Viroli, “Non siamo guariti dal berlusconismo: l’ Italia è malata grave”

24 Feb 2019

Silvia Truzzi

Che il rapporto tra politica e giustizia nel nostro Paese fosse complicato lo sapevamo. Per vent’ anni abbiamo ascoltato gli improperi di Berlusconi contro “certi magistrati” “antropologicamente diversi dal resto della razza umana”, “mentalmente disturbati” Non potevamo immaginare che la storia si ripetesse, con toni diversi ma con la stessa morale. Ne abbiamo parlato con il professor Maurizio Viroli. 

Diceva Montanelli che B. è una malattia, si cura solo con un vaccino: “Una bella iniezione di Cavaliere per diventarne immuni”. E’ d’accordo professore?
Montanelli aveva ragione a descrivere il berlusconismo come una malattia morale e politica che è penetrata fin nelle più intime fibre del corpo sociale. Credo però che fosse troppo fiducioso in merito alle risorse morali e politiche presenti nella società italiana.
Le ingenti iniezioni non hanno fino ad oggi prodotto come reazione un rifiuto della mentalità berlusconiana. Hanno piuttosto ulteriormente indebolito la fibra degli italiani. L’ editore Laterza ha lanciato, nel 2009 mi pare, la collana “Anticorpi” che si proponeva di offrire agli italiani risorse intellettuali capaci di renderli più saggi per respingere mali come il berlusconismo. Ma in questo caso l’ idea era di combattere il male diffondendo idee del tutto contrarie. Credo che quest’ ultima strada sia più efficace rispetto alla terapia di somministrare dosi crescenti di veleno. Purtroppo non abbiamo ancora trovato medici dotati della saggezza e della tenacia necessarie per guarire un malato grave come la società italiana.

Non sarà che il berlusconismo è un effetto collaterale del potere?
Il potere politico, in una Repubblica democratica, non produce automaticamente la mentalità berlusconiana con il suo disprezzo per la legalità e in particolare per i limiti che le leggi ordinarie, e soprattutto la Costituzione, impongono ai governanti. Si può essere berlusconiani senza essere al governo ed essere al governo senza essere berlusconiani. Essere al governo favorisce il desiderio di potere personale, ma solo se i governanti non hanno capito che governare in una Repubblica vuol dire servire il bene comune, non affermare ed espandere il proprio potere.
La caratteristica che accomuna, purtroppo, gran parte dei nostri rappresentati è la mancanza di una vera mentalità civica: non capiscono che servire la Repubblica è il più alto degli onori. Per resistere alle seduzioni del potere non bastano le buone intenzioni. Servono buone intenzioni rafforzate da una buona cultura imparata da buoni libri e da buoni maestri.

Come è stata possibile quella che sembra una mutazione genetica nei 5 Stelle?
L’errore più grave che i dirigenti del Movimento hanno commesso nella vicenda dell’ autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini è stato di chiamare i propri elettori a esprimersi tramite una sorta di referendum. Era loro dovere di rappresentanti decidere interrogando soltanto la propria coscienza. Il popolo non può essere giudice e non può essere chiamato a deliberare su questioni che richiedono competenze giuridiche che non ha. Con quel voto i dirigenti del Movimento 5 Stelle hanno dimostrato di non avere un’ adeguata cultura politica, e di essere inaffidabili al governo della cosa pubblica.

I grillini hanno salvato Salvini e condannato se stessi?
Il primo errore i grillini lo hanno commesso quando hanno deciso di governare con Salvini. Salvando Salvini dal giusto processo hanno poi firmato la propria condanna alla irrilevanza politica.
I dem, dopo gli arresti domiciliari ai genitori di Renzi, gridano al colpo di stato che avrebbe rovesciato il governo Renzi. Le stesse parole usate mille volte da B. contro le toghe e per raccontare la decisione di Napolitano di incaricare Monti nel 2011.
I colpi di stato, se vogliamo parlare correttamente, sono conquiste del potere sovrano con l’ impiego della violenza.
Fino ad oggi, per fortuna, di colpi di stato non ne abbiamo subiti. Se Renzi e Berlusconi e i loro emuli, imparassero almeno a parlare con un minimo di rigore intellettuale sarebbe già un grande beneficio per la nostra vita repubblicana. Ma è speranza vana: non sanno parlare con rigore intellettuale perché non sanno pensare ai problemi del nostro tempo con vero spirito di servizio.

Il Fatto Quotidiano, 20 febbraio 2019

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