La società civile italiana in prospettiva storica

11 Giu 2019

Da questa settimana si apre la prospettiva di una lunga lotta difensiva per salvaguardare la democrazia italiana. In questo conflitto salgono alla ribalta vari attori, appartenenti a varie sfere diverse con opinioni assai diverse. C’è chi vuole stabilire un nuovo assetto istituzionale che cambi radicalmente la divisione dei poteri. Fin dai tempi di Craxi e di Berlusconi è stato possibile identificare questa volontà eversiva, forse maggioritaria, che sembrò vincere definitivamente con il trionfo di Berlusconi alle elezioni nazionali nel 2008con ampio margine in entrambe le camere.

Dall’altra parte troviamo diversi soggetti dentro e fuori lo stato – la magistratura in primo luogo (anche se non tutta) – che in qualche modo sono riusciti a combattere, impedire, rallentare, rinviare questo esito. In questa prima fase la società civile ha dato dei contributi notevoli.

E adesso? Che ruolo può giocare la società civile all’interno di questo processo imminente, una delle sfide più importanti, forse la più importante, nella storia della Repubblica?

“Che cos’è la società civile?” ho chiesto al pubblico mentre entrava al cinema questa mattina. Ho ricevuto delle risposte diverse – la società civile (internazionale) sono le ONG che salvano uno scalcinato battello in mezzo al Mediterraneo colmo di immigrati provenienti dall’Africa, è una grande manifestazione a Roma, per celebrare capeggiata da una formidabile Greta Thunberg che accusa i politici radunati al senato di averla ascoltata e applaudita per poi non fare assolutamente nulla, è anche Libertà e Giustizia, una piccola ma altamente qualificata associazione che ha sempre difeso la Costituzione e che ha lavorato nelle scuole per diffondere la conoscenza della Carta Costituzionale (Carlassare). Ho l’onore di essere Presidente di Libertà e Giustizia, che ha organizzato questo 2 giugno speciale e vi prego di sostenerci diventando soci. Per sopravvivere siamo totalmente dipendenti dai contributi dei soci e da occasioni come questa.

‘La cosiddetta società civile’ 

Prima di tutto, sebbene nella scienza politica moderna ci siano pochi termini più utilizzati e discussi rispetto a ‘società civile’, devo chiarire che cosa intendo io con questo termine; soprattutto perché gli oppositori della società civile contemporanea sono restii ad accettuare la sua validità concettuale e preferiscono, con toni di sufficienza, fare riferimento alla ‘cosiddetta’ società civile.

Ci sono varie trappole da evitare, tra cui la più ovvia sta nel fatto che si può fare del termine un uso così ampio da renderlo insignificante, o così limitato da includervi solo il politicamente corretto.Faccioqui riferimento a una definizione costruita su tre livelli:

Il primo è la visione della società civile come spazio analitico, il secondo come pratica associativa, il terzo come una serie di linee guida normative. Le descriverò a seguire.

Come spazio analitico, la società civile costituisce una vasta area intermedia, separata dalla sfera domestica, da quella economica e dallo stato. La società civile si collega alle famiglie, ai mercati e ai governi ma rimane un’entità distinta. A questo primo livello di analisi, sembra difficile distinguere la società civile da quella che è comunemente chiamata ‘società’. Ma il secondo livello della definizione specifica immediatamente che la ‘società civile’ non è la società genericamente intesa, ma una pratica associativa caratterizzata da una grande varietà di gruppi di volontariato, organizzazioni, circoli, reti di solidarietà e via discorrendo.

Il terzo, e il più controverso, livello della mia definizione, quello normativo, definisce ancora di più il campo e ci porta vicino all’uso più comune e diffuso che si fa di questa parola nella politica italiana di oggi. Il termine ‘società civile’ ha sempre avuto una forte connotazione normativa, sebbene essa abbia cambiato di volta in volta nel tempo la sua natura.

In un saggio di insuperata eleganza e chiarezza, Norberto Bobbio ha osservato come il suo significato emerga più chiaramente accostando coppie di elementi antitetici: primariamente l’opposizione tra ‘società naturale’ e ‘società civile’, e successivamente quella tra ‘società civile’ e ‘società politica’[1]. Nella prima contrapposizione le virtù della società civile vengono generalmente esaltate rispetto alla primitività della società naturale. Ma da Hegel in poi, scrive Bobbio, la società civile è passata da essere il secondo termine della prima antitesi (quella tra società naturale e società civile), a essere il primo termine di una seconda antitesi, in cui la società civile è considerata un elemento generalmente negativo, e lo Stato (ossia la società politica) il suo redentore[2].

Non è così peregrino sostenere invece che oggi, nell’Italia contemporanea, la società civile sia diventata il secondo termine della seconda antitesi, spesso dipinta come il possibile fattore salvifico di una società politica corrotta e degradata, sia nel sistema dei partiti sia nell’organizzazione statale.

