tra cittadini rappresentati ed eletti rappresentanti. Nel 1948 c’era un deputato ogni 80mila cittadini, adesso ce ne sarà uno ogni 151mila.

Il referendum avrebbe dovuto tenersi a fine marzo. Per la pandemia è stato rinviato; il governo deve fissare la nuova data entro novembre. Ma vuole anticiparlo a settembre per nasconderlo sotto il voto per le regioni e per i comuni. In questo modo l’affluenza sarebbe garantita. Non è previsto un quorum di validità per il referendum costituzionale, ma la prospettiva di incassare il sì di una percentuale minima del corpo elettorale non piaceva ai 5 Stelle. Gli unici in tutto il parlamento che possono davvero intestarsi la riduzione dei parlamentari. Il «taglio delle poltrone» apparirebbe come una loro vittoria esclusiva.

Portare gli italiani a votare sulla Costituzione a settembre, dentro la campagna elettorale per i comuni e le regioni e dunque impedendo qualsiasi discussione seria sulle opportunità e sui rischi di una riforma storica, è precisamente quello che vogliono Di Maio, Fico, Casaleggio, Grillo, Crimi e Di Battista per una volta tutti uniti. Viceversa, se ci fosse il tempo di una campagna elettorale dedicata al referendum, se i cittadini potessero avere gli elementi di conoscenza necessari, la certezza della vittoria del sì tornerebbe in discussione. Perché molto è cambiato anche dal punto di vista politico in questi tre mesi. Lo stato di eccezione provocato dal coronavirus solleva domande sul funzionamento delle istituzioni.

L’emergenza durerà: ha senso dunque indebolire ulteriormente le camere quando il ruolo del governo è già così espanso? Tornano in discussione diritti fondamentali: è saggio allora sbarrare l’accesso al parlamento a molte sensibilità politiche e istanze sociali?

La riforma rischia di passare in silenzio e per acclamazione, ma è una riforma incompleta. Niente è cambiato nei regolamenti parlamentari, il risultato è che le minoranze non avranno la forza di esercitare il minimo controllo. E poi non si vede ancora la nuova legge elettorale, in teoria la principale materia di scambio di Pd e Leu con i 5 Stelle per compensare almeno un po’ il taglio dei parlamentari. Perché la legge elettorale che abbiamo oggi addirittura esaspera gli squilibri della riforma.

Infine, è facile prevedere che la vittoria del sì spiazzerà le vecchie camere. Con le percentuali che gli assegnano i sondaggi e il regalo di un parlamento più facile da conquistare, Salvini e Meloni hanno a portata di mano la maggioranza assoluta. Con i seggi sufficienti per eleggere il presidente della Repubblica e cambiare la Costituzione. Ai 5 Stelle resterà la bandierina demagogica da sventolare. Ma alla fine di questo gioco pericoloso a vincere saranno altri.

Il manifesto, 3 giugno 2020

1 commento

  • alla cortese attenzione del sig. Fabozzi Andrea, estensore dell’articolo in oggetto

    Illustre Andrea Fabozzi,
    c’è una larga via in discesa per evitare alla Costituzione un insulto rozzo e al Parlamento un taglio brutale, via che tocca ai progressisti più acuti indicare ai più, soprattutto a chi dispone di spazi informativi… Copio-incollo, aggiungo e resto in attesa…

    Paolo Barbieri, La Spezia

    “Lettera Aperta all’AIC Associazione Italiana Costituzionalisti.

    Con la scelta del giorno delle elezioni, si torna a disquisire del referendum costituzionale sul taglio dei seggi parlamentari.

    Tutt’altro che una riforma, un taglio voluto con spirito punitivo verso “la casta”, che tende a soddisfare il motivato rancore della Cittadinanza, piegando la Costituzione a mero strumento di propaganda politica/partitica/elettorale. Un taglio rozzo e brutale firmato da persone senza l’autorevolezza, la competenza e la “tensione” indispensabili per intervenire puntualmente sul quel Testo, una vero insulto destinato ad essere confermato da un SI’ che è dato vincente con l’80/90% di preferenze.

    Infatti il NO duro e puro, sostenuto dal Comitato (per il NO) e dalle sue varie articolazioni territoriali, è senza speranza, anche perchè rifiuta di affiancare al proprio invito ad opporsi al taglio, una proposta alternativa e vincente, come la Riforma Monocamerale (da aggiornare in punta di cesello p.e. nel mantenere a 630 il numero dei seggi previsto in 500), elaborata fin dal 1985 da giuristi di prestigio come i proff Gianni Ferrara, Stefano Rodotà ed altri di livello, con finalità razionalizzatrici, essendo venute meno nel tempo le differenze di funzioni e composizione che giustificavano e giustificherebbero le 2 camere. Camere-copia che infatti ci hanno accompagnato all’unisono in un degrado e declino infiniti, introvabili in altri parlamenti bicamerali.

    https://www.camera.it/_dati/leg09/lavori/stampati/pdf/24520001.pdf

    Non devo certo io far notare la distanza siderale tra la qualità delle due proposte, a partire dallo spessore degli autori e dalle loro motivazioni, per arrivare ai contenuti e alle conseguenze sulla nuova e difficile funzionalità del Parlamento, a partire dalla composizione delle commissioni, o sulla diversa e più puntuale rappresentanza territoriale. Posso, forse, molto sommessamente suggerire il modo in cui lanciare e supportare la proposta alternativa. E vincente perchè molto meglio soddisfa le premesse che hanno indotto gli autori a proporre e imporre il taglio: p.e. il risparmio di spese, che non ha motivato i proff, ma solo accessorio, quasi decuplica quello tanto evidenziato! E aggiungerebbe un pesante taglio a burocrazia e ripetitività di atti e documenti.

    La via parrebbe quella di promuoverla, in parallelo con l’invito al NO, fin da subito o cmq al più presto, con l’esercizio congiunto e sinergico degli artt 71 e 50: il 71 permette la stesura puntuale della proposta Ferrara/Rodotà, e 60mila firme certificate non sono impossibili; inserirla poi in una formale “petizione alle Camere” (art 50), permette di aggiungere moltissime firme non certificate, per dare forza ineludibile al 71, impedendo che possa venire accantonato come è sempre successo in passato.

    Da molti mesi insinuo dubbi dovunque abbia trovato accessibilità: lettere a Repubblica, ad Augias, Prima Pagina su Radio Rai 3, verso i Comitati del NO con mail e su FB, sul sito di Libertà e Giustizia, fino alle Sardine prima e dopo la loro scelta verso il NO, trovando sorprese, avalli e consensi, ma non alleati. E senza riuscire ad essere convincente al punto da far cambiare scelte consolidate e campagne informative in corso. Impresa che sarebbe presumibilmente possibile alla AIC per la sua autorevolezza, se volesse assumere questa strategia per sottrarre la Carta alle cure di persone mediocri, e riportarla a quelle molto più adatte dei proff, tra i quali Rodotà è stato, e presumo ancora sia, nel cuore di molti cittadini, grillini compresi.

    Non vado oltre nell’attesa di un riscontro. Se verrà, sarò volentieri a disposizione per altri suggerimenti, a volte potessero essere funzionali, maturati nel tempo dedicato al tema approssimativamente illustrato.

    Distinti saluti, ossequi e auguri per un Paese migliore!

    Paolo Barbieri, La Spezia”

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