Il Parlamento non è un votificio

Il Parlamento non è un votificio

Era sperabile che il parlamento non venisse più costretto ad approvare leggi a scatola chiusa. La valorizzazione del ruolo del parlamento era esattamente un punto centrale del No alla “deformazione” della Costituzione voluta dal governo Renzi, respinta il 4 dicembre 2016 dal 60% delle elettrici e degli elettori.

Nel discorso di insediamento del Presidente della Camera Fico alla presidenza della Camera c’erano impegni precisi in questa direzione, in coerenza con il precedente impegno referendario.

Invece assistiamo al vilipendio del ruolo del parlamento più grave di quello del governo Renzi, che aveva fatto votare le modifiche della Costituzione usando strumenti impropri e la legge elettorale con il ricorso al voto di fiducia.

Costringere il parlamento a approvare le scelte concordate in gran segreto tra Governo e Commissione europea con un voto di fiducia, quindi al buio, è di una gravità senza precedenti.

Nemmeno i Ministri hanno potuto esprimersi sul testo, mentre i parlamentari non hanno alcuna speranza di poter cambiare una virgola del testo che saranno chiamati a votare ed è probabile che molti di loro lo leggeranno dopo il voto.

Le ragioni di questa forzatura sono evidenti.

Per mesi i rappresentanti del governo hanno usato toni bellicosi nei rapporti con l’UE e lo spread italiano sui bund tedeschi è salito in modo preoccupante. Solo da pochi giorni è intervenuto un ripensamento/ripiegamento nel governo ed è iniziata la corsa contro il tempo per modificare la legge di bilancio per trovare un accordo con la Commissione europea, in grado di evitare la procedura di infrazione che avrebbe molteplici conseguenze, di cui l’innalzamento dello spread è solo un aspetto.

Oltre 10 miliardi tra minori spese e maggiori entrate (tanto valgono le modifiche) non sono poca cosa. La manovra di bilancio è cambiata in modo rilevante.

Va detto con nettezza che gli errori di valutazione del governo hanno creato un’emergenza nei tempi che ha scaricato l’urgenza dell’approvazione della legge sul parlamento, il cui ruolo non può mai essere di approvare a scatola chiusa i provvedimenti del governo.

Dopo le speranze derivanti dalla vittoria del No del 4 dicembre 2016, vedere il parlamento ridotto al silenzio è molto grave e va denunciato con forza. Se nella democrazia si mina l’autonomia dei poteri, per di più sanciti nella Costituzione, si apre un serio problema per il suo funzionamento e la sua qualità ed è esattamente quanto sta accadendo. E’ già grave che il governo ricorra al voto di fiducia come in precedenza hanno fatto altri governi. Così chi aveva criticato i predecessori per il ricorso massiccio al voto di fiducia sta ora facendo la stessa cosa.

Quanto sta avvenendo sulla legge di bilancio è molto peggio perchè rischia di compromettere seriamente il ruolo del parlamento. Torna alla mente il ricordo dell’infelice battuta che paragonava il ad una scatoletta di sardine da aprire.

A fronte di quanto sta avvenendo va detto con forza: fermatevi, prima che si arrivi ad uno scontro istituzionale e a nuove prove referendarie, la democrazia italiana ne soffrirebbe e la destra, in particolare quella autoritaria, ne trarrebbe vantaggio.

Non a caso la Lega sta spingendo il governo ad attuare lo sciagurato articolo 116 con il risultato di rompere l’unità del paese in materia di diritti universali come fisco, sanità, scuola, pensioni, ad esempio di fatto non esisterebbe più il sistema sanitario nazionale, già claudicante, di più, tornare indietro potrebbe avvenire solo con l’accordo delle regioni interessate. Questa deriva pericolosa va fermata, perchè le conseguenze potrebbero essere enormi per le aree del paese più deboli e per l’unità nazionale.

Torna, purtroppo, anche la tentazione di mettere mano alla Costituzione. Sembra una maledizione che colpisce i partiti che arrivano al governo. Non si era detto che la Costituzione ha bisogno al massimo di piccoli ritocchi ? Ora mascherata in provvedimenti separati riemerge una demagogia anti Costituzione che in sostanza cerca di scaricare sulla Carta le sue difficoltà a governare. Già visto.

Chi pensa di giocare con la facile demagogia della riduzione di parlamentari per fare la sua campagna elettorale sappia che troverà la risposta che merita e che se cerca lo scontro referendario lo avrà, perchè se è in gioco la qualità della nostra democrazia elettrici ed elettori troveranno le modalità per tornare in campo.
Se la maggioranza ritiene necessario risparmiare sui costi della politica riduca i costi dei parlamentari in carica, che potrebbe avere efficacia immediata, e consenta invece una discussione seria sul ruolo del parlamento.

Fermatevi, pensateci bene. Semmai è assolutamente prioritaria l’approvazione di una nuova legge elettorale, proprio ora all’inizio della legislatura, con due principi chiari, sostanziale proporzionalità e diritto incomprimibile dei cittadini di scegliere i loro parlamentari, basta con i nominati dall’alto, che consentono tra l’altro la deriva del ruolo del parlamento a cui assistiamo in questi giorni.

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1 commento

  • Alfiero Grandi si trastulla sul 60% ottenuto il 4/12/16, dal fronte che si opponeva alla deforma della Carta, negando la triste realtà della partecipazione a quel successo delle destre compatte, che scelsero di abbattere Renzi, piuttosto che quella Costituzione che non stimano affatto.

    Come rileva lo stesso Grandi, è già in corso un nuovo attacco che di fatto la svuota, nega, aggira mentre quello definitivo mirato a stravolgere sia la lettera che lo Spirito Originale ed Autentico, è solo rimandato ad un imminente futuro, giusto quando le destre avranno raggiunto e superato il 50% e il ref oppositivo sarà di conseguenza un inutile strumento.

    Grandi fa anche riferimento alla necessità di una nuova legge elettorale prevalentemente proporzionale e che garantisca agli elettori la scelta dei candidati, e pare delegare alla mediocrità parlamentare e della maggioranza, la sua stesura: anche solo pensare che esse possano soddisfare questo sano desiderio, pare un azzardo logico assoluto.

    Solo un “Movimento Civico Nazionale per la Democrazia Costituzionale”, emanazione del miglior associazionismo, che ancora non c’è, potrà opporsi a che si compia con successo la 2a marcia su Roma (le destre sono stabilmente sopra il 45% nelle intenzioni di voto), e redigere quella legge elettorale capace di soddisfare le attese e di tenere fuori dal Parlamento la mediocrità che lo intossica da troppe legislature.

    Ma se la miglior elite del Paese continuerà a disertare il confronto con la mediocrità, rinunciando all’onere di guida che naturalmente le compete, ogni speranza resta vana.

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