Lo storico tedesco Jürgen Kocka ha suggerito in modo convincente che l’origine moderna del termine sia da collocarsi all’interno dell’Illuminismo europeo, ma che il suo senso originario di progetto illuminista abbia subito degli slittamenti nel corso del tempo. Per giunta, nel caso tedesco, lo stesso termine si è trasformato, con l’abbandono dell’originale bürgerliche Gesellschaft in favore di Zivilgesellschaft, meno connotato in senso di classe[3].

Vorrei suggerire che la società civile italiana di oggi nutre le seguenti ambizioni riguardo la condizione generale della democrazia moderna: difendere e applicare gli articoli della Costituzione del 1948, incoraggiare la diffusione del potere rispetto alla sua concentrazione, considerare il cambiamento climatico come un’emergenza globale, usare mezzi pacifici invece della violenza, lavorare per l’uguaglianza sociale e di genere,  promuovere la tolleranza e l’inclusione, stimolare il dibattito e incoraggiare un uso diverso delle passioni nell’azione politica.

Questa è certamente una lunga lista e qualcuno fra il pubblico potrebbe pensare che sia anche troppo specifica. In ogni caso, se si rimuovono troppe delle specifiche normative dalla moderna definizione di società civile, c’è il rischio di finire in un analitico, e politico, vicolo cieco. Se per esempio ogni tipo di associazione, indipendentemente dal suo intento, criminale o altro, viene considerata come facente parte della società civile, allora il termine stesso si svuota subito di ogni significato. La mafia fa sicuramente parte della società, ma può sensatamente essere considerata parte della società civile? La più importante organizzazione antimafia italiana, Libera, guidata da Don Luigi Ciotti, si definisce specificamente come un’organizzazione della ‘società civile’ e considera la mafia come la sua antitesi criminale. ‘Società mafiosa’ e ‘società civile’ costituiscono una coppia antitetica che vale la pena tenere in considerazione.

Come cresce, storicamente parlando?

È corretto affermare che dagli anni Sessanta in poi la sfera politica abbia dominato pesantemente la storia della società italiana. Questa è l’anomalia italiana: l’associazionismo era presente e spesso ha svolto una funzione educativa, ma le attività parrocchiali, così come quelle delle Case del Popolo, agivano sotto il  controllo delle elites locali dei partiti e della Chiesa

L’esperienza storica italiana della società civile nel periodo repubblicano è piuttosto eterogenea. Alcuni elementi sono fortemente positivi. In Italia la longevità democratica della Repubblica – fattore raramente preso sufficientemente in considerazione dai politologi italiani  – ha garantito le condizioni strutturali per il fiorire della società civile – la libertà di opinione, la stampa libera, il diritto di associazione. L’Italia è un paese in cui il funzionamento delle istituzioni lascia molto a desiderare, ma è anche un paese, sotto il profilo storico, molto libero, perfino iperdemocratico, ricco di iniziative e discussioni. Forse – ed è una triste constatazione –  è proprio il mancato funzionamento delle istituzioni a produrre questa vivacità di reazione, questa micro-democrazia che non dà segno di placarsi.

In secondo luogo, la società civile italiana è come un fiume carsico. Non si distingue per il suo alto numero di associazioni ma per la sua capacità di irrompere improvvisamente sulla scena nazionale con grandissima forza e altissimi numeri. L’enorme manifestazione della CGIL del marzo 2002 al Circo Massimo contro l’abolizione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori del 1970 ne è un esempio eclatante.

Per contrasto, l’organizzazione territoriale della società civile italiana è più squilibrata rispetto agli altri paesi europei, con una grande concentrazione dell’associazionismo civico nel centro e nord del paese. Fu in queste regioni, nella seconda metà dell’Ottocento, che nacque la rete delle associazioni di mutuo soccorso, una rete che fece molta fatica a estendersi al Mezzogiorno. Ci sono stati momenti nella storia del Sud in cui questo quadro si è modificato, soprattutto negli ultimi decenni del Novecento, ma oggi la situazione è di nuovo molto incerta, con la mafia che ha conquistato nuovo terreno e la forza lavoro degli immigrati che vive spesso in una condizione di schiavitù, come sentiremo questo pomeriggio dalla CGIL.

Per larga parte della sua storia lo stato italiano si è trovato davanti una società civile debole e inefficace, con pochi elementi di partecipazione e di democraticità, specialmente nel Sud e nelle Isole. Questa situazione, però, è mutata rapidamente negli ultimi trent’ anni. Due elementi, uno strutturale e l’altro politico, sono stati in gran parte responsabili di questa trasformazione. Il primo, quello strutturale, è la crescita ininterrotta di un ceto medio istruito e relativamente prosperoso.

