Fateci votare sulla nuova Costituzione

21 Feb 2019

Due anni dopo la vittoria del No nel referendum costituzionale, che ha bocciato la “deformazione” della Costituzione targata Renzi, la maggioranza Lega-M5S rilancia le modifiche alla Costituzione.

In campo c’ è l’introduzione del referendum propositivo, che anziché arricchire la democrazia rappresentativa con una nuova forma di partecipazione dei cittadini, continua a giustapporre cittadini e Parlamento. E poi la riduzione drastica dei parlamentari motivata con mere ragioni di risparmio. Mentre la motivazione che con meno parlamentari ci sarebbe una maggiore funzionalità del Parlamento è ridicola visto che continua come e peggio di prima l’ uso a raffica dei decreti legge e dei voti di fiducia. Se si volesse fare una discussione seria si potrebbe partire da una vecchia proposta di Stefano Rodotà: Camera dei deputati e legge elettorale proporzionale con i cittadini che scelgono i parlamentari.

In questi giorni si discute di un regionalismo differenziato che interpreta estensivamente l’ articolo 116 della Costituzione, incautamente modificato nel 2001. Nella versione attuativa estrema, anticipata dal ministro Erika Stefani, porterà a una collisione con i principi della prima parte della Costituzione e le leggi sistematiche che ne derivano come il Servizio sanitario nazionale. Diritti fondamentali come istruzione e sanità non avranno più lo stesso significato nelle diverse regioni d’ Italia, la parte più debole resterà indietro, realizzando il vecchio traguardo leghista di riportare al Nord i soldi, proprio nel momento in cui Matteo Salvini vorrebbe insediare la Lega nel Sud. Queste decisioni saranno non modificabili senza il consenso della Regione interessata. Aleggia infine la minaccia di imporre ai parlamentari l’ obbligo del mandato imperativo nel voto. Il ministro dei Rapporti col Parlamento Riccardo Fraccaro ha un bel dire che le modifiche sono singole e puntuali.

Si cerca di sminuire il colpo all’ assetto attuale della Costituzione con l’ unico obiettivo di evitare i referendum costituzionali che metterebbero Lega e M5S nella stessa situazione del governo Renzi, cioè sottoposti al voto dei cittadini. Da Fraccaro era lecito aspettarsi l’ impegno a garantire comunque il referendum costituzionale, non di escluderlo, visto che la modifica dell’ articolo 81 votata con oltre i due terzi ha finora impedito la revisione del vincolo di bilancio.

Che senso ha introdurre il referendum propositivo e negare quello costituzionale? La contraddizione è evidente. Il Pd farebbe bene a riflettere. Si farà condizionare dal peso degli errori passati o troverà l’ energia per dichiarare con forza il suo voto contrario? Le forze minori faranno una battaglia di principio, non solo per non sparire dalla rappresentanza parlamentare ma soprattutto per garantire che in futuro nuovi soggetti politici entrare in Parlamento? Come è stato per il M5S o la Lega quando erano poca cosa. Un redivivo Montesquieu potrebbe cadere in deliquio di fronte allo svanire della distinzione tra potere esecutivo (governo) e potere legislativo (Parlamento) con la sostanziale dissoluzione di quest’ ultimo?

Se il Parlamento diventerà sempre più un’appendice obbediente del governo qualcuno inizierà a pensare seriamente che si sono create le condizioni per calare l’asso del presidenzialismo. Questa prospettiva è nel programma del centrodestra. Questa maggioranza dovrebbe pensare a come fare uscire l’Italia dalla nuova crisi, invece dedica la sua attenzione a cambiare l’assetto costituzionale.

Il pericolo è evidente. Occorre resistere, resistere, resistere. Se non bastasse, almeno occorre garantire la possibilità per i cittadini di esprimersi nel referendum prima dell’entrata in vigore di queste modifiche della Costituzione. Le energie per promuoverlo possono esserci.

Il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2019

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