Sì del Pd al taglio dei parlamentari, la legge elettorale può attendere

27 Set 2019

Per la legge elettorale si utilizzerà poi tutto il tempo di entrata in vigore della riforma costituzionale che riduce il numero degli eletti (almeno 5 mesi, se nessuno come sembra chiederà il referendum consultivo) per mettere a punto una riforma condivisa

Sì subito alla riforma costituzionale che prevede il taglio secco di 345 parlamentari. Alla fine il capo politico del M5s Luigi Di Maio la spunta: nella Capigruppo di mercoledì alla Camera che dovrà decidere la calendarizzazione della riforma fortemente voluta dai pentastellati il Pd non chiederà ulteriori rinvii. Ma la novità è un’altra: il “patto” di inizio legislatura prevedeva il sì al taglio solo dopo aver trovato l’accordo e aver incardinato una riforma del Rosatellum in senso proporzionale: l’intesa di massima tra M5s e Pd prevedeva la cancellazione della quota di collegi uninominali prevista dal Rosatellum (circa il 37%) e l’introduzione di una soglia di sbarramento più altra del 3% attuale. Chiaro l’intento, con queste modifiche, di depotenziare la Lega di Matteo Salvini cercando di evitare che, grazie all’effetto maggioritario del collegi uninominali, la coalizione “sovranista” Lega-Fratelli d’Italia possa in futuro conquistare la maggioranza dei seggi con il 40% circa dei voti.

La scissione di Renzi fa slittare la riforma elettorale

Nel frattempo, tuttavia, l’uscita di Matteo Renzi dal Pd con la nascita di Italia Viva ha cambiato in parte in quadro. Resta, per tutti i componenti della maggioranza giallorossa, l’esigenza di tagliare le unghie alla destra sovranista mantenendo salda la collocazione dell’Italia in Europa. Ma c’è anche l’esigenza da parte del premier Giuseppe Conte e degli azionisti maggiori del governo, M5s e Pd, di non regalare al nuovo alleato, ossia Renzi, la pistola carica di una legge elettorale proporzionale a lui gradita.
Avanti con il taglio dei parlamentari e le altre modifiche
Da qui il passo indietro del Pd: avanti intanto con il taglio del numero dei parlamentari, accompagnando il sì con la messa a punto nelle prossime settimane delle altre modifiche costituzionali di “garanzia” (voto ai diciottenni anche al Senato, introduzione della sfiducia costruttiva per rendere più stabili i governi, partecipazione dei governatori alle sedute del Senato quando si esaminano leggi di autonomia differenziata in modo da introdurre una prima timida distinzione di funzioni tra le due Camere). Per la legge elettorale si utilizzerà poi tutto il tempo di entrata in vigore della riforma costituzionale che riduce il numero degli eletti (almeno 5 mesi, se nessuno come sembra chiederà il referendum consultivo) per mettere a punto una riforma condivisa.

E nel Pd rispunta il maggioritario
Il “ripensamento” del Pd sulla legge elettorale è dovuto anche al fatto che in molti, a cominciare dai padri fondatori Romano Prodi e Walter Veltroni, hanno lanciato un warnig invitando a non abbandonare la storica posizione del partito in favore di un sistema maggioritario (o Mattarellum o a doppio turno), pena la frammentazione del sistema partitico con il proporzionale. Chiaro che i democratici hanno spostato l’attenzione dal pericolo Salvini al pericolo Renzi, con il proposito di rendere il più innocua possibile la scissione. Un sistema maggioritario sarebbe in effetti il meno favorevole alla nuova creatura di Renzi perché la costringerebbe ad alleanze preelettorali, magari anche con il M5s in un fronte anti-sovranista come sembra far immaginare l’accordo sull’Umbria, depotenziandone così la possibilità di espansione al centro e tra i moderati di Forza Italia. Ma è anche vero che un sistema maggioritario basato sui collegi ridarebbe fiato alla destra sovranista di Salvini e per di più è sempre stato osteggiato dal M5s, allergico fin qui alle alleanze pre-elettorali. Ma dopo l’Umbria ci saranno la Calabria e l’Emilia Romagna… Insomma, per il Pd è presto per legarsi le mani: meglio vedere come evolve la situazione politica generale.

Renzi: per noi qualsiasi legge va bene, facciano loro

Intanto lui, Renzi, mostra di non interessarsi a questioni di soglie e assicura che non si metterà di traverso sul taglio del numero dei parlamentari anche se ancora non c’è l’accordo sulla legge elettorale. Nella convinzione che alla fine si andrà verso un proporzionale con sbarramento al 4%. «Notiamo solo – dice il coordinatore politico di Italia Viva Ettore Rosato – che c’era un patto per la formazione del governo che si reggeva proprio sull’accordo per una legge proporzionale. Hanno cambiato idea? Bene, facciano loro. Per noi qualsiasi sistema va bene, anche quello attuale». Il Rosatellum appunto, che prende il nome proprio da Rosato.

Ipotesi «messa in sicurezza»Rosatellum
Al di là di ogni altra considerazione, c’è comunque un problema di rappresentanza nel caso in cui si dovesse per qualche motivo andare andare al voto anticipato con il taglio del numero dei parlamentari in vigore e con ancora il Rosatellum: le regioni più piccole, soprattutto al Senato, eleggerebbero nei collegi uninominali solo un parlamentare favorendo evidentemente il primo partito ossia – al momento – proprio la Lega di Salvini. Si sta dunque pensando ad una soluzione temporanea, ancora allo studio tra gli sherpa del Pd e del M5s, per rendere agibile il Rosatellum in attesa della riforma elettorale che verrà se per qualche motivo si dovesse tornare alle urne in anticipo: basterebbe rendere possibile l’accorpamento delle regioni più piccole in un collegio più grande che non coincida con i confini regionali. Ma è chiaro il rischio insito in questa soluzione “tecnica”: una volta messo in sicurezza il Rosatellum sarà ancora più difficile di quando già non sia trovare un accordo su un’altra legge elettorale all’interno della maggioranza giallorossa.

Il Sole 24 ore, 24 settembre 2019

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