Piketty, L’ ingiustizia favorisce i populisti

Piketty, L’ ingiustizia favorisce i populisti
PARIGI – «Finché non cambieremo il sistema economico e fiscale in Europa, non sarà davvero possibile sconfiggere movimenti populisti come quelli di Marine Le Pen e Matteo Salvini ». Dal suo osservatorio sulle disuguglianze nel mondo, a cui ha dedicato il voluminoso saggio Il Capitalismo nel XXI secolo , Thomas Piketty confessa di essere “frustrato” dal risultato delle elezioni europee. «La collera che alimenta i nazionalismi è fomentata dall’ assenza di un modello sociale e fiscale più giusto» spiega l’ economista francese che ha promosso, insieme ad altre personalità, un Manifesto per la democratizzazione dell’Europa che ha già raccolto oltre centomila firme.
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In Francia e in Italia i sovranisti escono vittoriosi. Sorpreso?
«No perché sono convinto che buona parte del rifiuto per l’Europa sia dovuto al sentimento di ingiustizia fiscale. Il voto per i sovranisti rispecchia perfettamente il livello di reddito e di diploma.
La nuova contrapposizione politica è tra classi lavoratrici e classi più privilegiate che detengono un patrimonio. Se continuiamo a dire che il voto a Le Pen è dovuto solo a nazionalisti xenofobi arretrati ci sbagliamo di grosso».
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È quello che ha detto Macron con la sua battaglia tra progressisti e nazionalisti?
«Non mi riconosco in questa griglia di lettura che alimenta i record di popolarità di Le Pen e Salvini. È una strategia politica estremamente pericolosa che tende a escludere totalmente dal dibattito il vero nodo da sciogliere».
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Ovvero?
«Dagli anni Novanta in poi le disuguaglianze di reddito all’interno dei paesi dell’ Ue sono ricominciate ad aumentare. È quello che le persone risentono nella vita vera. C’è una minoranza di ricchi che si arricchisce sempre di più e che in proporzione contribuisce di meno allo Stato sociale. Se l’Europa vuole salvare se stessa deve costruire un modello originale per garantire uno sviluppo sociale equo e duraturo. Solo così si convinceranno gli elettori a sostenere il progetto europeo».
 
Cosa propone?
«La creazione di un’assemblea europea sovrana, con i parlamentari di un piccolo nucleo di paesi, che possa gestire un bilancio finanziato attraverso quattro grandi imposte europee: sugli utili alle grandi imprese, sui redditi più alti (oltre 200mila euro all’anno), sui maggiori possessori di patrimoni (oltre 1 milione di euro all’ anno) e sulle emissioni di anidride carbonica».
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Propone di aumentare le tasse: sta sognando?
«Il bilancio che proponiamo, se fissato intorno al 4% del Pil, potrebbe servire agli Stati membri per ridurre l’imposizione fiscale regressiva che grava su salari e consumi delle classi medie, ma anche a finanziare ricerca e investimenti per la crescita. In sostanza, sarebbe uno strumento democratico per garantire una nuova giustizia fiscale».
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Macron ha proposto un bilancio dell’eurozona. Non le va bene?
«È un progetto estremamente vago e che dimentica il cuore del problema: la lotta alle disuguaglianze. D’altronde per Macron è difficile parlare di giustizia fiscale in Europa dopo aver abolito in Francia la patrimoniale. E così l’unico argomento di cui tutti parlano è la caccia agli stranieri».
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La sinistra non fa abbastanza contro le disuguaglianze?
«In Francia se i vari leader fossero un po’ meno stupidi si accorgerebbero che sommando le loro varie liste sarebbero un blocco di potere superiore al partito della maggioranza. In molti paesi c’è poi un rigetto della sinistra radicale paradossale perché non fa altro che aiutare l’ascesa dell’estrema destra. L’unica soluzione è proporre un modello fiscale ed economico più equo.
Probabilmente, come spesso accade in Europa, ci arriveremo quando saremo travolti da una nuova crisi economica e finanziaria».
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Pensa all’Italia?
«Non so se la prossima crisi europea sarà provocata dal debito italiano. So che questo governo è l’incubo assoluto.
Salvini riesce a guadagnare popolarità denunciando l’ipocrisia del governo francese sulla questione migratoria, e intanto lui può portare avanti una politica antisociale, chiedendo di varare la flat tax.
Sono costernato nel vedere poi che una delle soluzioni ipotizzate per tappare i buchi del bilancio dello Stato è aumentare l’Iva, che per definizione pesa sulle fasce più deboli della popolazione».
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La Repubblica, 27 maggio 2019
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2 commenti

