Il potere gentile delle Sardine, costituente ed etico

27 Dic 2019

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

La fisicità, la piazza, la politica riportata ai cittadini, l’innocenza, la pre-politica, il buon senso, la moderazione: sono alcune delle qualità messe in circolo per spiegare il fenomeno delle Sardine. Alle quali segue la diagnosi: si tratta di una sveglia data alla politica, ma non ancora di politica.

E una volta svegliato il sovrano dormiente, le Sardine avranno compiuto la loro funzione. Davanti a loro due alternative: o si faranno partito o confluiranno in un partito esistente.

La loro funzione è comunque a termine, come ogni mobilitazione fisica, come il pesce fresco da cui hanno preso il nome. Se sulle chat si può stare ininterrottamente a costo di inventare casi e problemi per non annoiarsi, in piazza ci si va per giorni, forse settimane, ma non per mesi o anni.

Soprattutto se non sono piazze di rivendicazione, come nel caso dei gilet gialli, o di indignazione, come nei Girotondi, gli antesignani di tutte le contestazioni che si sono succedute in questo primo ventennio di secolo.

Le Sardine sono espressione di un potere costituente etico. Non vogliono scrivere costituzioni. Si riconoscono con esplicita e ammirevole normalità nella Costituzione esistente, nei suoi valori politici antifascisti e nelle regole che sancisce. Non si indignano ma affermano un’esistenza, quella della cittadinanza. Ci ricordano che il corpo politico democratico ha due poteri: quello delle norme scritte e quello dell’ opinione.

Come scriveva Rousseau (il ginevrino Jean-Jacques) la sovranità parla due lingue: quella della legge e quella dell’ opinione. La prima è vera e propria volontà sovrana, scritta nero su bianco, con il compito di dare legittimità formale a tutte le decisioni politiche. La seconda è sovranità informale, “scritta nei cuori” dei cittadini; è come un tonico che rende facile l’ordinaria condizione di chi vive libero sotto la legge.

Se questa sovranità di “sentimento” si indebolisce, si fa difficile respirare mentre obbedire alle leggi diventa un lavoro pesante. L’Italia che ha prodotto le Sardine si trova in questa condizione. Anni di furto della rappresentanza politica, ridotta a una delega in bianco concessa controvoglia a vogliosi/e di potere; anni di logorroico populismo di piazza e di governo; anni di leader plebiscitari di ogni colore e foggia hanno avuto un effetto doppio, scandito cronologicamente.

Prima, hanno eroso e cancellato le coscienze di cittadini abituati alle identificazioni partitiche, e hanno reso l’ elettorato “volatile”, come dicono i politologi. Poi, sulle ceneri di quella vecchia rappresentanza ha cominciato a prendere vita il bisogno di una nuova rappresentanza.

Questo è il momento in cui le Sardine hanno cominciato a popolare il mare profondo del potere costituente che è “scritto nei cuori”. Un potere che è restato imbambolato e dormiente, sotto sedativo della politica populista che tutto semplifica e di tutto si impossessa, consumando l’ossigeno della cittadinanza attiva.

Il florilegio delle qualità coniate per descrivere le Sardine è il segno della radicalità di questo potere costituente, gentile e ingenuo come quello pennellato da Rousseau nel capitolo dodicesimo del secondo libro del Contratto sociale. Più che pre-politico, si tratta di un fenomeno fondativo della politica: la radice della politica democratica discussa, ragionata, contestata, combattuta, rappresentante.

Come ogni forza costituente, la mobilitazione delle Sardine non può sostituire la politica costituita. Né del resto lo vuole perché è consapevole della sua forza e della sua funzione.

Ingenua all’apparenza, ma in effetti molto ragionata e deliberativa, consapevole del perimetro della sua estensione.

Segno di una cittadinanza democratica matura, che conosce la propria funzione; che accetta le regole del gioco e pretende che chi parla in suo nome le rispetti a sua volta e cambi le forme e lo stile dell’agire pubblico. I fiumi di rozze e roboanti parole hanno solo stordito il pugile democratico. Che ha una forza originaria straordinariamente resiliente e imprevedibile.

la Repubblica, 23 dicembre 2019

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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