Il Cielo sopra Belgrado (e quello sopra Firenze)

16 Mag 2019

Ho letto solo di recente l’ottimo articolo di Domenico Gallo intitolato “Il cielo sopra Belgrado”, del 29-30 marzo, che condivido pienamente, sottoscrivendolo parola per parola. A margine delle sue riflessioni vorrei aggiungerne una io, che investe una questione forse più importante di quanto non appaia a prima vista.

Uno dei primi e più importanti teorici dell’uso terroristico dell’aviazione militare per colpire le popolazioni civili, uso definito “strategico” perché finalizzato, in prospettiva, a sollevare le popolazioni dei paesi nemici contro i loro stessi governi, fu un italiano, il generale Giulio Douhet (1869-1930). Nella sua più fortunata opera, Il dominio dell’aria, scritta nel 1921, sviluppando le idee che già lo avevano portato a formulare la proposta, nella guerra di Libia del 1911, di bombardare le posizioni nemiche da alta quota (come in effetti avvenne, con “successo”), e, durante la prima guerra mondiale, di ordinare ed acquistare massicci quantitativi di bombardieri (cosa che invece lo mise in urto con gli alti comandi), egli teorizzò l’uso dei bombardamenti incendiari, chimici e batteriologici, diretti soprattutto verso le città densamente popolate. Conseguenza logica delle sue teorie era la creazione di un’Aeronautica come terza forza aerea, indipendente da Esercito e Marina, e destinata a diventare l’arma decisiva per vincere i conflitti bellici. Significativo il seguente passo: “Basta immaginare ciò che accadrebbe, fra la popolazione civile dei centri abitati, quando si diffondesse la notizia che i centri presi di mira dal nemico vengono completamente distrutti, senza lasciare scampo ad alcuno. I bersagli delle offese aeree saranno quindi, in genere, superfici di determinate estensioni sui quali esistano fabbricati normali, abitazioni, stabilimenti ecc. ed una determinata popolazione. Per distruggere tali bersagli occorre impiegare i tre tipi di bombe: esplodenti, incendiarie e velenose, proporzionandole convenientemente. Le esplosive servono per produrre le prime rovine, le incendiarie per determinare i focolari di incendio, le velenose per impedire che gli incendi vengano domati dall’opera di alcuno. L’azione venefica deve essere tale da permanere per lungo tempo, per giornate intere, e ciò può ottenersi sia mediante la qualità dei materiali impiegati, sia impiegando proiettili con spolette variamente ritardate” . Leggendo, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad una sorta di dottor Stranamore, le cui teorie però, secondo gli studiosi di strategia militare, avrebbero trovato una parziale conferma nella vittoria americana sul Giappone nella seconda guerra mondiale, determinata proprio dai devastanti bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.

Orbene, è verosimilmente grazie ai suoi meriti di “teorico” che a Giulio Douhet, nell’indifferenza generale, è stata intitolata, con decreto ministeriale 15 maggio 2006, la Scuola Militare Aeronautica con sede alle Cascine di Firenze, destinata ai giovani di ambo i sessi a partire dal 15° anno di età, il cui scopo, come si legge nel sito internet dell’Aeronautica, “è quello di formare buoni cittadini con una solida base fatta di valori quali la solidarietà, l’amicizia, lo spirito di gruppo e la sana competizione. Attraverso una valida preparazione culturale, sociale e un pregevole senso civico affinché si possano distinguere nel loro futuro sia nell’eventuale prosieguo della vita militare che nell’ambito civile.​​” Si tratta di una scuola finalizzata “ad una formazione pre-universitaria elitaria” (sul modello della Nunziatella di Napoli o del Morosini di Venezia), quindi anticipata rispetto all’accademia militare vera e propria,  che consenta “sbocchi professionali di prestigio anche al di fuori della ‘Società Militare’”, ma in cui comunque gli allievi prestano giuramento e, a partire dal 16° anno di età, contraggono una ferma volontaria di tre anni nell’Aeronautica Militare.

I motivi per cui un ministro (Antonio Martino, per la cronaca) che sarebbe rimasto in carica ancora per due giorni per il solo “disbrigo degli affari correnti” (Il Terzo Governo Berlusconi durò infatti solo fino al 17 maggio 2006, data in cui si insediò il secondo Governo Prodi) abbia deciso di onorare la memoria di Giulio Douhet con questa intitolazione, possono essere noti solo all’interno delle istituzioni politico-militari. Quel che pare discutibile è che la figura di Douhet possa essere additata come esempio ai giovani che si accingano ad intraprendere studi militari, anche in vista di una futura (ancorchè solo eventuale) carriera militare, e che valori come la solidarietà e l’amicizia (richiamati nel citato sito web) possano ritenersi conciliabili con il cinismo con cui Douhet prefigurava i bombardamenti intenzionali sulle popolazioni civili, vietati oggi, almeno formalmente, da numerose convenzioni internazionali. Peraltro, quella di Douhet non risulta neppure essere stata una carriera particolarmente brillante, costellata come fu da trasferimenti punitivi determinati da commesse militari non autorizzate, e persino da una condanna ad un anno di carcere militare, durante la prima guerra mondiale (ancorché successivamente annullata, e comunque determinata da critiche alla conduzione di Cadorna su cui molti storici forse concorderebbero); tra l’altro non conseguì mai neppure il brevetto di pilota, e dopo la prima guerra mondiale fu congedato. Non mancherebbero all’Aeronautica eroi da celebrare, primo tra tutti quel Francesco Baracca (medaglia d’oro, al quale vengono attribuite ben trentaquattro vittorie aeree)  che usava dire: “è all’apparecchio che io miro, non all’uomo”, e a cui capitò di stringere cavallerescamente la mano a piloti nemici dopo averne abbattuti gli aerei. L’art. 52 della Costituzione, che al primo comma sancisce il sacro dovere della difesa della Patria (ammettendo quindi la semplice difesa come unico caso legittimante le azioni belliche, altrimenti vietate dall’art. 11; quell’unica ipotesi che Don Milani affermava non riscontrabile in alcuna delle guerre storicamente combattute dall’Italia, dall’Unità in poi), prevede al terzo comma che “l’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”. Un’adesione che dovrebbe manifestarsi anche nella scelta dei titoli e dei nomi. Se l’attuale ministro volesse rivedere quella scelta, avrebbe una buona occasione per fare un piccolo ma positivo e significativo “cambiamento”.

Certo è però che se una guerra come quella contro la Serbia ha potuto essere combattuta dall’Italia col consenso di un vasto schieramento politico, e ancora oggi non è messa in discussione neppure nella maggior parte delle forze che si auto-definiscono di “sinistra”, l’intitolazione a Douhet della Scuola Militare di Firenze è perfettamente coerente con la “costituzione materiale”.

* L’autore del testo, ex magistrato e funzionario parlamentare, è socio di LeG.

Firenze, 15 maggio 2019

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