Mezzogiorno/Dove nuotano le Sardine

18 Feb 2020

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Il ponte verso Palazzo Chigi che stanno percorrendo le Sardine passa attraverso due ministri: Giuseppe Provenzano per il Mezzogiorno e Francesco Boccia per gli Affari regionali. Due passaggi eloquenti. Che rivelano l’interesse del movimento per due temi sociali imprescindibili per la rinascita del Paese: il Sud e il regionalismo.
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Da quanto non si sentiva parlare di una politica progettuale per l’intero Paese, che saltasse il piano dei lamenti e delle recriminazioni? Le Sardine sono convinte, a ragione, che la ricostruzione della fiducia nelle istituzione passi attraverso “un modello di sviluppo che trasformi il Sud e tutta Italia in un acquario da riempire invece che in un bacino condannato a svuotarsi”. La rinascita socio-economica del Meridione come parte ineludibile della rinascita dell’intera nazione. Il Sud non come palla al piede da colpevolizzare identificato solo da cifre in rosso, segni di un declino civile e ora anche demografico.
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La questione del Meridione è speculare a quella del Settentrione, miope nella dirigenza politica delle sue regioni ricche, convinte che accresceranno il loro benessere solo se riscriveranno a loro favore il patto di unità nazionale. Senza vedere che le aree di declino civile sono anche alle porte delle loro metropoli luccicanti, quei territori della bassa padana che non sono liberi da mafie e che sono ancora capisaldi leghisti, nonostante la vittoria di Bonaccini. Le Sardine hanno toccato, con intelligenza, la questione dell’autonomia differenziata, un eufemismo che sta per un progetto di secessione fiscale della parte ricca del Paese dalla nazione larga. Un progetto di due Italie che ha un sostegno trasversale, oltre gli steccati che dividono la Lega e il Pd. Al Nord, la lingua della politica progettuale è nordista, convinta che la redistribuzione pubblica delle risorse per appianare i disequilibri sociali sia uno spreco di risorse.
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I pregiudizi antimeridionali sono ritornati a galla con un radicalità che spaventa. Sono anche il segno del fallimento dei partiti. L’inconsistenza progettuale dei partiti è proporzionale alla loro assenza dalla vita dei territori, all’abbandono della pratica di formazione del consenso e dell’ educazione alla partecipazione consapevole. Cose queste che i partiti non fanno più, e forse non sanno neppure più fare.
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Le Sardine non sono un partito. Ed è sperabile che continuino a non esserlo. Poiché coprono una sfera della politica che la fine dei partiti organizzati ha lasciato prosciugata di energie: quella del discorso critico che fa emergere i problemi e li argomenta in chiave politica e sociale in vista di cercare soluzioni coerenti; quella che consente di raffinare la capacità dei cittadini di incalzare chi li rappresenta nelle istituzioni.
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Le Sardine hanno portato in superficie la crisi della rappresentanza. E sono quell’intermediazione che manca e della quale non si può fare a meno. Gli incontri di questi giorni con i ministri Provenzano e Boccia sono dunque significativi. La sterzata di questi ragazzi e ragazze verso una rappresentazione della materialità complessa di tutte le parti del Paese è una boccata di ossigeno che rigenera e alimenta un po’ di ottimismo.
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la Repubblica, 16 febbraio 2020

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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