La difesa della storia è regola di ogni democrazia, non vanno equiparati nazifascismo e comunismo

23 Set 2019

Redazione

Desta seria preoccupazione, per la sua gravità, la risoluzione appena approvata dal Parlamento Europeo, effetto di una semplificazione storica che può essere facilmente smentita dai nostri studenti di storia e senza nemmeno bisogno di ricorrere a uno storico di professione.

Con il pretesto dell’anniversario (1939-2019), con un colpo di scena degno di un allestimento cinematografico, la verità pubblica della seconda guerra mondiale viene riscritta: il patto di non belligeranza firmato nel 1939 diviene il punto di inizio di una guerra (come se esso non fosse già inscritto dentro una complessità degli eventi che è ben nota a tutti) in cui i sovietici non avrebbero contribuito a liberare ma ad assoggettare l’Europa.  Gli alleati che hanno sconfitto il nazifascismo e poi firmato il trattato di Yalta scompaiono. Chi si ricorderà più che Churchill, Roosevelt e Stalin erano alleati e combattevano dalla stessa parte? 

L’indignazione dinanzi a questo testo non è ideologica. Non si tratta evidentemente di simpatizzare per il comunismo, di distinguere tra i totalitarismi buoni e quelli cattivi. Si tratta invece di riconoscere che la storia non può essere falsificata, ciò che invece fa questa risoluzione, che è una riscrittura, questa  ideologica, ispirata da una parte dei paesi europei e accolta dagli altri senza nemmeno l’onore delle armi, la discussione, il rifiuto di firmare uno sconcio ideologico fino a farlo diventare addirittura la “memoria storica” dell’Unione Europea. La difesa della storia, e quindi del dissenso sulle sue interpretazioni, è la regola minima di ogni paese democratico. Non si può votare un’interpretazione storico-ideologica e a maggioranza dichiarare la verità. La democrazia opera nel mondo dell’opinione e per questo si esprime con il conteggio dei voti. Non ha per questo senso mettere ai voti la legge gravitazionale. Come non ne ha mettere ai voti l’interpretazione della nostra storia europea e decidere a maggioranza quale essa sia. L’attitudine democratica preserva la storia perché ne riconosce la complessità e, soprattutto, conosce quanto l’uso ideologico della storia (nascosto dietro l’ufficialità dal potere politico) sia stato proprio uno dei fondamenti dai quali partire per conoscere i totalitarismi. Dunque è un’inquietudine democratica quella che si leva dinanzi a una risoluzione così ideologica. 

E ciò è tanto più necessario in tempi in cui l’uso ideologico della storia diventa un’arma potente a disposizione dei populismi e dei regimi autoritari a cui tutte le tradizionali culture politiche europee dicono di guardare con preoccupazione.

L’oggetto di questa risoluzione non è soltanto l’evento puntuale cui si riferisce ma, dichiaratamente, la riconfigurazione della memoria europea (si intitola proprio così: “Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”). Rappresenta cioè l’ennesimo atto di trasformazione e re-istituzionalizzazione dell’identità profonda delle istituzioni europee. Un po’ come avviene da tempo in Italia, dove l’evento fondatore dell’antifascismo è stato prima equiparato al fascismo e, negli ultimi tempi, oggetto di un rovesciamento per cui sono i valori dell’antifascismo ad essere guardati con sospetto e richiedere perfino giustificazione. 

È la fragile identità europea ciò che viene ancora una volta messa in risalto e sfruttata. Grazie, come troppe volte succede, al compiacente supporto di quel PD che, votando a favore di questa risoluzione, ha di fatto accettato di riscrivere in negativo la propria storia, cancellando in un attimo l’eredità di uno dei partiti del quale è erede, il Partito Comunista Italiano, che ha tra l’altro contribuito non solo a liberare il nostro paese dal nazifascismo ma anche a scrivere quella Costituzione della Repubblica italiana nel cui nome si identifica. Che cosa diranno gli amici democratici da ora in poi? Diranno che vivono in un paese la cui Costituzione è il riflesso del totalitarismo? 

Viene da credere che il vero obiettivo polemico di questa risoluzione non è il totalitarismo, ma la democrazia. E dalla capacità di resistere alla trasformazione forzata della nostra memoria condivisa ne va del futuro dell’Europa. L’unica cosa vera, in una vicenda che è piena di menzogne, è proprio quel titolo. Riscrivere la memoria è voler condizionare il futuro. E ogni futuro fondato su una memoria votata a maggioranza da un parlamento falsificatore non sarà mai uno spazio di cultura civica democratica.

23 settembre 2019

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