  • La Repubblica, 27 maggio 2019
    PARIGI – «Finché non cambieremo il sistema economico e fiscale in Europa, non sarà davvero possibile sconfiggere movimenti populisti come quelli di Marine Le Pen e Matteo Salvini». Dal suo osservatorio sulle disuguaglianze nel mondo, a cui ha dedicato il voluminoso saggio Il Capitalismo nel XXI secolo, Thomas Piketty confessa di essere “frustrato” dal risultato delle elezioni europee. «La collera che alimenta i nazionalismi è fomentata dall’ assenza di un modello sociale e fiscale più giusto» spiega l’economista francese che ha promosso, insieme ad altre personalità, un Manifesto per la democratizzazione dell’Europa che ha già raccolto oltre centomila firme.
    Segue l’intervista a Piketty
    In Francia e in Italia i sovranisti escono vittoriosi. Sorpreso?
    «No perché sono convinto che buona parte del rifiuto per l’Europa sia dovuto al sentimento di ingiustizia fiscale. Il voto per i sovranisti rispecchia perfettamente il livello di reddito e di diploma.
    La nuova contrapposizione politica è tra classi lavoratrici e classi più privilegiate che detengono un patrimonio. Se continuiamo a dire che il voto a Le Pen è dovuto solo a nazionalisti xenofobi arretrati ci sbagliamo di grosso».
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    Condivido l’analisi della situazione di fatto, ma dopo?
    Macron ha proposto un bilancio dell’eurozona. Non le va bene?
    «È un progetto estremamente vago e che dimentica il cuore del problema: la lotta alle disuguaglianze. D’altronde per Macron è difficile parlare di giustizia fiscale in Europa dopo aver abolito in Francia la patrimoniale. E così l’unico argomento di cui tutti parlano è la caccia agli stranieri».
    Qui intravvedo i primi segnali delle contraddizioni: Il sistema economico vigente vive facendo perno sulle diseguaglianze di reddito ritenute necessarie a creare i capitali per intraprendere le attività. Ma il reddito assolve alla funzione sicuramente necessaria all’individuo per farlo vivere, possibilmente, nelle migliori condizioni. Tutti coloro che vedono altri godere di un reddito superiore al proprio aspirano a raggiungere quel reddito e procurano così di aumentare la diseguaglianza di reddito con chi lo ha già inferiore. Siamo perciò costretti ad utilizzare un sistema fiscale più giusto per riequilibrare le condizioni di vivibilità di chi ha reddito troppo basso.
    Quanta maggiore chiarezza facciamo sui termini del problema tante più chiare ci appariranno le contraddizioni e l’inefficacia delle misure. Allora: quale è il compito del sistema fiscale? Come possiamo creare un sistema fiscale più giusto senza definirne in modo preciso la funzione? Il fisco ha la funzione di costituire il capitale dello Stato o quello di risolvere le differenze dei redditi individuali? Come si può definire il reddito individuale? Esistono forme di reddito non riferibili all’individuo ma a insiemi di individui? Come si differenziano le prime dalle seconde? Perché il sistema fiscale esprime oltre alle tasse che si rivolgono alle persone e a particolari insiemi di persone anche l’altra tipologia rivolta ai beni, siano gli stessi materiali o di servizio? Come si può esprimere in conseguenza della proliferazione delle tipologie l’incidenza delle tasse sul reddito dell’individuo? Quanti e quali motivi di sperequazione esistono in modo indipendente dalle tasse?
    Già tutto questo insieme di domande, anche senza rispondere a ciascuna delle stesse è l’indice della confusione di questo caos, articolato per farlo gestire dai professionisti preposti a tutto vantaggio degli stessi, pagati per seguire la burocrazia della legge e altrettanto vantaggioso per chi specula sulla confusione per trarne vantaggio.
    A me sembra che il principio fondamentale del sistema economico attuale che il reddito individuale non abbia limiti né inferiori né superiori imposti per legge, ma dipenda dalle capacità di appropriarsene dell’individuo sia stato e continua ad essere la spinta generativa di questo sistema economico. Osservo che il reddito complessivo corrisponde alla capacità produttiva globale e solo oggi cominciamo a renderci conto che se possiamo fare aumentare la capacità produttiva esiste però invalicabile il limite delle risorse utilizzabili disponibili. Se il risultato di questa economia non ci piace dobbiamo cambiare il principio fondamentale sul quale si regge.
    Se non si agisce in questo modo la sperequazione esce dalla porta e rientra dalla finestra, col risultato che tutto rimane come prima. È come quando, come si faceva una volta nelle famiglie, all’ora di pranzo il pentolone con la minestra si metteva sulla tavola e chi aveva le braccia più lunghe mangiava mentre chi le aveva troppo corte rimaneva affamato. Per quanto si aumenti il contenuto della pentola chi ha le braccia lunghe si ingozzerà sempre di più. La soluzione è solo di dividere inizialmente la minestra a secondo della quantità disponibile e delle necessità di ciascuno.
    Sia chiaro che non ho proprio nessuna intenzione di fare passare per semplice una cosa estremamente complicata; infatti, introdurre i limiti di reddito individuale massimo e minimo ha significato solo se si modifica completamente il sistema economico e propone di conseguenza una ulteriore domanda fondamentale: che cosa è l’economia della comunità umana? Secondo me è l’insieme dei comportamenti e delle abitudini umane che diventate il modo di gestire le relazioni fra gli uomini permettono alla società degli stessi di esistere.
    Credo che si possa parlare di società umana positiva quando la stessa aspira al vivere migliore possibile di tutti i suoi componenti. La buona economia è perciò lo strumento essenziale per fare evolvere la società col proposito del raggiungimento di quella aspirazione. Non dobbiamo confondere perciò l’economia con gli strumenti inventati dall’uomo per gestirla e perciò non con lo strumento oggi preminente che è il denaro.
    Nell’ambito della società hanno luogo tutte le attività umane e fra queste quelle produttive. La confusione dei termini del problema che scambia la gestione del denaro con quella di ogni decisione economica si ripercuote sulle decisioni che spingono le comunità di uomini che vivono sui territori della terra a intraprendere collettivamente le attività. Inteso in questo modo il denaro diventa potere per chi ne ha di più e sospinge l’economia a farlo aumentare dove si è già accumulato. L’ultima domanda angosciosa è riuscirà mai l’uomo ha superare questa difficoltà culturale che sembra impedirgli di attuare la vera economia?