Per contrasto Il secondo, comunemente a molte altre democrazie occidentali, è l’emergere di figure nella sfera pubblica profondamente ostili alla democrazia liberale e pronte a mettere le mani su di essa fino a stravolgerla: in questo processo Silvio Berlusconi è stato all’avanguardia mondiale, anche se per fortuna i suoi lunghi anni di governo sono stati spesso inefficaci. In seguito, rimanendo sempre in Italia, si è affermata la figura del narciso e arrogante Matteo Renzi – populista di ‘sinistra’. E per ultimo è arrivato il sinistro Capitano Salvini, che in pochi mesi è riuscito a far appello ad alcune delle peggiori caratteristichedegli italiani – il loro razzismo e il loro clientelismo  – a minacciare i miti fondanti della Repubblica.

Per la Democrazia Cristiana la politica era un processo lento contraddistinto da compromessi e l’aggiramento era il tratto distintivo del suo agire; per usare le categorie gramsciane, la Democrazia Cristiana combatteva una guerra di posizione, mentre al contrario Matteo Salvini sceglie una guerra di movimento. Possiamo immaginarci Giulio Andreotti, seduto su una poltrona scomoda del regno di Belzebù che scuote la testa e borbotta tra sé: “non è questo il modo di comportarsi amico mio”.

 La reazione a questi malfatti e malfattori così pericolosi per la nostra Costituzione – Berlusconi, Renzi, Salvini – ha preso forme diverse ma in condizioni simili. Se nel 2002 la reazione della società civile a Berlusconi fu massiccia, la reazione a Renzi, il populista di sinistra, è stata molto più complessa e parziale. Queste nuove figure e l’andamento dell’economia mondiale dopo la grande crisi del 2008, stanno provocando una nuova mobilitazione – quella di una classe media stavolta impoverita, i cui figli sono colpiti da un processo di mobilità discendente. Il loro tanto lavoro per poca retribuzione li impedisce di partecipare costantemente alle campagne della società civile, ma all’orizzonte vediamo avvicinarsi una società civile verde  (almeno in Germania e il Regno Unito, se non in Italia).

Siamo oggi di fronte una società civile italiana matura? Lo dubito fortemente. Accanto agli elementi positivi di questo nuovo fenomeno, vorrei accennare anche alle difficoltà che sta incontrando: passività e individualismo, differenze generazionali, triste e frustrante rapporto con i partiti di centrosinistra.

Conclusione

Credo, per concludere, che il più grande contributo che posso dare in questo momento sia una critica ragionata alla società civile e alla debolezza del suo tessuto di relazioni. La società civile italiana, e non solo, si basa su una rete di rapporti spesso informali – da una parte molto affascinanti ma dall’altra molto meno. Prima di tutto si deve sottolineare che la società civile tende a una micro-conflittualità ripetitiva permanente. Nell’assenza di regole chiare e della necessità di un diverso comportamento nella società civile rispetto alla politicaè assai facile per alcuni individui assumere il ruolo di figure carismatiche o simili, prendendo il controllo delle organizzazioni e ponendosi al di sopra di ogni critica. Inoltre si deve osservare che la relazione tra passione e politica spesso assume forme negative. L’autocontrollo, l’autodisciplina, l’umiltà, l’immaginazione e lo scetticismo, così essenziali alla società civile, troppo spesso mancano; retorica, dogmatismo, gelosia e recriminazione sono invece molto presenti. Per costruire una società civile che sappia abilmente adoperare un modo diverso  di fare la politica, ci vogliono le pratiche costanti delle passioni positive , ci vuole grande pazienza e tenacia, oltre a una solida cultura della democrazia. Spesso, almeno per ora, una o più di queste qualità mancano.

2 giugno 2019

[1] Norberto Bobbio,‘Sulla nozione di società civile’, De Homine, 1968, n. 24, pp. 280-97. For a semplified version, si veda anche Id. , ‘Società civile’, in N. Bobbio, N. Matteucci and G.F. Pasquino (a cura di),  Dizionario politico , UTET, Torino 1983), pp. 1084-90.

[2] Bobbio, ‘Sulla nozione di società civile’, cit., pp. 20-22.

[3] Jürgen Kocka, ‘Civil society from a historical perspective’, in European Review, vol. 12 (2004), no. 1, pp. 65-79, soprattutto p.67.

Supportaci

Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo

Promuoviamo le ragioni del buon governo, la laicità dello Stato e l’efficacia e la correttezza dell’agire pubblico

Leggi anche

Le scuole di Libertà e Giustizia

L’Unione europea come garante di democrazia, pace, giustizia

In vista della legislatura 2024-2029, l’associazione Libertà e Giustizia propone sette incontri sul ruolo del Parlamento europeo e le possibilità di intervento dei singoli cittadini e delle associazioni

Approfondisci

Newsletter

Eventi, link e articoli per una cittadinanza attiva e consapevole direttamente nella tua casella di posta.