Grecia, la sinistra perde ma è viva. Non è successo come in Italia

17 Lug 2019

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

″È una sconfitta ma non è la fine di un’ era” – faccio mia questa dichiarazione di Luciana Castellina, intervistata a caldo mentre era ad Atene la sera di domenica scorsa, quando arrivavano i risultati delle elezioni per il rinnovo del Parlamento greco. Ci sono sconfitte sconfitte. E ci sono sconfitte. Quella del Pd fu una sconfitta sconfitta. Quella di Syriza è una sconfitta. La sinistra è viva in Grecia, anche se il governo di Tsripras è uscito sconfitto. Non è stata travolta dall’onda nera.

Il risultato di Syriza

Syriza resta forte in Parlamento, con il 31% e la destra estrema non ha preso alcun seggio. Il partito vincitore Nea Demokratia, di destra, guidato da Kiryakos Mitsotakis ha ambizioni di normalizzazione neoliberale. La sconfitta di Syriza non è stata catastrofica come in Italia, dove alle elezioni del 2018 nemmeno i partiti alla sinistra del Pd sono riusciti a fare risultato. In Italia tutta la sinistra ha perso. Non ha perso solo il governo Letta-Renzi-Gentiloni. In Grecia, c’è stata una frammentazione delle liste che ha probabilmente penalizzato Syriza ma non ha favorito lo sfondamento a destra.

Antonio Floridia conferma questa lettura nella sua pagina di Facebook: “per Syriza non e’ stata affatto una “’disfatta’ come si sono affrettati a dire molti media” (non solo italiani, visto il commento del Guardian). Syriza prende 250.000 voti in meno del 2015 e si attesta sul 31,5%; la lista di Varoufakis (che non c’era nel 2015) ne prende circa 180.000 ovvero il 3,5%; i comunisti confermano i 300.000 del 2015 con il 5.5%; il Pasok migliora rispetto al 2015 e si attesta sull’8%. Come spiega Floridia, se la destra vince è a causa del sistema elettorale greco che assegna 250 seggi proporzionalmente tra le liste che superano il 3%, mentre premia il primo partito con 50 seggi.

L’eclissi di Alba Dorata

Nuova Democrazia guadagna 750.000 voti e sorpassa Syriza, attrae tutto al centro e la destra – spariscono i nazisti di Alba Dorata che prendono il 2,9% e non superano la soglia di sbarramento. Il partito ANEL, di destra nazionalista che aveva appoggiato Tsipras nel 2015, non si è presentato. Quindi la situazione è di tipo bipolare: una destra che governerà con sicura maggioranza e una sinistra che sfiora complessivamente il 50%.

La maggioranza di governo è stata punita. E tuttavia l’elettorato greco non ha girato le spalle alla sinistra e non ha nemmeno scelto la strada del non voto, dell’astensione, come da noi in Italia. In Grecia, la sinistra c’è nella società e nel Parlamento. Questo è un dato importantissimo – poichè in quasi tutti i paesi europei, ad eccezione della Spagna e del Portogallo, la sinistra sociale non trova rappresentanza nei partiti tradizionali che si definiscono di sinistra o centro-sinistra. In Grecia la sconfitta del governo Syriza non ha determinato uno scollamento tra società e partiti di sinistra. Ciò significa che la sinistra potrà rinsaldare la sua forza con un’opposizione più decisa alle politiche europee di austerità, che il governo Tsipras ha accettato e per questo è stato punito, e che tuttavia sono (si spera) meno dogmatiche che nel 2015.

La sinistra e la questione europea

Tsipras ha pagato il non aver seguito la linea dura contro il Memorandum della Troika – il non aver aperto la strada all’uscita dall’Euro. Ha pagato anche la società greca, con una classe media falcidiata, e una disoccupazione attestata al 18% (ma nel 2015 era al 28%) e migliaia di posti lavoro perduti. Una cura da cavallo che ha prostrato la società, con un Pil ridotto del 25%, spese sociali tagliate di più di un quarto e pensioni da fame. La Grecia è rimasta in Europa e ora dalla riorganizzazione di una nuova Europa la sinistra post-governo Tsipras potrebbe ripartire. Forse, delle sinistre europee, quella greca è la sola che sembra ancora convinta che l’Europa possa essere il terreno di ricostruzione per la sinistra (un’idea che non è solo di Varoufakis).

Il vincitore di destra promette “normalità”, più privatizzazioni, taglio delle tasse. Promette quel che a Bruxelles volevano che promettesse e che il governo a guida Tsipras ha realizzato solo molto parzialmente. Se Tsipras non ride, dunque, Mitsotakis, finiti i festeggiamenti, dovrà molto presto fare un bagno di realtà che potrà risultare ben poco piacevole. E la sinistra lo incalzerà. Ha numeri e la possiblità e le ambizioni per rigenerarsi anche attraverso un’opposizione robusta a quella politica dei sacrifici che ha ingurgitato anche a costo di non sputare l’Europa e che alla fine l’hanno penalizzata. Non tutte le sconfitte sono una fine; non tutte sono solo sconfitte.

StrisciaRossa online, 8 luglio 2019

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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