Battisti, definito “assassino comunista”, e la propaganda governativa

16 Gen 2019

Tomaso Montanari

La propaganda che il governo Conte ha costruito intorno all’arresto del terrorista e omicida Cesare Battisti appare gravemente inopportuna (e probabilmente fuori dalla legalità) nei modi, terrificante nei toni, allarmante negli argomenti.

La presenza dei ministri della Giustizia e dell’Interno all’aeroporto di Ciampino – per non parlare della loro effimera, risibile strumentalizzazione delle divise – è apparsa irrituale e strumentale, mentre le dichiarazioni di «amicizia personale» del presidente del Consiglio verso Bolsonaro, un ex militare dichiaratamente razzista su posizioni di estrema destra, vanno ben oltre i doveri diplomatici.

Il video del ministro dell’Interno che, parlando sotto il logo di una ‘scuola di formazione politica’ (!) della Lega, dice testualmente che Battisti «dovrà marcire in galera fino all’ultimo dei suoi giorni» è sconcertante.

Salvini calpesta e umilia l’articolo 27 della Costituzione, per cui «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». In nessun caso la pena deve essere irreversibile: e comunque a deciderlo non può essere il potere esecutivo, e men che meno un esecutivo animato da odio ideologico (e il fatto che Salvini abbia voluto definire Battisti «assassino comunista» lascia pochissimi dubbi sulla confusione dei ruoli tra ministro dell’interno e capo della Lega).

Il comportamento del ministro Bonafede, poi, rende certi che il Movimento 5 Stelle si è deciso a non lasciare alla Lega il monopolio della disumanità, della ferocia, del disprezzo per le istituzioni dello Stato e per la Costituzione. Erano già parse grottesche le dichiarazioni in cui il Guardasigilli enfatizzava il fatto che un detenuto di 64 anni avrebbe scontato non 30 anni, ma proprio l’ergastolo.

Ma il video diffuso da Bonafede in cui una colonna sonora da spot accompagna le immagini dell’arrivo di Battisti è un documento umiliante: per chi l’ha confezionato, oltre per chi ne è stato vittima. Come ha notato l’Associazione Antigone, l’esibizione del detenuto in video viola due articoli di legge, l’art. 114 del codice di procedura penale che vieta «la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica» e l’articolo 42 bis dell’Ordinamento penitenziario impone l’adozione di «opportune cautele per proteggere» gli arrestati «dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità». In un Paese che conservasse ancora un minimo di decenza, un ministro della Giustizia che commettesse, per ragioni di propaganda politica, una così acerba e clamorosa ingiustizia avrebbe un’unica scelta: dimettersi.

È stupefacente doverlo ricordare, ma nessun detenuto è un trofeo per la politica.

Non si festeggia un arresto, non si esulta per le sbarre che si chiudono. Non si celebra una vendetta pubblica. Sono i fondamenti stessi di una qualunque civiltà: fondamenti profondamente scossi da una barbarie lungamente incubata, e oggi esplosa e giunta al governo del Paese.

Il condannato Battisti è stato trattato in un modo indegno: il detenuto è sacro, e il rispetto di cui è circondato è un indice fondamentale per misurare la credibilità e la giustizia dello Stato, e dei suoi rappresentanti. Chiunque esso sia: un Battisti come un Luca Traini, condannato per tentata strage con l’aggravante del razzismo, già candidato per la Lega e fotografato mentre dava la mano a Salvini stesso.

In un passo memorabile dell’Amleto, il principe chiede a Polonio di alloggiare i commedianti appena arrivati a corte. E quando Polonio risponde: «Signore, li tratterò secondo il loro merito», Amleto lo censura: «Meglio, amico, meglio. Se trattate ognuno secondo il proprio merito, chi si sottrarrà alle busse? Trattateli secondo il vostro onore e la vostra dignità».

Ciò che Salvini e Bonafede, e il terribile coro di voci che li ha acclamati, non comprendono è che il rispetto della dignità umana di Battisti – una dignità che non viene meno nonostante i suoi crimini orrendi – non solo è imposto dalla Costituzione e dalle leggi, ma è il metro su cui viene misurata la nostra stessa dignità, individuale e collettiva. Una dignità che oggi appare in serio pericolo.

Tomaso Montanari, presidente di Libertà e Giustizia

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