  • “L’ultima domanda angosciosa è riuscirà mai l’uomo ha superare questa difficoltà culturale che sembra impedirgli di attuare la vera economia??”, Lei si chiede in chiusura del suo argomentato commento.

    Forse, al di là delle Sue peraltro condivisibili molte considerazioni, a questo punto bisognerebbe interrogarsi su cosa si intenda per “vera economia” (la Storia delle Dottrine Economiche è piena zeppa di teorie economiche), senza trascurare il concetto di rapporti di forza che, da sempre, determina i rapporti sociali ed economici.

    Perché vede, caro Ambrosi, colui che detiene il possesso (non la proprietà) del mestolo con cui distribuisce la minestra della Sua metafora è colui che detiene il potere e i mezzi economici e politici per determinare quanta minestra distribuire, e a chi.

    Il Suo auspicio che l’Uomo possa superare le difficoltà culturali che sembrano impedirgli eccetera eccetera è quanto meno velleitario, inconcludente ed utopistico, in questo mondo sempre più distopico in cui ci è dato vivere.

    Rebus sic stantibus, perché questo nostro popolo (e così quello britannico, statunitense, eccetera eccetera) comprenda che è nel suo stesso interesse cambiare strada, le soluzioni sono 7: o si cambia con un voto maturo e democratico oppure con una bella rivoluzione, armata o disarmata, scelga Lei. I buoni auspici, le moral suasion, il buon senso (di cui son piene le fosse) fanno il gioco dei nostri nemici che parlano/sbraitano alla pancia dei milioni di “cretini cognitivi” (copyright Francesco Merlo) che imperversano e si autoalimentano sulle reti sociali e su internet.

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