Con i fascisti non si dialoga e potendo li si denuncia

21 Mag 2019

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Corre sul web l’analogia tra chi ha lasciato il Lingotto e chi abbandonò il Parlamento in segno di protesta contro il fascismo, un fenomeno noto come “andare sull’Aventino”, poiché lì andarono appunto i deputati di opposizione, lasciando il Parlamento ai fascisti (con l’eccezione gloriosa del drappello di parlamentari del Partito comunista d’Italia e del loro leader Antonio Gramsci che pronunciò parole giuste e di fuoco contro l’aventinismo).

Ma rifiutare di condividere lo spazio pubblico di discussione non è la stessa cosa di non esercitare il diritto/dovere di opposizione in un’istituzione democratica.  Non si può usare lo stesso metro di giudizio. La sfera pubblica di discussione è un luogo non istituzionale nel quale ciascuno partecipa per se stesso, volontariamente.

Condizione per il discorso pubblico è che tutti rispettino la libertà ovvero il diritto di dissentire, e anche di andarsene per non tollerare ― se i fascisti vogliono esercitare la loro libertà devono dismettere il linguaggio della violenza e del fascismo e usare questo stesso metro. Diversamente possono andare a esercitare la loro libertà assoluta, senza limiti, in un bosco dove sono liberi di essere fascisti e gridare con violenza contro gli antifascisti.

Ciascuno è libero tuttavia di essere intollerante con chi è intollerante – anche se questo non dovrebbe mai comportare essere violenti. Non c’è obbligo a discutere con nessuno, ma chi accetta di stare nel discorso deve accettare di farlo secondo i principi di eguale libertà e tolleranza. Per questo non mi si può obbligare a discutere con nessuno, tanto meno con gli intolleranti. Il paragone con l’Aventino è quindi sbagliato.

Si può questionare se sia prudente e opportuno rompere il dialogo o restare e portare le proprie ragioni – al Lingotto o in un altro luogo non istituzionale. Ma non vi è proprio nulla di sbagliato, inappropriato o illiberale nel non ascoltare e non dialogare con gli intolleranti.

Girare le spalle e i tacchi è un esercizio di libertà di espressione, come esporre uno striscione contro la Lega alle finestre di casa mia (senza che le forze dell’ordine siano legittimate a entrare, rimuoverlo e magari arrestarmi!).

Scriveva Thomas Paine:

Uno può credere ciò che vuole; ci può essere chi crede che gli asini volano e ha tutto il diritto di crederlo. Ma, per cortesia, non si imponga a me di ascoltarlo!

E se voglio spiegargli che forse sbaglia a pensare che gli asini volano posso farlo in tanti modi e luoghi, non è necessario che cerchi di convincerlo con le mie parole direttamente – che molto probabilmente non lo toccheranno.

Scriviamo quindi per spiegare l’animalità del fascismo, per raccontare ai giovani e meno giovani che cosa fu e non fu e che cosa può sempre essere. Ma non c’è bisogno di farlo in dialogo con i fascisti!

Con i fascisti non si dialoga, e potendo li si denuncia, poiché la nostra democrazia è antifascista, non neutra.

Haffington Post, 7 maggio 2019

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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